Il matrimonio di Maria Braun, di Rainer Werner Fassbinder (Die Ehe der Maria Braun, RFT 1979)

di A. C.

Germania 1943. La giovane Maria Braun convola a nozze con un soldato tedesco in procinto di partire per il fronte. La speranzosa attesa del suo ritorno nel tempo si tramuta in sconforto e rassegnazione, spingendola dunque a cercare di arrangiarsi in ogni modo.
Fassbinder traccia un cinico affresco della Germania del dopoguerra, dalle macerie del conflitto al miracolo economico che la rivide alzarsi in piedi con sorprendente velocità.

La bella e ambigua Maria Braun (una magnetica Hanna Schygulla) è proprio metafora di quella Germania, sconfitta e umiliata, esposta in tutte le sue miserie e costretta ad avvalersi di ogni mezzo per risorgere dalle ceneri, persino prostituirsi.
Gli sforzi porteranno ad una resurrezione economica, ma non a quella dello spirito, le cui fratture sono ben più difficili da risanare rispetto a quelle materiali inferte dai bombardamenti. Un benessere economico riconquistato ma a discapito di quello intimo e interiore, impossibile da ritrovare.

Quello di Fassbinder è un gelido melò, che fa da resoconto di un delicato periodo di storia della Germania e le cui conclusioni sono piuttosto critiche sia verso il passato sia verso il futuro; spietato verso la Germania artefice della propria rovina durante la Seconda Guerra Mondiale e allo stesso modo verso la Germania del miracolo economico, il cui nuovo volto sembra celare vecchi tratti del precedente Reich ma sotto sembianze democratiche.

La messa in scena del regista tedesco gioca abilmente sulle atmosfere teatrali, gli spazi stretti e le luci dai toni scuri che piano piano si rischiarano con l’avanzare del tempo e col mutare del periodo. Una cornice quasi opprimente di una parabola umana sconfortante, i cui rapporti personali sono spesso freddi e distaccati.
Un tracciato pessimista che trova il suo culmine in un finale scioccante, proprio in quel 1954 che vide la Germania vincere il suo primo Mondiale di calcio e affermare ulteriormente la sua rinascita di fronte al resto del mondo, ma che di fatto fu solo la facciata per celare le afflizioni interiori di un Paese che doveva ancora riassestarsi.


“Quando non si è felici, tutte le persone felici sembrano poco decorose…”


 

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