Sound of Metal, di Darius Marder (2019)

Di A.C.

Ruben, un batterista di musica metal, perde improvvisamente l’udito, evento che causa in lui un traumatico sconvolgimento della propria vita, personale e professionale. Costretto a doversi abituare alla propria condizione, malgrado il suo rifiuto e la speranza di ritornare a sentire, con l’aiuto di una comunità di sordomuti imparerà progressivamente a sopperire al suo deficit, ma ciò non riuscirà a lenire il suo senso di perdita riguardo una connessione col mondo circostante difficile da dimenticare.
Da un soggetto del regista Derek Cianfrance, -ispirato ad eventi biografici di quest’ultimo affetto da acufene e con un passato da batterista- il quale era inizialmente intenzionato anche a curarne la regia per poi affidarne la direzione all’esordiente Darius Marder, suo co-sceneggiatore in Come un tuono.

Certamente apprezzabile il risultato ottenuto dietro la cinepresa da parte di uno sceneggiatore, per di più in un film che include poco dialogo parlato e fa da immersione realistica nel mondo dei non udenti, nei loro silenzi, nelle loro gestualità e nella naturalezza con cui riescono ad esorcizzare il proprio handicap.
La regia di Marder, infatti, lavora soprattutto di immagini e suoni, nello specifico sulla prospettiva uditiva di tali suoni, restituendone la percezione alterata del suo protagonista, in una sequela di rumori ovattati e nella frustrazione delle iniziali incapacità comunicative. Un processo di immedesimazione impressionante grazie a un utilizzo impeccabile del montaggio sonoro e al casting di molti attori non professionisti realmente non udenti.

Va in scena, quindi, la parabola umana di una persona costretta alla novità limitante della sua condizione, con tutte le ansie che ne conseguono e le difficoltà nel proprio processo di accettazione. In Marder traspare certamente l’influenza stilistica di Cianfrance, ma fortunatamente il suo lavoro non cade negli stessi eccessi melodrammatici del regista di Come un tuono e Blue Valentine, poiché preferisce soffermarsi sull’introspezione del suo Ruben, nel rapporto tra il suo corpo e la sua nuova realtà e nel suo processo di rinascita.
A Sound of Metal vanno certamente riconosciuti diversi meriti: nella qualità della messa in scena e nella costruzione del racconto – pur con qualche momento di prolissità – e nella intensissima prova attoriale del protagonista Riz Ahmed. Ma al netto delle lodi di carattere tecnico-artistico, l’operazione di Marder solleva tuttavia alcuni dubbi di natura concettuale, potenzialmente dannosi malgrado gli intenti lodevoli di un prodotto volto anche alla sensibilizzazione empatica verso la quotidianità dei non udenti.

Perché se da un lato il film tratta con un certo garbo la tematica della sordità, senza accentuarne con pietismo le limitazioni ma anzi soffermandosi (giustamente) sulle possibilità, dall’altro illustra, con tono talvolta assolutista, una maniera univoca di vivere tale condizione arrivando perfino alla demonizzazione dei surrogati uditivi offerti dalla scienza medica.
Posizione di un certo estremismo ideologico che Marder, infatti, espone nel suo film senza troppi giri di parole, come si evince in un dialogo piuttosto significativo tra il protagonista Ruben e il capo della comunità sordomuta. Elemento decisamente controverso, che forse rischia di recare più danni rispetto ai benefici dell’operazione, stroncando qualunque possibile diversità di pensiero tra gli stessi sordomuti e quasi ghettizzando coloro che coscientemente (e rispettabilmente) si avvalgono dell’ausilio tecnologico, pur con gli effetti collaterali che talvolta comporta.

Sound of Metal è un film indubbiamente encomiabile nella fattura, nella regia, nella recitazione e soprattutto nell’accortezza che dimostra non cadendo nei tranelli del ricatto emotivo e altri facili espedienti emozionali. Ma sfortunatamente non mostra la stessa saggezza nell’esporre alcuni suoi concetti di fondo, compromettendo (pur solo parzialmente) il risultato d’insieme. Avventatezza forse perdonabile a un regista esordiente, per cui comunque questo film rappresenta un inizio di carriera più che interessante.

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