“Vorrei andare alla fine del mio lato oscuro e strappare questi orrori dalla mia anima e metterli in passerella”
(Alexander McQueen)
Alexander McQueen – Il genio della moda è un documentario che ripercorre, con uno sguardo maturo e personale, la vita e la carriera del geniale stilista Lee Alexander McQueen, penetrando nei suoi segreti e indagando sulla sua tormentata personalità. Un ritratto di un artista visionario e trasgressivo, sempre pronto a infrangere regole e tradizioni in nome dei propri ideali artistici e di viscerali necessità interiori. La celebrazione di un percorso artistico e di una concezione della moda come momento di arte totale e visionaria messa in scena disturbante.
Alexander McQuenn – Il genio della moda è suddiviso in cinque capitoli, conformemente all’attuale tendenza della cinematografia d’autore, definiti qui cassette, che portano come titolo il nome di cinque delle sfilate più significative di McQuenn: Jack Lo Squartatore insegue le sue vittime, Lo stupro delle Highlands, È una giungla là fuori, Voss, L’Atlantide di Platone.
Sfilate attraverso cui Lee esorcizza i suoi fantasmi interiori e le sue paure più recondite, come i traumi di violenza domestica risalenti alla sua infanzia. Così ad esempio sulla passerella di Lo stupro delle Highlands le modelle sembrano fuoriuscire da cespugli o angoli nascosti, con i capelli disordinati e i vestiti strappati, dopo essere state violentate. Fu colta all’epoca come una provocazione immorale e un sinonimo di misoginia, ma al contrario Alexander stava creando delle icone di donne forti, sofferenti ma fiere, i cui abiti divengono un’armatura dell’anima.
Fondamentale fu nel suo processo di formazione artistica l’incontro miracoloso con Isabella Blow, Issie per gli amici, fashion editor, scopritrice di talenti, musa della moda e icona di stile. Tra i due nacque una sintonia e intimità straordinaria, erano fratello e sorella, madre e figlio, migliori amici. Due animi segnati dal dolore e incapaci di sottrarsi al richiamo di forze autodistruttive, eppure così pieni di vita ed entusiasmo. Fu Issie a suggerirgli di scegliere lo pseudonimo Alexander e così nacque il marchio Alexander McQueen. Lee ed Issie erano provvisti di quello sguardo che vede oltre le apparenze, uno sguardo che nasce dalla sofferenza e scorge nel brutto la bellezza, nell’orripilante l’affascinante. Il loro interesse era rivolto a ciò che inquieta e turba e amavano una moda che esprimesse l’oscurità che è nell’essere umano e nel mondo. Ma McQueen non era il genio ribelle e incompreso che nella sua sfortunata solitudine può permettersi di vivere la propria arte con i tempi giusti. Conquistò prestissimo una fama inaspettata e furono le grandi case di moda storiche a chiamarlo a sé come direttore creativo, prima Givenchy, poi Gucci, mentre al contempo mandava avanti la Alexander McQueen. Forse a schiacciarlo fu proprio il peso di questa pressione lacerante, fatta di aspettative e pungenti critiche.
Sono tante le sfaccettature di Alexander che con questo toccante documentario lo spettatore ha modo di conoscere, come quella sensibilità per la natura e per gli animali, l’irrefrenabile energia, l’amore e l’attaccamento per sua madre, ma anche l’irascibilità, il perfezionismo, la caduta nel baratro del dolore, l’insicurezza, la rabbia, la paranoia e il bisogno di intervenire drasticamente sul proprio corpo.
L’immagine simbolica di Alexander McQuenn – Il genio della moda è un teschio dorato ricoperto di fiori, che poi appassiscono mentre un uccellino spuntato dall’occhio del teschio vola via verso un altrove di libertà. Tutto il film è costellato da immagini macabre di elementi che erano ricorrenti nelle sfilate di McQueen e che riflettevano il suo animo tormentato: i registi Ian Bonhôte e Peter Ettedgui infatti adornano le pause tra i vari atti sopra citati con teschi, uccelli e falene, leitmotiv incessanti e implacabili del film. Un tocco di grande raffinatezza e risonanza emotiva è dato dalla meravigliosa colonna sonora di Michael Nyman, compositore inglese di grandissimo prestigio, che fu per McQuenn una vera e propria fonte di ispirazione durante le creazione dei suoi bozzetti.
Alexander McQueen voleva che le sue sfilate suscitassero emozioni, positive o negative non importava; che fossero un momento d’arte d’avanguardia, ribelle e personale; una catarsi dai mostri che ci lacerano dentro e dai demoni dell’inconscio; uno spettacolo indimenticabile e dall’energia magmatica, come quella di un concerto; una narrazione inquietante e travolgente, un teatro della moda perturbante e accattivante.
Corinne Vosa
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