Vasco Rossi – Il supervissuto, serie di Giuseppe Domingo Romano (2023)

„Io scrivevo canzoni, le cantavo e se qualcuno mi rompeva le palle lo ammazzavo!”

di Bruno Ciccaglione

Pur con gli inevitabili rischi di un racconto agiografico, la serie Vasco Rossi – Il supervissuto, disponibile su Netflix da alcuni giorni anche a livello internazionale, riesce a raccontare qualcosa di nuovo sull’unica vera rockstar che l’Italia abbia mai espresso. Non era facile, dopo una carriera lunghissima e ricca di momenti celebrativi, interviste, documentari, programmi televisivi. La serie convince perché sceglie il modo più facile e diretto, quello del racconto in prima persona, per celebrare il rocker di Zocca (Modena) e la sua “vita spericolata”.

Nel ripercorrere le tappe fondamentali e i momenti chiave della propria vita, Vasco Rossi racconta senza reticenze e con la spontaneità della forma che sempre caratterizza le sue parole, i retroscena di una vita vissuta “come Steve Mc Queen”, la vita appunto di un “supervissuto”, oltre che di un “sopravvissuto”. Proprio come i suoi colleghi (e in un certo senso suoi mentori) Keith Richards e Mick Jagger, anche Vasco Rossi si porta addosso tutti i segni della sua vita da “rockstar”, tanto che in molti si chiedono come i due rocker inglesi siano riusciti ad arrivare agli 80 anni, e come Vasco sia riuscito a superare i 70 e sia ancora capace – quasi di più oggi che in età giovanile – di fare concerti travolgenti di 3 ore.

La serie, in questo senso, è rivelatrice. Quella determinazione che traspare nella citazione che abbiamo scelto in apertura di questa recensione aiuta a capire. La devozione totale al proprio lavoro ha significato anche il consapevole correre il rischio di lasciarci la pelle – come in effetti è capitato ad alcuni dei suoi compagni strada, che la serie ricorda – tanto che in vari momenti Rossi dice chiaramente: “Io ero disponibile a sacrificarmi per il rock”.

Ma il Vasco Rossi che risulta forse più sorprendente da questa serie è quello dalla grande capacità di lavoro, che maniacalmente si prepara per i suoi concerti, fisicamente e artisticamente – arrivando a provare davanti ad uno specchio perfino la gestualità e ogni dettaglio della presenza scenica (proprio come si vedeva fare Mick Jagger in un video di qualche anno fa). Scopriamo un musicista che man mano che il successo gli arride si circonda sempre di più di vecchi amici nei ruoli chiave della gestione dei suoi tour e della sua attività, ma che sa anche tagliare con il passato – come avviene con la Steve Rogers Band – quando teme di lasciarsi risucchiare in vecchie abitudini che possono compromettere la sola cosa veramente importante della sua vita: la sua musica.

E di musica ne viene evocata tanta, in questa serie, attraverso la grande ricchezza e varietà di materiali di repertorio utilizzati, così come attraverso il ritorno ai luoghi chiave in cui le canzoni sono nate, o le parole dei collaboratori che raccontano l’esperienza di lavorare insieme a lui. Probabilmente non c’è neppure una canzone che sia inclusa in modo completo, dall’inizio alla fine, ma giustamente il regista Giuseppe Domingo Romano (che già aveva collaborato con Rossi documentandone dei concerti dal vivo) preferisce dare spazio al racconto di Vasco e dei suoi collaboratori, dando per scontato che il pubblico conosca già almeno i brani che vengono citati.

Nel seguire le 5 puntate della serie, si resta impressionati dal numero e dal valore delle canzoni che Vasco Rossi ha scritto. La quantità di sue canzoni che sono diventate degli hit-single e che tutti conosciamo, raccontate dagli esordi ad oggi, ci consentono un giudizio critico completo del lavoro musicale di Vasco Rossi. Per un rocker come lui il successo di massa è essenziale, le canzoni sono consapevolmente scritte per arrivare a tutti – e questo tratto si evidenzia in modo crescente lungo il percorso della sua carriera, come mostra bene la serie – attraverso l’uso di un linguaggio comune, che veicola un messaggio diretto, come avviene per gli slogan più efficaci e riusciti, ma che sa mantenere aperto lo spazio a interpretazioni più sottili e sofisticate in ogni frase apparentemente “facile”.

In un certo senso è questa la cifra di Vasco Rossi come autore, tanto che come si capisce e si scopre bene nella serie, con gli anni Rossi lascia volentieri ad altri la composizione della parte musicale (a Gaetano Curreri su tutti, noto ai più come leader degli Stadio, autore delle musiche di molti dei brani più famosi di Vasco e suo collaboratore sin dagli esordi), ma invece si concentra e non potrebbe mai rinunciare alla scrittura dei testi. Probabilmente aveva ragione Luigi Tenco, quando sosteneva che bastano le parole, per fare una canzone vera.

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