Genesis 2.0 (2020), di Christian Frei e Maxim Arbugaev.

di Roberta Lamonica

Sempre più chiusi nel nostro orizzonte limitato e autoreferenziale, non ci rendiamo conto o fingiamo di non capire che la nostra ora sta per arrivare, che il nostro tempo sta per finire. Con l’ultimo peccato di tracotanza, quello di sostituirsi al Creatore, l’uomo sta giocando la partita più impegnativa con la scienza, entrando a gamba tesa in quella che solo pochi anni fa avremmo definito fantascienza.
Genesis 2.0 si apre con una voce femminile che recita un antico canto epico della città capoluogo della Sacha-Jacuzia, Jakutsk, dal titolo: “Olonkho – Eles Bootur”.

“Guarda qui… Guarda qui…
Spalle larghe hai!
Ma stupido sei
Forte abbastanza sei
Ma imprudente sei.
[…]
Come hai fatto a liberare
quel terribile demone?
Da quando è diventato
Il tuo più caro amico?
Era troppo tardi per catturarlo passando per quella terra fertile, procedendo in un mondo sferzato dal vento, calpestando la bocca
di un abisso senza fine”.

Un antico canto epico, dunque, di una terra lontana da noi, la cui epopea ci è aliena, mette in guardia l’uomo dal rischio di provare a volare troppo vicino al Sole.


Da giovedì 24 settembre al cinema, “Genesis 2.0”, documentario sulla bioingegneria e sui rischi ad essa correlati, realizzato dal regista svizzero Christian Frei, già candidato all’Oscar per il documentario “War Photographer”, e dal regista russo Maxim Arbugaev.�Un documentario intrigante e suggestivo, dallo stile visivo inquietante grazie all’illuminazione grigia di che trasmette una sensazione palpabile di presagio.
I protagonisti del documentario di Frei condividono una loro hybris nello sfidare le leggi della natura con una linea illustre di antenati letterari e cinematografici, dalle parabole bibliche ai miti greci, alle leggende del cinema contemporaneo. Il primo a venire in mente è Werner Herzog di Grizzly Man e Aguirre: furore di Dio.
Questo documentario porta lo spettatore in un mondo sconosciuto ed estraneo, che ha poco in comune con la vita quotidiana come la conosciamo e per questo è capace di far riflettere sui risvolti etici delle nuove frontiere della biologia sintetica, delineando così un universo guidato dall’indomabile orgoglio umano che arriva a sfidare la Natura e le sue leggi. Utopia e distopia, curiosità e scetticismo: questi sono i principali conflitti presenti nel documentario.


Nella landa inospitale rappresentata delle isole della Nuova Siberia, decine di uomini vanno alla ricerca del cosiddetto “oro bianco”, ovvero antiche zanne di mammut, un’operazione oggi sempre più facilitata dal riscaldamento globale che, provocando lo scongelamento del permafrost, porta alla luce un numero progressivamente maggiore di questi antichi fossili. Il ritrovamento di una carcassa eccezionalmente conservata attira l’attenzione di scienziati genetici, interessati alla clonazione e alla manipolazione della vita stessa. Riscaldamento globale e genetica, la prossima grande rivoluzione tecnologica che potrebbe sovvertire il mondo come oggi lo conosciamo, si incontrano così in “Genesis 2.0”, uno dei documentari più affascinanti e avvincenti mai realizzati, una visione irrinunciabile.

🛑 Da oggi, giovedì 24 settembre, al cinema.

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