Di A.C.

La vita ormai sfibrata di un dongiovanni cinquantenne, in piena crisi esistenziale, viene scossa dalla lettera anonima di una sua vecchia fiamma, che gli annuncia l’esistenza di un figlio quasi ventenne.
Sempre in linea con i canoni del suo cinema, Jarmusch fa di nuovo suo il viaggio come strumento di introspezione e come percorso interiore per poi giungere a una riflessione sulla vita e sul tempo.

Riadottando uno schema narrativo a lui caro e già proposto in altre precedenti opere (Stranger Than Paradise, Dead Man), Jarmusch offre un “road-movie” che sa di viaggio spirituale, in cui l’accompagnamento musicale alimenta l’immersione nelle sue atmosfere quasi rarefatte.
La sua è una regia minimale, che gioca sulla staticità dell’immagine come elemento di sguardo e su quei silenzi prolungati, poiché spesso molto più espressivi e incisivi delle parole stesse.

Don (Bill Murray) è un uomo inevitabilmente segnato dal tempo, con un passato di grande seduttore ma ormai recluso in una propria prigione di indolenza e incapace di intravedere una meta nel suo cammino.
Il viaggio che intraprende, col fine di incontrare alcune vecchie amanti (possibili mittenti della lettera), diventa per lui metro di confronto con sé stesso e gli altri. Un percorso intriso di nostalgia, che lo mette di fronte alla realtà del tempo e alle inesorabili mutazioni che porta, fino a rimettere in discussione il proprio passato e presente.

Bill Murray è perfetto in un ruolo tutto di sottrazione, che per scrittura probabilmente non avrebbe potuto essere incarnato da altro volto se non il suo. Un personaggio eccentrico, quasi strambo e all’apparenza inverosimile, eppure perfettamente bilanciato con una maschera di struggente malinconia.
Una commedia drammatica “on the road” in cui si percepisce tutta l’influenza di quel cinema europeo tanto caro all’autore (Wenders, Bresson, Eustache), ma senza eccesso di derivazione.
“Bene, il passato è passato, questo lo so. E il futuro non è ancora arrivato. Qualunque cosa sia, dunque, l’unica cosa che esiste è questa: il presente.”