Pinocchio (2022) di Robert Zemeckis

di Fabrizio Spurio

P.s.: il post può contenere immagini che possono turbare la sensibilità delle persone.

Posso dire che questa immagine riassume il mio giudizio di questa pellicola.

Il regista, Robeert Zemekis, autore di molti capolavori del cinema americano, fil splendidi e ormai storici (“Ritorno al futuro”, “La morte ti fa bella”, “Chi ha incastrato Roger Rabit”, i film in tecnica motion capture quali “A Christmas Caroll”, un capolavoro assoluto come “Forrest Gump”), quindi ci si chiede come possa aver realizzato un film talmente privo di spessore. Ma torniamo all’immagine che secondo me è l’emblema del film e in pratica della nuova tendenza della Disney, ormai inutilmente mercificata, figlia di mode e correnti del momento, quando invece un tempo era lei a dettare tendenze e stili. L’immagine fa parte di una sequenza brevissima che però rimane scolpita nella mente dello spettatore: Pinocchio, mentre si reca a scuola, si ferma ad osservare con profondo interesse un cumulo di letame…


Oltretutto mentre si china la mela che ha in mano gli cade, rotolando, pericolosamente vicino al letame. Il cumulo viene ripreso in primo piano, con dovizia di particolari, con tanto di mosche che ronzano intorno al nobile materiale. Viene quasi da credere che, addirittura, Pinocchio toccherà e (orrore) odorerà, addirittura forse assaggerà, l’oggetto della sua curiosità. Fortunatamente la cosa ci viene evitata, ma comunque Pinocchio riprende la sua mela e si rimette sulla strada per la scuola (per dovere di cronaca la mela verrà mangiata poco dopo dalla Volpe, inconsapevole del rischio che ha corso mordendo quel frutto pericolosamente contaminato).
Ora, questa scena credo che sia quanto di più volgare possa essere apparso sullo schermo in un film per bambini, con buona pace dei vari Shrek o Simpson… Mai Walt Disney avrebbe sbattuto in faccia al pubblico un’immagine simile, innanzi tutto perché era un fautore dell’eleganza e dell’arte, ma sopratutto perché aveva RISPETTO per lo spettatore, e non lo avrebbe mai offeso con una simile immagine.
Veramente la Disney di oggi ha bisogno di questa volgarità, di questo nulla, per poter essere competitiva sul mercato, lasciandosi influenzare dalle mode che vogliono l’umorismo becero proponendolo come divertente, originale e moderno.
Dopo di questa sequenza, seppur brevissima ma ormai iconica, si può solo parlare di quello che non funziona in questo film. Ma si passa da una polemica all’altra, nella fattispecie il discorso sugli attori di colore, messi a forza (per rispettare il nuovo parametro delle “quote” che sembra dettare legge ad Hollywood). La scelta più incriminata del film è naturalmente quella di far interpretare la Fata Azzurra da un’attrice di colore, che non ha nulla a che vedere con la fata originale del cartone animato del 1940, a cui il film dice di rifarsi. Non che l’attrice non sia brava
Cynthia Erivo, oltretutto dotata di una notevole voce per il canto, qualità che il doppiaggio italiano nasconde a causa di un doppiaggio, sopratutto nel momento cantato in cui c’è un evidente fuori sincrono, ma è proprio realizzata mal visivamente.

Purtroppo la fisicità della Erivo non possiede la grazia e la delicatezza della sua controparte animata, ed in più l’effetto creato in CGI per renderla “magica” è pessimo, presentandoci una fata che al posto delle ali ha una serie di simil tentacoli di medusa che le si agitano sulla schiena. Inoltre i dialoghi non aiutano. La Fata da la vita a Pinocchio (forse, perché in realtà si vede un raggio azzurro entrare da una finestra e colpire Pinocchio, quindi non c’è la certezza matematica che sia stata la Fata ad animarlo), ma poi inizia con un botta e risposta tra lei, il burattino ed il Grillo Saggio, sopraggiunto sulla scena. All’inizio Pinocchio è anche stupido, in quanto ripete a pappagallo tutto quello che sente, servirà quindi un secondo intervento magico della Fata per farlo rinsavire. Terminata la scena, prolissa, della Fata, dopo aver anche cantato la canzone simbolo del film, ma solo per metà, inizia la vicenda. Ma saranno tutta un altra sequela di dialoghi, molto spesso inutili, che trascinano il film da un episodio all’altro. Geppetto (Tom Hanks con un imbarazzante parrucchetta bianca e baffi posticci) è sorpreso e gioisce della “nascita” di Pinocchio perché in lui rivede il suo figliolo morto. Questa è una delle tante aggiunte del film che alla fine risultano inutili, perché neanche sono adeguatamente approfondite. In tutto questo c’è Pinocchio un orrendo pupazzetto in CGI fatto male che sembra di pura plastica cinese, di quella scadente che se si preme con il dito si deforma, e con le pupille pitturate che, in modo molto inquietante, scivolano nella sclera bianca. Il pupazzetto è inserito male nelle scene in quanto si nota lo stacco tra lui e gli ambienti.

Il vero guaio di questo Pinocchio è che in lui non c’è assolutamente un percorso di redenzione. Ad esempio, una volta giunto a scuola il maestro lo caccia via, perché diverso dai bambini. Lui non comprende questa cattiveria nei suoi confronti. Normale che poi lui decida di seguire il consiglio di Gatto e Volpe e va al teatro di Mangiafuoco. Non è una sua libera scelta, una sua “marachella”: lo costringono ad andarci. Nel teatro dei burattini c’è poi un’assistente zoppa di Mangiafuoco. Una ragazza di colore, ex ballerina, che ora è costretta a muoversi con due rinforzi di legno sulle gambe. Anche questo poteva essere un personaggio interessante, ma naturalmente non ha alcun approfondimento o utilità nella vicenda. Si ha la sensazione che serva soltanto per arrivare a due ore di film. E poi arriviamo al Grillo. Un essere orrendo con la faccia creata da tante pezze di stoffa (questa è l’impressione che mi ha dato…), un pupazzetto in panno lenci, ma veramente inguardabile, che a volte vuole essere simpatico, ma del quale (naturalmente ci si ripete) non interessa nulla a nessuno. C’è un altro personaggio inserito, una gabbiana, che serve a far vedere (di sfuggitissima) una famiglia di colore (nella Toscana dell’epoca, perché il film è ambientato in Toscana, ma Pinocchio indossa abiti tirolesi… Il politicamente corretto dilaga in modo incontrollato ed assurdo), e anche a far fare a Pinocchio una corsa in sci acquatico. In questa sequenza si arriva al parossistico dei dialoghi. Pinocchio e Geppetto si parlano a distanza, Pinocchio mentre fa sci sull’acqua e Geppetto sulla sua misera barchetta. E c’è un dialogo veramente lungo, urlato dal burattino per tutto il tragitto. Fortunatamente arriva il Kraken a mangiarseli per tagliare l’interminabile chiacchierata. Già, il Kraken, perché la balena adesso ha i tentacoli! Si arriva così alla scena più comica di tutto il film: Pinocchio, per scappare dal Kraken, spinge la barchetta con sopra Geppetto. E METTE IL TURBO! Non si capisce come , ma le gambe di Pinocchio fanno da eliche di motoscafo, con tanto di rumore di motore di sottofondo! Naturalmente siamo passati sopra all’ennesima, inutile, sequenza in cui Pinocchio arriva nel paese dei balocchi. Sontuosamente realizzata, molto bella visivamente, anche se il nome del paese è in inglese, incomprensibilmente visto che la pellicola è chiaramente ambientata in Italia (si suppone in Toscana, ma non possiamo esserne sicuri, viste le premesse della produzione…). Purtroppo anche in questa sequenza viene annullato del tutto il significato allegorico che questo posto aveva nella storia originale. Il Paese dovrebbe essere il luogo in cui si cede alle tentazioni, così da essere ricompensati con la crudele trasformazione in somari. Ma in questo film vediamo Pinocchio essere a disagio ad accompagnare Lucignolo nelle sue malefatte. In realtà il burattino non fa proprio nulla. Spesso lo vediamo con un boccale di birra in mano (la sequenza del sigaro è stata opportunamente edulcorata per non turbare le menti dei bambini che vedono il film, mentre non risulta essere disturbante, a quanto sembra, una bella e particolareggiata immagine di letame di cavallo a tutto schermo…), ma non berrà mai quella birra, anzi, si sente quasi in colpa ad essere in quel posto di perdizione.

Arriviamo poi al finale, degna idiozia di cotanto capolavoro: non vediamo Pinocchio diventare bambino, per capirlo bisogna fare attenzione alle gambe del mostriciattolo che perdono il segno della giuntura e diventano di carne. Oltretutto nello scontro con il mostro/balena/Kraken muore Geppetto, riportato in vita dalle lacrime di Pinocchio in una scena che ricalca pedissequamente quanto già visto nel finale di Rapunzel (in quel film Rapunzel risveglia il suo amato Flint con una lacrima magica). In finale, un film inutile, come la maggior parte di questi remake girati in batteria (8 settembre uscita del film e già il 9 postano il trailer de “La sirenetta”, neanche il tempo di far sedimentare una pellicola prima di liberare fuori l’altra…).

3 risposte a "Pinocchio (2022) di Robert Zemeckis"

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  1. boh
    leggendo in giro più che il racconto di formazione mi ricorda il racconto di una minoranza e di quanto venga discriminata

    ma non è pinocchio
    almeno in europa, anche se non si legge il libro chiunque conosce la storia originale, assurdo

    "Mi piace"

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