Motherland, di Tomas Vengris (LT 2019)

di Andrea Lilli –

Nasciamo, per così dire, provvisoriamente, da qualche parte; soltanto a poco a poco andiamo componendo in noi il luogo della nostra origine, per nascervi dopo, e ogni giorno più definitivamente.

R. M. Rilke, Lettere milanesi

«Mamma dice che la casa è la cosa più importante che ci sia. Se la perdi, devi fare di tutto per riprendertela». Inizia così il suo racconto, Kovas. Motherland è il posto di campagna in cui è nata sua madre: una grande casa di legno immersa nel verde, una magnifica tenuta vicino al fiume, piena di alberi, la più bella del paese. «Il posto più bello del mondo, prima che lei perdesse tutto, prima che i russi prendessero i suoi genitori».

Il titolo lituano originale, Gimtinė (luogo di nascita), è una parola derivata da gimti = nascere, essere partorito. Motherland ne è perciò la giusta traduzione, qui tanto più fedele di Fatherland (patria), in quanto definisce il luogo di nascita della madre di Kovas, Viktorija. Li vediamo in aeroporto: sono diretti in Lituania, biglietto di sola andata, per riprendere la proprietà che Viktorija vent’anni prima lasciò giovanissima, dopo il trasferimento forzato dei genitori nei campi di lavoro sovietici. È la prima volta che ci torna, da quando emigrò negli Stati Uniti, a Boston, dove è nato Kovas. «Quando mamma scappò dall’Unione Sovietica pensava che non sarebbe più tornata. A quel tempo diceva che non le importava». La voce fuori campo dell’adolescente ci narra la vicenda con imparzialità, con stupore. Suo malgrado, il viaggio lo spinge all’improvviso in una realtà ben diversa da quella americana, portandolo ad assistere e a vivere episodi forti che lo coinvolgono emotivamente, costringendolo a capire meglio, a crescere più in fretta.

È il 1992, i suoi genitori hanno divorziato due anni prima, e da due anni il parlamento lituano ha proclamato l’indipendenza dall’URSS. Molti esiliati tornano per cercare di riprendersi i beni espropriati, ma non è facile procurarsi i documenti necessari; inoltre la casa, in abbandono e disabitata sulla carta, in realtà è occupata da una o più famiglie indigenti per nulla disposte a sgombrarla. Viktorija vuol fare presto, e invece di studiare la situazione per risolverla con calma, conta sull’aiuto di un vecchio amico, Romas, che conosce un po’ tutti: dai funzionari ministeriali corruttibili ai boss mafiosi. Lei è una bella donna, americanizzata, sa di non essere indifferente a Romas; del resto anche lui vive solo con una figlia, Marija, guarda caso dell’età di Kovas. Il dodicenne sapeva già che la madre avrebbe fatto di tutto per riprendersi la casa, ma non immaginava come. Ci rimane male. Arriva comunque la sera del solstizio estivo, che per tradizione lituana si festeggia tra balli, corone di fiori e candele galleggianti sul fiume. Tra una bevuta e l’altra Kovas impara molte cose, invece Romas perde il controllo di sé e della strategia per la restituzione della casa. Caduta la maschera del cavaliere complice, il suo interesse per Victorija si rivela per quello che è, un calcolo opportunistico, ma fatto con una formula sbagliata. Anche per Kovas, che osserva tutto imparando velocemente, l’immagine della madre non sarà più quella angelica di prima.

Il percorso di formazione del figlio si intreccia a quello di disillusione della madre. Lei vede svanire un sogno, lui inizia a farne di nuovi. E mentre gli orizzonti del ragazzo si allargano, la madre ridimensiona i propri. Arrivato in un paese povero da uno ricco, per ingraziarsi i coetanei Kovas distribuiva chewing-gum. In cambio loro gli hanno insegnato ad avvicinarsi agli animali, a guidare, a guardare le cose e gli altri in modo più maturo. La casa non è tutto, se non ne hai una in cui rinchiuderti “c’è sempre la strada su cui puoi contare”, sembrano dirgli. Il regista usa alterna i primi piani in modo efficace, cogliendo ogni espressione utile a scandire le tappe del rapporto madre/figlio, in questo doppio viaggio alla scoperta di Motherland, e anche la scelta musicale è delicata e felice.

Al suo primo lungometraggio, Tomas Vengris – lituano cresciuto negli USA – ha vinto a dicembre il Premio del Pubblico Europeo nella quinta edizione dell’ArteKino Festival, vetrina cinematografica dell’emittente televisiva ARTE, piccola ma meritoria rassegna annuale in cui hanno potuto farsi conoscere nomi oggi importanti come Małgorzata Szumowska o Agostino Ferrente. Co-finanziata dall’Unione Europea, priva di pubblicità commerciale, controcorrente rispetto all’appiattimento di un’offerta televisiva che propina lo stesso pastone da pressoché ogni canale, ARTE è diventata una grande risorsa culturale da sostenere e incoraggiare in questi tempi cupi, neomedievali, offrendo da trent’anni una grande varietà di contenuti, sia nell’informazione che per l’intrattenimento. Di recente i suoi programmi online sono stati resi fruibili in sei lingue, tra cui l’italiano. Per altre info, vedere qui.

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