di Simone Lorenzati

‘La meglio gioventù’ è un film di Marco Tullio Giordana del 2003. Pellicola lunga, sei ore divise in due parti, e decisamente ambiziosa. Il film ci mostra la famiglia Carati, e con essa l’Italia, tra il 1966 ed il 2003, un melodramma decisamente ben fatto che tratteggia il nostro paese mentre si (ri)specchia nel proprio passato. ‘Una vita difficile’ di Dino Risi e ‘C’eravamo tanto amati’ di Ettore Scola sono i riferimenti di Giordana che decide di ideare e scrivere un romanzo popolare della vita – collettiva – di una generazione italiana, quella che visse il 1968 grosso modo da ventenne. Insomma si assiste a quarant’anni della storia della repubblica – notevole il lavoro di scrittura di Rulli e Petraglia – in cui non mancano plausi alla solidarietà, al rispetto verso il malato di mente, al bisogno di ordine ma anche di cambiamento, alla lotta contro la mafia, alla voglia di viaggiare e di conoscere luoghi e mondi nuovi.

La storia intreccia le vicende personali della famiglia Carati a cosa si muove come sfondo socio-politico nel paese, ma spesso ben di più che non solamente questo, ponendoci di fronte al dolore, alla follia, alla gioia o, più semplicemente, alla conseguenze di scelte individuali sbagliate. E, a ben guardare, le stesse sei ore dell’opera paiono volerci ricordare come la vita, in fondo, sia lunga e come questa ci conceda anche del tempo per riflettere, per correggerci, per migliorare i rapporti interpersonali oppure con noi stessi. Protagonisti assoluti del film sono due fratelli, Nicola (Luigi Lo Cascio) – psichiatra maggiormente a suo agio con i pazienti che non con i familiari, e Nicola (Alessio Boni) – poliziotto alla ricerca di un qualcosa che possa diminuire il dolore che lo attanaglia. A loro Giordana assegna il compito di far avanzare la storia, affrontando i nodi della cronaca attraverso le vicende personali, vissute in prima persona, mentre l’Italia cambia, non sempre in meglio.

Senza, tuttavia, mai perdere la speranza.
Insomma sulle orme di Luchino Visconti (Rocco e i suoi fratelli) La meglio gioventù, che è peraltro il titolo di una raccolta di poesie di Pier Paolo Pasolini, mostra il dipanarsi di una vicenda familiare, e storica, che, come comun denominatore, ha la cultura in primo piano. Cultura, libri, sogni di un mondo migliore, tradizione e cesura rivoluzionaria, tutto questo è ben visibile sia nelle vicende dei protagonisti sia, a più ampio raggio, nell’Italia che li circonda.

E nella quotidianità di Matteo e Nicola ecco, per l’appunto, apparire la storia italiana: l’alluvione di Firenze del 1966, la Sicilia della lotta contro la mafia, la Torino operaia degli anni settanta, la Milano di Tangentopoli, senza dimenticare l’ampio spazio concesso al Terrorismo brigatista e alla lotta di Basaglia verso la chiusura dei manicomi. Tuttavia è il racconto della vita privata dei personaggi a rimanere, sempre, in primo piano grazie, in primis, a Giorgia, interpretata magnificamente da Jasmine Trinca, prima ragazza e poi donna, vittima delle ingiurie del manicomio e salvata proprio da Matteo e Nicola. È, insomma, il gusto del narrare a rappresentare la vera matrice del film, lasciando allo spettatore uno sguardo di purezza e di ottimismo.

Una sorta di mosaico dunque, un possibile romanzo di formazione con, in mezzo, una galleria infinita di personaggi che affiancano i due protagonisti, con stagioni storiche sempre in procinto di sfumare l’una nell’altra, mischiando le proprie linee in un orizzonte dai confini instabili. Un plauso va, poi, a Giulia (Sonia Bergamasco) – compagna di Nicola, ad Adriana (Adriana Asti) – mamma di Nicola e Matteo, a Carlo (Fabrizio Gifuni) – amico dei due fratelli e a Mirella (Maya Sansa) – donna che ruberà il cuore ad entrambi i Carati.
Insomma sei ore davvero intense in cui ci si commuove, parecchio, ma si ride anche. La vicenda familiare non ha mai confini e cesoie davvero netti e ci mostra come sia possibile scivolare lungo crinali non certamente auspicabili e, tuttavia, provando a mantenere, sempre, un briciolo di umanità. Insomma si vive il presente, guardando al futuro, ma senza dimenticare il proprio passato e chi ne ha fatto parte.

E nel dialogo tra Matteo e la sorella Giovanna (Lidia Vitale) si può intravedere lo spirito con cui Giordana ha concepito la storia. “Senti, ma lo sai che conservo ancora una cartolina che mi hai spedito da Capo Nord nel ’66 in norvegese, credo avesse una scritta. E sotto la traduzione diceva “tutto quello che esiste è bello” con tre punti esclamativi, ma tu ci credi ancora?” – “Ai punti esclamativi no, non ci credo più!”.
Un gran film.Un pezzo di storia italiana,la vita delle nostre famiglie negli anni ’60…ad oggi!
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