iSola, di Elisa Fuksas (2020)

GIORNATE DEGLI AUTORI

di Andrea Lilli

  • SINOSSI – Elisa Fuksas in autoritratto. Diventa cattolica e decide di battezzarsi nel febbraio 2019. Cerimonia scenografica al Battistero del duomo di Firenze, video ricordo davanti alla Porta del Paradiso del Ghiberti, commento sonoro ispirato ad Amici miei con la “Bella figlia dell’amore” del Rigoletto. Febbraio 2020: alla vigilia del lockdown Elisa scopre di avere un nodulo alla tiroide. Deve operarsi. Prega, segue fedelmente papa Francesco. Fissa la data presso l’ospedale papale, il Gemelli. Allo stesso tempo anche la sua più cara amica si opera, al midollo per un linfoma. Le due operazioni vanno a buon fine. Riunione conviviale coi genitori, incontro con l’amica. Come promesso, Elisa va in pellegrinaggio dal Circo Massimo al santuario della Madonna del Divino Amore, quindici chilometri. Restano il trauma e l’ansia da coronavirus. Il centro storico di Roma, dove abita Elisa, non è più lo stesso. Nemmeno lei, dice, mentre liscia il pelo della cagnolina Stella (a mio danno: sono allergico). Il tutto filmato col cellulare (iPhone, suggerisce il titolo), perlopiù da lei stessa.

L’ISOLA VISTA DA UN NAVIGANTE – Il tempo è tiranno ma prezioso: abbiamo il terrore che ci venga a mancare. Temiamo di liberarci da un despota. Come si spiega questa contraddizione? Non so. So che ci vorrebbe qualcuno che suggerisca il metodo infallibile per non sprecarlo, il tempo. Non Elisa Fuksas, cui vanno fatti i migliori auguri per la sua salute – qui raccontata nei dettagli clinici – ma che stasera mi ha fatto perdere un’ora e mezza. Dal 3 al 12 settembre ho poco tempo per vedere tutti i ventitré film programmati nella Sala Web della Mostra coi loro tempi limitati di fruizione, di solito cinque giorni. Do la precedenza a quelli delle Giornate degli Autori perché hanno una disponibilità ridottissima, solo poche ore, e poi perché m’incuriosiscono le opere prime e seconde. Così ho voluto vedere iSola, e ho preso la prima sòla. A saperlo prima avrei invece recuperato qualcos’altro, che domani o dopo non farò in tempo a godermi. Del resto era nel conto: sebbene battezzati a Venezia, è statisticamente inevitabile che certi film non siano ben riusciti, e che altri non piacciano a tutti. Ci sono pure quelli riusciti male che piacciono a pochi.

Il punto è che iSola risulta essere un lungo selfie ad uso personale. È solo per Elisa. Per quanto si cerchi di vederlo in modo imparziale, senza pregiudizi, concentrandosi sull’eventuale portata artistica delle inquadrature, sulla pregnanza dei monologhi (tanti) e dei dialoghi (pochi), senza lasciarsi influenzare dalla notorietà del padre di Elisa e sospendendo il giudizio su ambienti e consuetudini più o meno familiari allo spettatore, insomma con tutte le migliori intenzioni, non è proprio possibile classificarlo come un’opera d’arte cinematografica degna di una mostra internazionale. Sarebbe forse stato utile come testimonianza dell’apatia che regna sotto il cielo di una certa Roma, per tentare una diagnosi del cambiamento climatico che da tempo la vede attraversata da forti venti di crisi identitarie, più che da un salubre ponentino socializzante. Ma l’occhio del cellulare non si apre abbastanza all’esterno, resta chiuso al di qua degli interni e dei discorsi domestici, coperto da troppi primissimi piani di Elisa. La narrazione è dominata da esclamazioni e riflessioni estemporanee destinate al mittente che lasciano poche tracce nel resto degli spettatori, per quanto ben disposti a riconoscersi in situazioni simili a quelle vissute da Elisa. Ne risulta un video amatoriale, nato e terminato come semplice autocertificazione di (r)esistenza in vita di una ragazza sensibile, in un periodo delicato della propria vita. Un’autoterapia imposta da coincidenze sfavorevoli, cui si aggiunge la mia personale allergia al narcisismo autoreferenziale e al pelo di certe razze pregiate di cani da salotto romano, come Stella, la co-protagonista di questo filmato.

Ognuno si (ri)prende allo specchio come gli garba, ma qui non si capisce la necessità di allargare il pubblico, di trasmettersi oltre la cerchia di amici e parenti ricompresi nello specchio. Scopriremo forse che iSola è un titolo abusivo, infilato per accidente nella lista di Alberto Barbera, come la comparsa indiana imbucata in Hollywood Party (qui c’è Indiana Production nei titoli di testa). Peccato però che Elisa Fuksas non sia Peter Sellers, né Stella un elefantino da verniciare e insaponare.


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