Richard Jewell (2020), di Clint Eastwood

di Laura Pozzi

Georgia 1996. Durante lo svolgimento di un concerto in occasione dei giochi olimpici di Atlanta, Richard “Radar” Jewell  ragazzone goffo e sovrappeso addetto alla sorveglianza, intercetta grazie al suo infallibile intuito uno zainetto sospetto collocato sotto una panchina. L’intervento tempestivo non evita l’esplosione di un piccolo arsenale dinamitardo, ma riesce miracolosamente a contenere i danni di una strage annunciata. Considerato a tutti gli effetti un eroe nazionale, il cavilloso Richard appena 72 ore dopo dovrà lasciare l’investitura e fare i conti con un inatteso quanto paradossale rovescio della medaglia.

Del resto siamo negli Stati Uniti paese che pur di non ammettere i propri errori e scaricare le colpe verso qualcuno, inventa sistematicamente un’ improbabile e fantomatica guerra il più delle volte persa in partenza. Stavolta le succinte vesti del “sotto a chi tocca” spettano a Jewell, indagato prima dall’FBI e successivamente messo alla gogna da un quarto potere vile e arrivista capitanato dalla spregiudicata e diabolica Kathy Scruggs (Olivia Wilde). Quello che segue è una via crucis lunga 88 interminabili giorni in cui la sua vita e quella dell’anziana e amorevole madre Bobi (la sempre magnifica Kathy Bates unica candidata agli Oscar come miglior attrice non protagonista) saranno stravolte e messe alla berlina da un inverosimile quanto crudele gioco al massacro basato su fantasiosi identikit che su comprovati capi d’accusa. Ne nasce una guerra “lampo” dove Jewell potrà contare sull’aiuto e sostegno dell’eccentrico e tenace Watson Bryant (Sam Rockwell) avvocato e conoscenza di vecchia data golosissimo di Snickers.

The Ballad of Richard Jewell

La storia e parabola esistenziale di un uomo così squisitamente ordinario alle prese con eventi straordinari non poteva passare inosservata agli occhi vigili e cerulei del grande Clint Eastwood. In barba a un’età sempre più ragguardevole (90 anni il prossimo 31 maggio), l’immenso Clint non riesce (fortunatamente) a placare i ruggiti da vecchio re della foresta, portando forse a compimento quella trilogia iniziata nel 2016 con Sully. Stavolta il texano dagli occhi di ghiaccio mette sotto accusa  tutto il sistema a stelle e strisce, attraverso una narrazione classica, asciutta, lucidamente sottotono, ma dotata di fulminei magli perforanti. Proteggere è un verbo che ricorre spesso nella sua poetica determinando in modo fatale il destino dei suoi protagonisti. Pensiamo alla sfortunata Maggie e al suo ultimo incontro in the Million Dollar Baby (2004) rea di aver voltato le spalle, (annullando qualsiasi forma di protezione) alla spietata Billie “The Blue Bear”,o alla Christine Collins di Changeling (2008) così ossequiosa del suo lavoro da non considerare le conseguenze devastanti di lasciare da solo l’adorato figlioletto. Nel caso di Richard il discorso si fa più complesso, perché il ragazzo in questione oggetto di sberleffo e derisione viene “punito” per la ragione opposta: la sconfinata, quasi ossessiva protezione nei confronti del suo popolo. Nei vari e umilianti interrogatori con l’FBI, Richard non perde mai la volontà di servire il suo Paese, di indossare quell’agognata divisa, di considerare quei fasulli individui suoi presunti “colleghi”. Perché anche dopo l’assoluzione e l’arresto del vero colpevole,avvenuta sei anni dopo, il caso verrà chiuso, ma i sospetti  continueranno a persistere.

Affidandosi alla sceneggiatura di Billy Ray, Clint rende omaggio e giustizia a questo ordinary man, (scomparso nel 2007 a 44 anni per un arresto cardiaco), non particolarmente simpatico privo di grazia e fascino destinato a scomparire dalla memoria collettiva. Ma non da quella dell’ardimentoso ispettore Callaghan, che stavolta ci priva della sua presenza, e delega un sempre più straordinario e camaleontico Sam Rockwell a farne le veci. Senza dimenticare l’eccellente performance di Paul Walter Hauser nel ruolo di Richard. Una coppia “legale” così affiatata e vincente (indimenticabile lo il repentino scambio di battute nell’incipit, vero cuore del film) non si vedeva dai tempi di Phildelphia (1994) del compianto Jonathan Demme.

Il film sarà in sala dal 16 gennaio

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