‘Rosetta’ (Fratelli Dardenne, 1999)

di A. C.

Rosetta è una povera adolescente della periferia belga, che vive in un accampamento di roulotte e si trova costretta a guadagnare da vivere per mantenere sé stessa e la madre alcolizzata, per lei un peso piuttosto che un supporto. Inoltre è presa disperatamente dalla ricerca di un lavoro stabile e regolare, ma malgrado la sua onestà e determinazione non riesce a vedere il proprio impegno premiato.

Una delle prime tappe del cinema umanista dei fratelli Dardenne, in cui si intravedono chiaramente i loro caratteri distintivi quali la narrazione fortemente realista e l’utilizzo di attori non professionisti, tra cui per l’appunto l’esordiente e lodevole Emilie Dequenne nei panni della protagonista.

Oltre ad un discorso sociale sulle problematiche della disoccupazione, i Dardenne raccontano una dolorosa storia di dignità umana, priva di pietismi o altri bassi espedienti, ma semplicemente ponendo lo sguardo fisso sulla loro protagonista e le sue vicissitudini. Come dimostra quella macchina da presa quasi ossessiva che non perde di vista un solo istante la giovane Rosetta per tutta la durata del film, mostrandone la forza d’animo nel sopprimere ogni sofferenza (fisica ed emotiva) e nel cercare di omologarsi alla società per ottenere quella dignità che vede completamente persa in sua madre, mettendo quasi in secondo piano la stabilità economica che in più occasioni dimostra di perseguire ma senza scendere a compromessi con sé stessa, rifiutando la carità altrui o la possibilità di lavorare in nero.

Un ritratto umano del reale e privo di artifici spettacolari, di straziante drammaticità ma condito da un barlume di speranza.

Visione imprescindibile di quel cinema di impegno civile e umano, quanto mai necessario.

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