di Marzia Procopio

21 aprile 753 a.C.: nasce da un efferato fratricidio una città leggendaria, la grandiosa Roma celebrata dai poeti dell’epoca augustea – possis nihil urbe Roma visere maius – che sarà non solo, insieme ad Atene e alla Grecia, la culla della civiltà occidentale e il tramite fra la cultura cristiana e quella europea, ma anche modello di imperialismo, mèta di viaggi degli scrittori e degli intellettuali fino al 1800 (Goethe, i romantici inglesi, alcuni dei quali vollero essere sepolti a Roma, Franz Liszt), sede della principale industria cinematografica italiana e ambientazione privilegiata di tanto cinema italiano e internazionale.

La leggenda della fondazione di Roma, per come si trova costituita nelle sue linee essenziali negli scrittori latini e greci dell’epoca augustea, si muove, come è noto, da Lavinio ad Alba Longa fino alle rive del Tevere. È in questo Lazio arcaico che il racconto della fondazione sviluppa, anche attingendo ai topoi letterari diffusi in tutta l’area mediterranea – da Mosè a Mowgli, dalla Bibbia al Libro della giungla – le varie tappe: la fondazione di Alba, la disputa fra il re legittimo Numitore e il malvagio fratello Amulio, l’esposizione e il salvataggio di Romolo e Remo, la loro infanzia e giovinezza fra i rozzi pastori delle comunità nate intorno al fiume.

Da qui parte l’ambizioso film di Matteo Rovere del 2019, Il primo re: prodotto da Rai Cinema, Groenlandia, Roman Citizen e la società belga Gapbusters, vincitore di tre Nastri d’Argento – produzione, sonoro e fotografia – il film nasce dalla volontà di Rovere e dei produttori di trattare per la prima volta in chiave storica quel mito fondativo che il cinema ha sempre trascurato a tutto vantaggio delle rappresentazioni sull’epoca repubblicana e imperiale di Roma.
Secondo Rovere, fattosi notare già con Veloce come il vento, c’erano il bisogno e l’opportunità, offerta dalle avanzatissime tecniche digitali, di rappresentare il mito della fondazione “come se fosse vero” e di disegnare le foreste, le pianure e le capanne del Lazio dell’VIII secolo a. C. nel loro aspetto più selvaggio.

A rendere conto di questa nascita nel fango, tra pastori rozzi che parlano pochissimo – scarsi e scarni i dialoghi, in un coraggioso, accurato protolatino per cui il regista e gli sceneggiatori si sono avvalsi della collaborazione dell’Università “La Sapienza” di Roma – contribuisce in maniera netta la bellissima, suggestiva fotografia di Daniele Ciprì, che trasporta lo spettatore nelle minacciose foreste del Latium vetus, rendendo con la luce naturale l’atmosfera livida delle albe, i bagliori dei fuochi che rischiarano le tenebre della notte e la dolcezza rassicurante dei raggi del sole che trapelano tra le fronde degli alberi.

Il film, concluso già nel 2017, è stato rifinito in una lunga post-produzione in larga parte dedicata alla prima, indimenticabile scena, nella quale i due fratelli vengono travolti da un’onda eccezionale del Tevere, ma la grandiosità complessiva è stata ottenuta già durante le riprese, alle quali hanno lavorato maestranze e stunt men esclusivamente italiani.

In un’atmosfera solenne e tragica, nella quale viene dato ampio spazio anche ai rituali magici, si dipanano le avventure dei due fratelli e dei loro seguaci, dapprima schiavi degli Albani, poi in fuga e infine in lotta per la supremazia. Tratteggiando un Romolo, un dimesso Alessio Lapice, trattenuto per buona parte del film da una ferita e assistito amorevolmente dal fratello – molto acuta la rappresentazione del rapporto ambivalente fra i due – il racconto appare sbilanciato, rispetto alla leggenda, a vantaggio di Remo, reso protagonista indiscusso del racconto non soltanto dallo script ma anche dall’interpretazione perfetta di Alessandro Borghi, che con questa prova si afferma definitivamente sulla scena cinematografica.

Pur se imperfetto, con qualche lungaggine nella parte centrale e la rivincita troppo netta e improvvisa di Romolo, Il primo re è un film epico, ambizioso, che guarda a un cinema alto, internazionale, lontano dalla tradizione dei film storici alla Ben Hur e da ogni celebrazione retorica. Assolutamente da vedere, disponibile su Rakuten tv, Chili, Infinity e i-Tunes.
