Pranzo di ferragosto, di Gianni Di Gregorio (2008)

Di A.C.

Nell’afosa e desolata Roma di agosto hanno luogo le vicende di Gianni, scapolo di mezza età che trascorre la sua routine sedentaria occupandosi dell’anziana madre, con cui vive, in un tragitto senza deviazioni tra casa e osteria.
Una proposta dell’amministratore di condominio in cambio della decurtazione di diversi suoi debiti e una richiesta personale da parte del suo medico, portano Gianni ad ospitare in casa le loro rispettive madri e un’altra anziana signora per il periodo di ferragosto, richiedendogli quindi l’impegno di dedicare attenzione a tutte le esigenze, talvolta spossanti, delle attempate ospiti.

L’esordio alla regia di Gianni Di Gregorio, sceneggiatore di lungo corso, è una piacevole commedia sulla vecchiaia, in cui si ricama anche il ruolo di principale interprete maschile. Un tema certamente non piacevole, soprattutto alla luce di certi elementi che il regista non manca di sottolineare come la tendenza a ignorare la condizione dell’anziano, spesso relegato in ospizio e a discapito di una voglia di vivere non affatto soppressa dagli acciacchi dell’età. A dimostrazione di ciò, proprio la simpatica contrapposizione tra la stanchezza giovanile di Gianni e l’esuberanza senile delle anziane coinquiline, che porta il primo inevitabilmente ad essere succube dell’energia delle seconde.

Non c’è alcun artificio di retorica o facile moralismo nell’operazione di Di Gregorio, che bensì confeziona un prodotto intelligente mettendo in luce con umorismo sottile tutti quegli aspetti veraci della terza età, le sue fragilità e la sua vivacità al tempo stesso. Espone un racconto tenero ma mai disincantato, come si evince anche nella scrittura del personaggio interpretato dallo stesso regista, un uomo certamente di animo gentile ma smosso principalmente dai ripetuti incentivi in denaro delle vecchiette, che in quel piccolo ospizio improvvisato ritrovano la forza di liberarsi dai vincoli, spesso imposti, della propria età.

Una messa in scena di curato realismo, che scava intelligentemente dalla quotidianità e dal reale della vita (non casuale, infatti, la scelta di attori non professionisti per la quasi totalità del cast), tirandone fuori elementi di riflessione tutt’altro che trascurabili.
“Pranzo di ferragosto” è un piccolo gioiello, latore di quella sincerità di intenti e contenuti spesso mancante in buonissima parte di produzione di commedia italiana contemporanea. Un racconto che dalla semplicità della vita ricava un piccolo grande tesoro da condividere.

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