E la festa continua!, di Robert Guédiguian (Francia/2023)

di Girolamo Di Noto

Se c’è un film che ha la capacità di rianimare il cuore e consolare in un tempo così amaro, questo è senz’altro E la festa continua! di Robert Guédiguian, regista dallo sguardo sopraffino, autore che ha voluto sempre dare voce a chi non ce l’ha, capace, nonostante dia l’impressione, un po’ come Kaurismaki, di fare sempre lo stesso film, di sorprendere e rinnovarsi, mettendo in atto una virtù che appartiene solo ai grandi cineasti.

Con un tono meravigliosamente leggero, il regista riversa sullo schermo tutte le sue principali ossessioni: Marsiglia, i rapporti familiari, l’amore declinato in tutte le sue forme, la divisione della Sinistra, la miseria umana e sociale e, naturalmente, il processo creativo che, soprattutto grazie all’uso accorto e responsabile della parola, può contribuire a difendere diritti e a veicolare, attraverso la memoria, eventi tragici che non possono essere assolutamente dimenticati.

Il film si apre con immagini di repertorio risalenti al 5 novembre del 2018, quando a Marsiglia, nel quartiere popolare de L’Estaque, due palazzi fatiscenti vennero giù in Rue d’Aubague, causando otto morti e quattromilacinquecento persone brutalmente evacuate in seguito alla tragedia, provocata dalla speculazione edilizia, dalla volontaria cecità delle autorità pubbliche. In mezzo al crollo dei valori, tra le macerie di una Marsiglia scossa e ferita, si dipanano le storie di vari personaggi, non direttamente coinvolti nel crollo, che si rimboccano le maniche, combattono la rassegnazione e l’incuria attraverso azioni collettive, ricominciano da zero cercando di essere ottimisti ma nello stesso tempo devono anche fare i conti con la realizzazione dei propri sogni, devono tenere a bada le delusioni private, la consapevolezza che qualche illusione cominci a vacillare.

Rosa (Ariane Ascaride, moglie e musa ispiratrice del regista) è il cuore e l’anima di questi personaggi combattivi e dediti all’impegno: madre premurosa, vedova, di origini armene, indomita combattente, divide la sua energia strabordante tra la sua famiglia numerosa e unita, il lavoro da infermiera e il suo impegno politico a favore dei più svantaggiati. Ma quando si avvicina alla pensione, viene assalita da una solitudine che la porta quasi al passo di gettare la spugna.

Sostenuta dalla vitalità dei suoi cari e dall’incontro inaspettato con Henri (Jean-Pierre Darroussin), si rende conto che non è mai troppo tardi per ritornare ad innamorarsi, per realizzare i propri sogni, sia politici che personali. Guédiguian è abile nel far convivere intimità e politica, invita ad aiutare gli altri e a guardarsi dentro e sa ben esprimere la difficoltà di far coesistere questi due aspetti nella scena in cui si vede Rosa nuotare sola nell’azzurro di una piscina e sentire la sua voce da sottofondo che medita, insinua dubbi, induce a riflettere: “Bisognerebbe avere due vite, una per aiutare sé stessi e una per aiutare gli altri “.

Intorno a Rosa ruotano i due figli, Sarkis (Robinson Stévenin) e Minas (Grégoire Leprince-Ringuet), il fratello tassista Tonio (Gérard Meylan), chiamato così in onore di Antonio Gramsci, che, come ironizza Rosa, ” è l’ultimo comunista di Marsiglia “, Alice (Lola Naymark), la fidanzata di Sarkis che si prodiga in prima persona in attività sociali e il padre di Alice, Henri, libraio in pensione che legge Eco e Morin, un sognatore che si esprime con le parole dei grandi della letteratura, dal sorriso malinconico e l’andatura di chi sa aspettare, che vorrebbe mangiare sempre con qualcuno per non stare solo, alle prese con il desiderio di riallacciare il rapporto con la figlia che non ha visto crescere e che ora la inonda di attenzioni.

Ciascun personaggio vive la propria crisi, affronta momenti di stanchezza ma si risolleva grazie soprattutto all’aiuto degli altri. Il regista, pur raccontando la precarietà del presente, nonostante il futuro non aiuti a pensare in modo positivo, può divulgare solo una soluzione: l’importanza della collettività. Il nostro periodo buio, sembra voler dire Guédiguian, non ha bisogno di eroi ma di impegni. La scelta è tra fare qualcosa, impegnarsi per gli altri oppure restare a crogiolarsi nella miseria del mondo.

E la festa continua! è una bella storia di rinascita, che invita a combattere la disillusione, la rassegnazione con una fede non solitaria, che suggerisce che la politica non debba sparire dal limbo della storia, ma concretizzarsi non nelle idee astruse e astratte ma nelle strade, nelle piazze, che mette in risalto come anche il riconnettersi con un padre che magari abbiamo giudicato un po’ in fretta è una forma di impegno. Tutti i personaggi che popolano questo film sono combattivi, senza perdere la loro tenerezza, la loro riserva d’amore e di amicizia. Stanno insieme, si sostengono l’un l’altro, provano empatia, si riuniscono attorno ad un piatto tipico, spaghetti con noci e acciughe, sorridono, piangono, sono esausti, a volte sopraffatti dal dolore ma sempre vivi.

Bauman scrive che “i legami umani sono stati sostituiti dalle connessioni”, ebbene in questa favola corale lo spettatore non assiste a giochi di ipocrisia, ma ad azioni di solidarietà verso il prossimo, ad avvicinamenti, alla voglia di riscatto, al piacere di vivere, alla speranza di un mondo migliore. Come ci ricorda Natoli nel suo Dizionario dei vizi e delle virtù, in greco speranza si dice Elpis. Termine che deriva dalla radice Vel da cui il latino voluptas che vuol dire piacere. La speranza di questi personaggi è in primo luogo voglia, scaturisce dal piacere di esistere.

Rosa ama la vita, porta il nome di Rosa Luxemburg, è una passionaria con il sorriso, è determinata ad attivare un cambiamento, è concreta, ostinata, soprattutto incazzata quando vede prevalere nella Sinistra egoismi è divisioni. Sarà soprattutto l’incontro con Henri a rimotivarla, dando spazio ai propri sogni. E la festa continua! è un film che conquista al primo sguardo perché è intriso dalla voglia di riscatto, dal desiderio di cambiamento ma è anche pieno di poesia, di atmosfere oniriche, pittoriche.

È un film disseminato di libri, di richiami al Cristo di Mantegna, di riferimenti pittorici all’Ultima cena di Leonardo da Vinci, è carico di immagini che ci afferrano come quella dei due amanti non più giovani a cui non serve la musica per ballare abbracciati, di cene romantiche davanti ai riflessi azzurri del Mediterraneo, di tramonti, bicchieri di pastis. La poesia, l’arte della parola, il potere unificante dell’Arte emergono inoltre possenti nelle diverse inquadrature che il regista riserva al busto di Omero dominante la piazzetta dove sono crollati i due palazzi. Un Omero cieco ma che ha sentito ogni tonfo, ogni lamento, un poeta che sembra quasi voler invitare ad una resistenza attiva, che ha insegnato con le sue opere ad essere capaci di assorbire i colpi della vita e del destino per trarne qualcosa di positivo, un cantore che nel finale – difficile non commuoversi – si fa testimone di un esempio di teatro civile, unico modo di fare politica.

E la festa continua! è un film di speranza, indispensabile in questi tempi, capace di far credere ad un’utopia ancora possibile, rievocata nel paese delle meraviglie della canzone di Aznavour, “dove la miseria sarebbe meno dolorosa al sole”, è un film da non perdere perché è un ritratto di vitale umanità da contrapporre al disincanto rancoroso e alla nostalgia miope che ci circonda, perché è esaltazione di un mondo che è necessario cambiare, in cui, come dice Rosa guardando il mare, ” bisogna continuare ad affermare che niente è finito e tutto comincia” .

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