di Greta Boschetto
“Valerie a týden divu”, internazionalmente conosciuto con “Valerie e la settimana delle meraviglie” ma orribilmente tradotto per il mercato italiano in “Fantasie di una tredicenne” come se ci si volesse rivolgere solo a un pubblico di vecchi marpioni (che comunque rimarrebbero alquanto delusi aspettandosi una visione pruriginosa) è un film cecoslovacco del 1970 diretto da Jaromil Jires con Jaroslava Schallerová, Helena Anýzová, Jirí Prýmek e Petr Kopriva.
Uscito in un periodo difficile a causa della censura comunista di quegli anni in Cecoslovacchia, il film è una delle ultime opere della Novà vlna (“nuova onda”), una sorta di Nouvelle Vague dell’est Europa, un horror surrealista, una favola nera con una forte critica anticlericale ma non troppo politica (per questo il partito non si oppose alla sua uscita), una pellicola simbolista che parla soprattutto del passaggio dalla fanciullezza alla maturità in una ragazza: il primo giorno di
mestruazioni.
Tutto è chiaro in questo film che apparentemente sembra privo di senso logico ma dove tutto risulta però nitido dalla prima visione, quasi ingenuo a volte in certe sue scene estive e bucoliche, una storia di vampirismo che potrebbe essere frutto dell’unione delle menti di Jodorowsky, Bunuel, Borowczyk, Carroll e i fratelli Grimm: un flusso cinematografico immaginifico e onirico che parla di attrazione e repulsione, sensazioni nuove che la protagonista si ritrova a provare per la prima volta in un momento di passaggio verso un mondo adulto fortemente dominato dal sesso.
Non bisogna far altro che abbandonarsi alle immagini, cadere nella tana del Bianconiglio con lo spirito curioso di chi è ancora in una fase di formazione, approcciarci alla magia delle immagini senza cercare di spiegare ogni metafora sulla vita o allegoria sulla società, dobbiamo perderci in questa apologia del sogno e farci ipnotizzare dalla sua visionarietà, dalla sua orfica sensualità quasi medioevale, smarrirci in scenografie che sembrano dipinti popolati da personaggi inquietanti,
vampiri malvagi, ecclesiastici bigotti e lussuriosi, attori girovaghi che forse non sono solo attori girovaghi ma maghi con orecchini incantati.
Non bisogna aggiungere molto altro e il nostro voler dare sempre una spiegazione estremamente verbosa è forse proprio uno dei problemi del mondo degli adulti alla quale Valerie non è ancora sicura di volersi approcciare; la crescita obbligatoria che ci impone il nostro corpo e tutto quello
che il mondo reale si aspetta e si prende da noi, senza chiedere nessun permesso o parere, sono gli effettivi carnefici malvagi di questo film, il terrore che la crescita diventerà presto invecchiamento (la nonna di Valerie farebbe di tutto per tornare giovane) e il tirannico raziocinio che si impadronisce di noi appena terminata la fanciullezza segneranno sempre più marcatamente la nostra (triste) vita adulta.
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