di Girolamo Di Noto
I film sulle dipendenze spaziano solitamente tra due generi diversi: dal drammatico alla commedia e, pur concentrandosi su aspetti variegati che una tematica così complessa può abbracciare, hanno in comune il delicato compito di mostrare gli effetti negativi degli stupefacenti, non soltanto a livello fisico e psicologico, ma anche in campo relazionale, a contatto con gli altri.

Half Nelson, del regista Ryan Fleck, con Ryan Gosling in stato di grazia, è uno di quei film, forse meno conosciuti, che affronta il tema della droga, tenendosi alla larga dalla retorica e da facili paternalismi, ma concentrandosi sul degrado della dipendenza e il desiderio di riscattarsi, sull’oscuritá e il piacere effimero, rappresentando un mondo dove adulti e ragazzini sono ugualmente insicuri, dove chi parte socialmente svantaggiato difficilmente avrà l’occasione per evolvere la propria condizione di vita, un mondo popolato da persone alla deriva, in cui l’utopia non può sconfiggere la realtà, ma che non molla mai la presa e si aggrappa a quel poco di rimasuglio di speranza che c’è ancora.

Dan Dunne ( Ryan Gosling) è un giovane insegnante di storia che lavora in una scuola che si trova in un quartiere degradato di Brooklyn frequentata prevalentemente da studenti afroamericani e ispanici. Il suo metodo di insegnamento è diverso dal solito: non impartisce noiose lezioni sui libri di testo, si attiene ben poco al programma didattico, non chiede date e nozioni imparate a memoria, ma cattura l’attenzione degli studenti facendoli ragionare con la loro testa. Cerca di stimolarli facendo esempi pratici, invogliandoli a non soccombere facendo esprimere le loro posizioni. Nella sua vita privata, però, il brillante e carismatico Dan è un consumatore accanito di crack e ha una vita che sta andando a pezzi. Quando una delle sue studentesse, la tredicenne Drey (Shareeka Epps) lo scopre nel bagno della scuola sotto l’effetto della droga, tra i due inizia ad instaurarsi un rapporto di amicizia e complicità: lui tenterà di tenerla lontana dal mondo della droga, nel quale l’amico di famiglia e spacciatore Frank vuole condurla, lei si prenderà a cuore le sorti di lui e cercheranno insieme di superare le difficoltà della vita, mettendo in atto un principio che Dan ha sempre sottolineato a scuola, ovvero che “un essere umano da solo non conta nulla” e che solo il sostegno reciproco può offrire quella forza necessaria per superare l’infelicitá a cui entrambi si stanno malinconicamente rassegnando.

Presentato in concorso al Festival di Locarno nel 2006, dove ha vinto il Premio speciale della giuria, Half Nelson (il titolo si riferisce ad una presa del wrestling) sembra incentrato, a partire dalle prime scene, sulla figura dell’insegnante che cerca di portare sulla buona strada le pecorelle smarrite come avviene nel classico Il seme della violenza di Richard Brooks. Il regista, assieme alla co- sceneggiatrice Anna Boden, mette da parte subito queste intenzioni, concentrandosi sul personaggio di Dan, rappresentandolo non come il perfetto educatore, ma come una persona fragile e inserendolo in un delicato ritratto di amicizia quasi impossibile, un legame tra due persone che hanno bisogno entrambe di una guida, i cui rispettivi ruoli vengono messi in crisi, risultando interscambiabili. Dan e Drey sono due persone accomunate dall’essere entrambe silenziose, racchiuse in squallidi appartamenti, due persone segnate dalla solitudine, desiderose di attenzione e dalla voglia di cambiamento, un’amicizia che procede tra alti e bassi perché all’intenzione ferma di dare una svolta positiva alla propria vita si oppone l’incapacità di venire a capo di una condizione difficile che rischia di annichilirli.

Dan insiste a scuola soprattutto su un concetto fondamentale: i grandi avvenimenti che cambiano la storia si verificano per contrasti e forze opposte. Non sempre però nella realtà questo rinnovamento prende forza: i due personaggi non sempre reagiscono in maniera positiva, la tentazione è sempre lì, dietro l’angolo, darsi una scossa non è sempre facile. Incapaci di salvarsi da soli, i due cercano la salvezza prendendosi cura dell’altro e sarà proprio il continuo confronto, la complicità sempre più sincera fatta di sguardi di profonda intesa che valgono molto più delle parole, ad avviare una ripresa che di certo non sarà facile ma non impossibile.

Interpretato magistralmente dagli attori (Gosling ebbe una nomination all’Oscar), il film è una toccante riflessione sull’amicizia, un’istantanea malinconica sul disorientamento esistenziale, un ritratto sobrio e potente di vite perdute, schiacciate da responsabilità che non sono in grado di gestire, ma fortemente attaccate ad una possibile emancipazione dalle rispettive storie di dolore.
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