Into the Wild – Nelle terre selvagge, di Sean Penn (2007)

di Maurizio Ceccarani

Operazione di rimozione del Magic Bus

Magic Bus è volato via. Al suo posto resta un’impronta scura che presto l’instancabile macchina della natura, e gli straordinari scrosci di pioggia del Denali National Park cancelleranno. Come se lì non fosse mai successo niente, come se quei pochi metri quadrati coperti dal Bus si possano confondere con tutte le altre migliaia di chilometri quadrati del parco.

Un supertecnologico elicottero dell’Esercito americano, sotto il nome di “Operazione Yutan” (nome della ditta che, dopo aver eseguito dei lavori sullo Stampede Trail, nel 1963 abbandonò il mezzo), ha agganciato la robusta imbracatura con cui era stato attrezzato il vecchio rottame e, facendolo volare suo malgrado, l’ha portato in un deposito.

Vola così nel cielo l’ultima dimora di Chris McCandless, strappata ai tanti che in lui hanno visto un simbolo di libertà, colui che è stato capace di rinunciare a una presunta normalità per cercare un vero status di compenetrazione con la Natura. Per molti, anche se incapaci di ripetere il suo gesto, sapere che lui c’è stato, ha significato che non tutto in questo mondo, in questo modo di vivere, è scontato.

Il motivo dell’operazione è che il Magic Bus era diventato una pericolosa attrazione, che invitava turisti inesperti ad avventurarsi su un percorso oggettivamente pericoloso. Negli ultimi anni si sono contate ben due persone morte nel tentativo di raggiungere la meta, e quindici operazioni di salvataggio. Con tutto il rispetto per le vittime, ci si chiede se ciò possa giustificare l’asportazione di quella che era diventata l’immagine condivisa della fuga da una realtà prefabbricata, spesso falsa, imposta da un sistema non sempre, e soprattutto non da tutti, condivisibile.

Mente Nomade, al secolo Edoardo Massimo Del Mastro, organizzatore e coordinatore di viaggi particolarmente avventurosi, che su tre tentativi ha raggiunto due volte il Bus, in un suo sfogo su YouTube s’interroga sull’opportunità della rimozione, anche a fronte delle decine di morti che ogni anno miete il Cammino di Santiago, e delle numerose persone che ogni anno lasciano la vita sui fianchi dell’Everest e di altre montagne estreme. Si ha quasi l’impressione che Magic Bus fosse diventato un ingombro imbarazzante proprio per quel sistema oggetto di contestazione, e che quindi andasse eliminato. Cosa sarà ora del Magic Bus? Sarà rottamato? Sarà esposto in un museo a pagamento? O esposto liberamente per chi vorrà fotografarlo senza correre rischi? Ai posteri… con quel che segue.

Un’altra immagine del Magic Bus

Ma ora riprendiamo in mano il film. La storia di Chris Candless fu raccolta amorevolmente da Jon Krakauer nel 1996 nel libro Nelle terre estreme (titolo originale Into the Wild) e ha raggiunto grande notorietà grazie al film che nel 2007 Sean Penn ha realizzato proprio da quel libro. Chris McCandless è un ragazzo di buona famiglia, si laurea con buoni voti all’Emory University, rifiuta un’auto nuova come regalo di laurea, dona in beneficenza quel che resta del suo fondo laurea, abbandona la sua vecchia auto, brucia come in un rito gli ultimi dollari rimasti nel portafogli e fa perdere le proprie tracce. A chi gli chiederà il nome risponderà: “Alex”.

Gira vagabondando per buona parte dell’America, finisce con il lavorare in un’azienda agricola dove conosce Wayne, figura che resterà a lungo nel suo cuore. Arrestato Wayne per piccoli reati, capisce che nessuno lo terrà ancora a lavorare nei silos. Riprende quindi a vagabondare, conosce una coppia di hippies, Jan e Rainey, che lo accolgono nella loro comunità. Jan ha un figlio, di un precedente compagno, che non vede da anni e Chris glielo ricorda. Le parole di Jan sembrano aprire un piccolo varco nel cuore di Chris riguardo alla figura dei genitori che sicuramente lo stanno cercando.

Ma Chris non è un folle fanatico che ha deciso di abbandonare tutto solo per protesta nei confronti di un sistema che non condivide. Egli fugge anche da una famiglia che nel corso dell’infanzia gli ha nascosto cose fondamentali sulla propria situazione. Chris e Carine, la sorella, l’unica a capirlo veramente, sono cresciuti per lungo tempo a loro insaputa come figli illegittimi. Ciò che il nostro non sopporta è soprattutto la falsità di un mondo che vuole passare per perfetto e che si circonda di cose superflue. Continua il suo vagabondaggio, sconfina in Messico, torna negli States, incontra di nuovo Jan e Rainey, rinuncia a Tracy, una giovanissima cantante country della comunità hippie, perdutamente innamorata di lui.

Chris, dopo la lettura di Jack London, ha in mente un solo progetto: l’Alaska. Prima di raggiungere lo Stampede Trail verrà ospitato da Ron, un vecchio, ormai rimasto solo, che gli propone di farsi adottare da lui. La risposta di Chris è “parliamone al mio ritorno”. Ron vede allontanarsi Chris con un senso di profonda tristezza nel cuore, sembra essere consapevole che quel ritorno non lo vedrà mai.

Sean Penn, in veste di regista, accompagna tutti i vagabondaggi del protagonista con lunghe inquadrature del paesaggio americano. Sulle note di una colonna sonora straordinaria, indugia sulla bellezza di quei luoghi che spesso, non solo nei film, ma anche nei libri, sono diventati coprotagonisti delle vicende narrate. Non potrebbe essere altrimenti, perché sono quella vastità, quella purezza incontaminata della natura a esercitare il recall of wild che attrae Chris e che lo allontana da una civiltà intesa più come progresso tecnologico e benessere economico che come auspicabile umanesimo. Tutti i vagabondaggi di Chris sono narrati in forma di flashback nel corso della sua permanenza nel Denali Park e, in particolare, nel corso dei suoi giorni nel Magic Bus.

La sua esperienza più estrema è quella di affrontare in perfetta solitudine la convivenza con una natura di per sé ostile. Ripulisce e organizza il rottame di autobus usato come ricovero, vive di caccia, mangia radici e sementi, diventa un piccolo Robinson in grado affrontare numerose difficoltà. Molte di queste notizie sono state raccolte da Krakauer proprio grazie ai diari e alle foto lasciate da McCandless. Ma evidentemente le esperienze raccolte durante il suo vagabondare un segno lo hanno lasciato. La preoccupazione di Jan per un figlio perduto chissà dove nel mondo, l’amicizia mai spenta con Wayne, l’amore mai consumato con Tracy, il ricordo della sorella Carine, la tenera proposta di Ron di tenerlo come figlio qualcosa hanno smosso.

Due frasi aleggiano nel film: “quando si perdona si ama” e l’altra, scritta come nota a margine in una pagina del suo ultimo libro letto, Il Dottor Živago, “la felicità è reale solo quando è condivisa”. Chris è ormai pronto a tornare, dove e da chi non sappiamo, ma rifà lo zaino e si avvia verso lo Stampede Trial. Per raggiungere il sentiero ci sono due fiumi da guadare, ma la stagione non è favorevole. Già al primo tentativo rischia di essere trascinato via dalla corrente. Rinuncia, torna al Magic Bus, ma ormai non ha più niente da mangiare, abbatte inutilmente un alce la cui carne sarà preda della mosca carnaria, prova con radici e sementi, forse sbaglia tipo di vegetale, prende un’intossicazione. Ormai è dimagrito in modo impressionante, malato e affamato scrive un cartello di aiuto e lo attacca a un finestrino. Verrà trovato parecchie settimane dopo la sua morte da un gruppo di cacciatori.

L’America di questo film, l’America di questa storia, è l’America meravigliosa dei grandi spazi, dei grandi parchi nazionali, dello spirito del ‘fai da te’ puritano, lo spirito del trapper, dello scout, che caratterizzò i padri pellegrini, ma è anche l’America del collasso di tutto questo.

È il mito della frontiera mobile che si ripiega su se stesso, schiacciato dal perbenismo borghese, dall’interesse economico cieco e menefreghista che denigra ogni sensibilità umana che non sia finalizzata a un risultato materiale. Chris non è un contestatore folle o un hippie felice solo di vivere in modo alternativo. Chris vuole solo essere lasciato in pace; vuole solo esplorare quello che una carriera prefabbricata non gli avrebbe mai fatto conoscere, vuole solo ritrovare quei sentimenti autentici che probabilmente lo avrebbero condotto al più generoso degli atti: il perdono. Le cose sono andate diversamente.

Potremmo dire che ha vinto il sistema, ma a fronte del dolore che Chris ha lasciato, tra i suoi e le persone che lo hanno conosciuto, è ben poca cosa. Potremmo dire che ha vinto la Natura ostile, proprio quella natura che tanto aveva cercato e amato. Ma la Natura, ce lo ha insegnato Leopardi, e sono convinto che Christopher Johnson McCandless lo sapesse bene, non è né buona né cattiva. Semplicemente è.


Scheda del film:

Anno 2008

Regia Sean Penn

Scrittura Jon Krakauer

Musiche di Michael Brook e altri

Premi Gotham Award miglior fim

Emile Hirsh as Christopher McCandless

Kristen Stewart as Tracy

Hal Holbrook as Ron

Cahterine Keener as Jan

Vince Vaughn as Wayne

Brian H. Dierker as Rainey

Haley Ramm as Carine McCandless

William Hurt as Walt McCandless

Marcia Gay Harden as Billie McCandless

6 risposte a "Into the Wild – Nelle terre selvagge, di Sean Penn (2007)"

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  1. E’ il film preferito di mia mamma. Ho scoperto dopo che è tratto da un libro, e si ho visto un video dell’elicottero che lo ha portato ad un deposito. Essendo un film del 2007 sarà stato dannoso per la natura il bus in mezzo al bosco😑😐

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  2. Che lettura appassionata e lucida allo stesso tempo, bravissimo Maurizio! Ho amato il film, immagino che sarà opportuno leggere finalmente il libro, come avevo a suo tempo progettato di fare, la tua bella nota me lo rammenta e mi incoraggia, te ne sono grata veramente!

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