di Fabrizio Spurio
I vampiri on the road dell’ Oklahoma.
Dopo aver esordito nel lungometraggio indipendente con “The Loveless” del 1983, Kathryn Bigelow decide di tentare la via del cinema delle major di Hollywood. Ecco quindi uscire sugli schermi mondiali “Il Buio si Avvicina”, storia dura e cruda di vampiri. Siamo lontani dai nobili conti dei Carpazi. Questi vampiri viaggiano in camper, lungo le assolate strade americane, attraverso i territori aridi dell’Oklahoma.
Quella che incontra Caleb (Adrian Pasdar) può considerarsi una sorta di famiglia, che comprende il patriarca Jesse (Lance Henriksen), con la sua compagna Diamond (Janette Goldstein), e i tre figli acquisiti: Severen (Bill Paxton), Mae (Jenny Wrigth) e il giovane Homer (Joshua John Miller).

Le dinamiche all’interno del gruppo sono complesse e legate da sfumature.
I membri della “famiglia” si prendono cura l’uno dell’altro, anche se tra di loro serpeggia una sorta di tensione che è pronta a scattare al minimo attrito. Severen è il più ribelle. E’ un duro, un cacciatore che non risparmia una crudele ironia per le sue vittime. Ci gioca, le deride quando le vede tremare per la morte che le attende. Non cerca di addolcire la situazione, anzi la esaspera. L’opposto di quello che invece fa Mae, ragazza dolce, anche se assassina, ma lei sa che lo deve fare per vivere. Non vuole aumentare il dolore e lo strazio delle sue prede. E’ a suo modo pietosa. E lo è anche quando tenta di persuadere Caleb ad abbandonarla alla fine del loro primo incontro. Caleb non può capire cosa si nasconde nell’animo della ragazza, ma è fulminato dal suo mistero, e questo gli basta per conquistare il suo cuore. In lui Mae vede una speranza, un riflesso di quell’esistenza che lei ormai ha dovuto abbandonare. Lo trasforma in vampiro, ma sembra quasi che lo faccia per amore. Caleb ha perso la madre e soffre di questa perdita, anche se esternamente non vuole darlo a vedere. Mae avverte questa dolcezza che cova nell’animo del ragazzo, ed è attratta da lui. Ma allo stesso tempo deve anche proteggerlo dal branco che lo vorrebbe eliminare, o farne un assassino al più presto.

Ma l’umanità di Caleb è difficile da sopprimere, e lui non riuscirà mai, lungo lo scorrere della pellicola, a commettere quell’atto che sarebbe la fine della sua speranza di salvarsi, di tornare alla sua vera famiglia, il padre (Tim Thomerson) e la sorellina Sarah. La scelta del ragazzo dovrà essere di decidere a quale famiglia appartenere veramente. Ma entrambe si posano su una decisione che ha l’amore alla base: di sangue per il padre e la sorella e di cuore per Mae.
La vampira lo ama sinceramente, arriva anche ad uccidere e nutrirsi per lui, così da potergli offrire, per sopravvivere, il proprio sangue, donandoglielo direttamente dal polso reciso. La scena è altamente simbolica: Mae in piedi, porge il suo polso sanguinante a Caleb che, in ginocchio davanti a lei, beve avidamente dalla ferita della ragazza. Dietro di loro le enormi pompe petrolifere continuano a muoversi, ad estrarre il petrolio, il sangue della terra, per alimentare il proprio mondo. L’uomo è parassita della terra come il vampiro lo è dell’uomo stesso.

Questa sequenza sottintende anche ad uno scambio molto più profondo rispetto al superficiale scambio di sangue. I due ragazzi gemono, sussurrano, occhi chiusi, godono quasi di quest’azione, e quando Mae si ritira da Caleb, con violenza perchè lui non la lascerebbe mai andare, lei lo apostrofa dicendogli che sta diventando troppo ingordo. Caleb la osserva ridendo soddisfatto: il loro è stato l’equivalente di un rapporto sessuale appassionato, potente, che ha sconvolto la ragazza più di quanto lei si aspettava. Un rapporto che la ragazza non immaginava di poter ancora trovare nel vuoto arido della terra che la circonda, la stessa terra dove è di fatto impossibile vivere come vampiri, nascosti durante i sabbiosi giorni in motel di infimo ordine, dove per avere la chiave di una stanza non serve neanche un documento, basta pagare.
La Bigelow ci fa quasi vivere, provare sulla nostra stessa pelle il calore di quelle strade, possiamo sentire la sabbia e la terra che ci sporca la pelle, così come sembriamo quasi percepire la cenere che si forma sulla pelle dei vampiri, quando entrano in contatto con il sole. Il sole che in pochi istanti accende fiamme sulla loro pelle esposta.
Un discorso particolare merita il giovane vampiro Homer. Un essere spietato, che non esita a sparare alle spalle delle sue vittime. Però quando incontra per caso una bambina (che poi scopriremo essere Sarah, sorella di Caleb) nella mente del giovane vampiro qualche cosa scatta. E’ come se si risvegliasse in lui l’animo del fanciullo che la sua condizione lo ha costretto a dimenticare. Invita la ragazza nella stanza del motel per poter guardare insieme la televisione.

Homer vorrebbe rivivere quella condizione di bambino che il suo corpo mostra all’esterno, ma che internamente ha perduto. Homer assapora quei pochi semplici momenti che la presenza di Sarah gli concede di vivere. Quando più tardi i vampiri rapiscono Sarah per ricattare Caleb a tornare tra loro, Homer si prenderà cura della bambina. E quando Sarah si libera, aiutata da Mae che nel frattempo ha deciso di abbandonare il branco, Homer si getterà al suo inseguimento, non con la brama del cacciatore, ma con il desiderio del bambino che vuole rimanere a giocare con i suoi piccoli amici. La inseguirà all’aperto, di giorno, sotto quel sole che farà scaturire le fiamme dalla sua giovane/vecchia pelle. Homer esploderà mentre si dispererà della perdita della sua piccola, dolce amica.

Jesse e Diamond, alla vista della loro “famiglia” che si disgrega, capiscono che ormai non c’è più futuro per loro. Capiscono che ormai è giunto il momento di chiudere le loro esistenze. Hanno vissuto a lungo (come dice Jesse stesso, ha combattuto per i suddisti…), hanno avuto tutto quello che volevano, e per loro ormai l’esistenza è segnata da una routine di fughe e nascondigli. Hanno perso i sogni, il loro cuore si è indurito di fronte alla vita, l’unica cosa che li sostiene è il loro reciproco amore. Insieme andranno verso la morte. Una morte che sembra evitabile, in realtà. Non c’è un vero pericolo che li spinge a morire. Ma è la consapevolezza della solitudine che li fa muovere. Potrebbero anche creare una nuova famiglia. Ma non potrebbe mai sostituire i rapporti che comunque li tenevano uniti (c’è una sorta di relazione madre/figlio molto forte tra Diamond e Homer). Avere nuovi figli non potrebbe mai colmare la perdita per quelli passati. Per questo i due decidono di morire, di chiudere la loro esistenza gettandosi in macchina sotto il sole. L’ultima frase che pronuncia Diamond, mentre stringe la mano del marito è:“…sono felice Jesse”… Una dichiarazione d’amore eterno, destinato ad essere ridotto in cenere.

La Bigelow ci colpisce al cuore, facendoci provare pena per quelli che di fatto sono dei mostri assassini. Quasi giustifica le loro azioni. I primi piani dei loro occhi, circondati dalla pelle bruciata, la consapevolezza di andare verso la morte, ma poter finalmente rivedere la luce del giorno. La forza del loro amore. C’è più sentimento in questo che nel finale vero e proprio, quando Mae, ormai tornata umana grazie ad una trasfusione di sangue, si stringe a Caleb, chiudendo il film in un fermo immagine che blocca l’esistenza dei due ragazzi. Una sosta per Mae, che deve tornare a comprendere i meccanismi che regolano la vita dell’uomo mortale. Meccanismi che aveva dimenticato da tempo.
Accompagnata dalla musica dei Tangerine Dream, questa pellicola arriverà a trionfare al Festival del Fantastico di Bruxelles 1988 – Corvo D’Argento alla regista.
Rispondi