di A.C.

Capitolo conclusivo del James Bond col volto di Daniel Craig. Un volto, il suo, che tra molti dubbi iniziali (e alcuni mai scemati) ha segnato la rinascita e la rivoluzione di un franchise che aveva ormai esaurito le sue risorse, spremute in cliché superati, ridondanti e ripetitivi che con l’ultimo scadente film targato Pierce Brosnan (La morte può attendere) avevano trovato un evidente punto morto che ha sollecitato negli stessi produttori l’esigenza di un rinnovo, come volto ma anche come struttura narrativa dei successivi film.
Di qui il biondo e muscoloso Daniel Craig, di una bellezza più rude che sofisticata rispetto ai suoi predecessori. Più un fisique du rôle da henchmen che da James Bond per il tipo di figura che si era consolidata nell’immaginario collettivo tra Sean Connery, Roger Moore e Pierce Brosnan.
Scommessa che fu vinta con l’avvento di Casinò Royale, in cui venne proposto un Bond inedito, agli inizi del suo servizio operativo da “doppio zero”, più emotivo, fragile ed impulsivo. Una rivisitazione lontana anni luce dalla patina di invulnerabilità che lo aveva spesso contraddistinto nei cicli precedenti.
Il nuovo corso di 007 è sempre stato più introspettivo, umano ed emozionale. Un filo sempre coerente nel corso di tutti i capitoli dell’ultimo ciclo, nei suoi bassi toccati con Quantum of Solace o nelle sue vette raggiunte con Skyfall (a pieno merito tra i migliori capitoli di tutta la saga), fino al più convenzionale ma comunque discreto Spectre.
No Time To Die segna il punto di arrivo di un percorso durato 15 anni, con un Craig più avanzato di età e convinto dietro cospicuo compenso ad interpretare per un’ultima volta la più celebre spia inglese del grande schermo.

Alla regia Cary Fukunaga che raccoglie il testimone di Sam Mendes, regista dei due capitoli precedenti.
James Bond, ormai felicemente ritirato dal servizio, si gode la sua vita con Madeleine, ultima Bond-girl del precedente Spectre. Ma il suo idillio viene infranto da un drammatico ritorno dei fantasmi del passato, i suoi e quelli della sua dolce metà. Questo segnerà l’inizio dell’ultimo confronto con il proprio passato e un’ultima sfida per il proprio futuro in una resa dei conti totale con un nuovo enigmatico avversario, costringendolo ad un ritorno in scena malgrado i tentativi di dissuasione del suo ex-superiore M e della nuova 007 (sul cui sesso ed etnia ci hanno ricamato sopra in maniera a dir poco imbarazzante).
Quanto più vicino in termini di emotività all’unico Bond-movie con George Lazaenby protagonista, quello che fu un film anomalo che vedeva James Bond innamorarsi, sposarsi e soffrire la morte tragica della novella sposa per mano della Spectre. Fukunaga attinge più che mai dal calco di quel film, riprendendone anche la celebre canzone “We have all the time in the world” di Louis Armstrong, spesso menzionata come frase all’interno del racconto. Un racconto della durata “monstre” di quasi 3 ore (il minutaggio più lungo nella storia della saga), non sempre scorrevole soprattutto nella parte centrale, con sequenze di godibilissima azione alternati a momenti di maggiore sentimentalismo.

No Time To Die non è certo esente da difetti, sia nella struttura narrativa, a ritmi altalenanti e a tratti prolissa, sia nello sviluppo blando di alcuni suoi personaggi, come il villain di un insopportabilmente gigioneggiante Rami Malek, più strumentale che carismatico, o la collega-rivale Nomi di Lashana Lynch a malapena abbozzata e relegata involontariamente ad una macchietta di circostanza. Probabilmente più folgorante nella sua brevissima apparizione Ana De Armas, co-protagonista in una delle scene più esaltanti all’interno del film.
Ma probabilmente sono carenze perdonabili in quella che nel complesso è la soddisfacente chiusura di un ciclo, con tanto di finale senza precedenti.
Non è improbabile che farà storcere il naso a molti fedelissimi fan di 007, creando numerose divisioni. Ma al di là dei gusti personali e delle opinioni sulla sua riuscita, No Time To Die ha il pregio di chiudere con coerenza il Bond craighiano, la cui rivoluzione era già iniziata con Casinò Royale e che qui ha trovato solo il suo naturale decorso.
Will James Bond return?

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