La Maschera del Demonio (1960) di Mario Bava

di Fabrizio Spurio

“Sarai morto per gli uomini ma sarai vivo nella morte”

Nel 1957 Riccardo Freda dirige, quasi per scommessa, il film “I Vampiri”. E’ il primo film gotico italiano, anche se in realtà non è un vero e proprio horror, ma più un thriller: i vampiri del titolo sono in realtà un medico costretto ad estrarre il sangue da giovani donne per mantenere giovane la sua diabolica moglie. Il film non ha molto successo in Italia, ma Freda ci riprova nel 1959 girando un horror puro: “Caltiki, il mostro immortale”, una vicenda dalle forti connotazioni lovecraftiane. Freda però ha sempre dichiarato che quel film lo aveva diretto, in larga parte, il direttore della fotografia Mario Bava.

In seguito fu il produttore Lionello Santi a volere Mario Bava per la regia di un altro film gotico\horror. Fu così che nacque l’idea di girare “La Maschera del Demonio”. Mario Bava scrisse la sceneggiatura insieme a Ennio De Concini e Mario Serandrei, traendo ispirazione dal racconto di Gogol “Il Vij”. La trama del film narra di una strega Asa Vajda (Barbara Steele) che, dal rogo alla quale è stata condannnata insieme al suo amante Jgor Javutich (Arturo Dominici), lancia una maledizione sulla sua discendenza. Secoli dopo viene erroneamente riportata in vita da due medici che visitando la sua cripta, ne infrangono il sacro sigillo che la tiene prigioniera.

Già dall’inizio della pellicola Bava ci precipita in un’atmosfera gotica, degna dei migliori film della Hammer, che in quel periodo spopolava nei cinema di tutto il mondo con il film “Dracula il vampiro” (1958) diretto da Terence Fisher, e interpretato da Christopher Lee nel ruolo di Dracula e da Peter Cushing in quello di Van Helsing. Il film di Bava in realtà era stato concepito proprio per sfruttare il successo commerciale del film inglese, ma il regista crea comunque un’opera originale, che non ricalca il modello originale, anche se in apparenza sembra il contrario. La pellicola di Bava è girata in un suggestivo bianco e nero, ed il regista, a lungo direttore della fotografia per altri registi, sa creare l’atmosfera giusta ricorrendo a luci, inquadrature e movimenti di camera inusuali per l’epoca. Basta osservare il lungo piano sequenza che dall’esterno della cripta ci porta, con una carrellata, all’interno del sepolcro fino ad arrivare al volto scarnificato della strega.

Proprio la strega Asa è il fulcro della vicenda, interpretata da Barbara Steele, che da questo momento sarà protagonista di molte pellicole gotiche ed horror italiane. Per questo film, inoltre, interpreta un duplice ruolo: oltre a quello della strega, è anche Katia, la protagonista della vicenda. La principessa che è una discendente gemella della strega. La prima apparizione di Katia avviene nel cimitero, subito dopo che i due protagonisti maschili, Andrej Gorobec (John Richardson) e Choma Kruvajan (Andrea Checchi) hanno infranto il sepolcro della trega. Usciti dalla cripta dei Vajda vedono davanti a loro, ritta in tutta la sua malinconica bellezza, Katia che tiene al guinzaglio due alani neri. Sembra quasi un’apparizione, un miraggio: la sua figura, incorniciata dalla nebbia, sembra avere un alone luminescente che la circonda. Bava quasi ci porta a pensare che sia Asa resuscitata, ma ci sbagliamo. Asa è una donna crudele, sanguinaria, Katia è l’incarnazione della bontà venata da una disperazione dettata da un’indecifrato terrore della morte.

Il castello dove Katia vive con suo padre, il Principe Vajda (Ivo Garrani), rispecchia il disfacimento e la tristezza che popolano l’animo della donna. Tanto Katia è delicata e dolce, tanto Asa è sensuale e crudele. Richiamato in vita il suo diabolico amante Javutich, iniziano ad uccidere tutti coloro che possono intralciare i loro piani di vendetta. Gli omicidi commessi durante la pellicola, risultano particolarmente efferrati per l’epoca, ad iniziare dal suplizio del titolo, la maschera del demonio che viene inchiodata sul volto di Asa. La maschera ha dei chiodi all’interno, e nel momento in cui viene dato il colpo di martello sulla maschera, vediamo un grosso fiotto di sangue uscire da questa. Altrettanto impressionante è il particolare dell’occhio del dottor Kruvajan trafitto da un lungo chiodo (unico modo per liberare dalla maledizione “vampirica” le vittime di Asa), e anche il volto del Principe che brucia tra le fiamme del camino.

Mario Bava, con la sua fotografia, crea un’atmosfera sospesa e surreale per tutta la pellicola. Il viaggio della carrozza di Javutich è ripreso al rallentatore, sottolineando la natura sovrannaturale di quel viaggio. Molto spesso si nota un alternarsi di giorno e notte che non ha nulla di naturalistico. Mentre un dialogo, in interni è chiaramente girato in notturna, nello stacco subito seguente, magari in esterno, è palesemente giorno, per tornare allo stacco successivo in notturna.

Questo assurdo scambio di temporalità non viene colto come errore, ma è lasciato prorpio in virtù della creazione di un mondo al di fuori delle normali regole umane. L’irrealtà è uno degli elementi principali della pellicola. In un’altra scena, senza personaggi, vediamo la camera da presa avanzare in un ambiente. Al suo passaggio i mobili si rovesciano a terra, come se una presenza invisibile li avesse volutamente urtati. O anche per sottolineare la presenza di un male, talmente potente, che anche gli oggetti preferiscono allontanarsi per non essere contaminati.

In effetti il tema della contaminazione del male è forte nel film. Nel momento in cui Asa è libera dai sacri sigilli, il suo influsso si fa largo nella realtà. La contaminazione, di fatto vampirica che colpisce i personaggi, è una peste che porta inevitabilmente alla corruzione del corpo e dell’anima. La stessa Asa è simbolo di questa corruzione. Il suo volto nel sarcofago si reincarna lentamente lungo lo scorrere del film, con un effetto curato dallo stesso Bava, in cui vediamo i suoi occhi riformarsi nel volto.

Ma è nel finale che vediamo la realtà dell’orrore. Asa, ormai resuscitata, cerca di irretire Gorobec, ormai innamorato di Katia. Il giovane si trova davanti le due donne, identiche. Non sa riconoscerle, ma grazie al crocifisso al collo di Katia, capisce l’inganno e colpisce Asa. In quel momento il mantello che copre il corpo della strega si apre, mostrando il torace putrefatto della donna. Asa è solo un volto bellissimo che nasconde il male, la corruzione infernale del corpo votato al demonio.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: