Lady Snowblood, di Toshiya Fujita (1973)

di Greta Boschetto

Lady Snowblood è un film del 1973 diretto da Toshiya Fujita, basato sull’omonimo manga scritto da Kazuo Koike e disegnato da Kazuo Kamimura.

“Ciò che purifica questo mondo di decadenza non è la neve ma la neve macchiata dal rosso del sangue”.

Esisteva un certo cinema prima di Quentin Tarantino? Certo, ed è proprio ad esso che lui si ispira. Kill Bill non potrebbe esistere senza Lady Snowblood: stessa suddivisione in capitoli, stesso gusto per l’effetto splatter, stessa rappresentazione raggelata dei sentimenti, stessi colori forti per caricare le scene di tensione e stessa musica elegante per aggiungere delicatezza al ritmo frenetico del montaggio.

La trama è semplice e basata soprattutto su un solo concetto: la vendetta. A fine ‘800, in piena epoca Meiji, Sayo (Miyoko Akaza) muore in carcere poco dopo aver dato alla luce Yuki (Meiko Kaji). La bimba viene concepita unicamente per diventare uno strumento di vendetta: la sua famiglia anni prima è stata distrutta da quattro criminali, durante delle rivolte. Dopo essere stata allevata e allenata dall’anziano monaco buddista Dōkai, Yuki inizia la sua personale e sanguinosa caccia all’uomo.

Il personaggio della Lady Vendetta in questione è tragico e doloroso, incarna il concetto più puro della donna vendicatrice, perché senza questo fine ultimo da raggiungere lei non esisterebbe nemmeno: il suo unico scopo è quello di distruggere, di riparare ai torti e alle ferite subiti dalla sua famiglia, come fosse un automa programmato per la morte.

Non è giusto però relegare il lavoro del regista al semplice exploitation o al revenge movie: la storia nasce in un contesto storico-culturale che è impossibile ignorare, quello dell’apertura giapponese alla modernità e all’Occidente. La società in cui si muove la protagonista è contraddittoria, efferata e amorale, perché priva di punti di riferimento, ancorata a un mondo arretrato e diviso in classi che rifiuta il progresso, intriso di un sentimento di chiusura che ha sempre spezzato il Giappone, un paese pronto a lanciarsi nel futuro senza però una reale voglia di aprirsi al resto del mondo.

A questa visione della società si mescola la fiaba nera, anzi nerissima, della protagonista, giocata sui contrasti ambiguità/innocenza e condanna/redenzione, ovvero il rosso vivo del sangue e il bianco candore della neve: Snowblood.
Ma anche nella vendetta non c’è nessuna gioia e nessun compiacimento, perché la violenza non è una risposta felice ma solo un mezzo per uno scopo finale che non porterà comunque benefici a nessuno.

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