‘Doppio sospetto’, di Olivier Masset-Depasse: la duplice natura dell’amore di una madre

di Valentina Longo

Quando si può dire che un film sia un omaggio a un genere? E quando si può dire che, nel creare detto omaggio, un regista abbia reso giustizia al suo predecessore e platonico mentore? Le risposte a queste domande non sono affatto ovvie, per quanto in molti abbiano tentato di fornirne almeno una. In questo caso, Olivier Masset-Depasse, con Doppio Sospetto (Duelles), è riuscito a dare un esempio tangibile di ciò che vuol dire amare e rispettare uno stile che ha segnato una fase importante della cinematografia mondiale: il thriller hitchcockiano.

Tratto dal romanzo “Derrière la haine” di Barbara Abel, Doppio Sospetto è in tutti i sensi un gioco di confronti e di scambi a due: due donne, Alice (Veerle Baetens) e Céline (Anne Coesens), entrambe amiche, mogli e madri in un’ambientazione anni ’60; due bambini della stessa età, grandi amici e ragioni di vita per le loro famiglie; due case adiacenti, quasi gemelle, teatri di felicità quanto di tragedia. Motore della vicenda è l’evento che rompe il perfetto equilibrio tra queste esistenze: la morte del figlio di Céline. In un alternarsi di sensi di colpa, accuse, perdono e sospetti si dipana una vicenda che, tinta di tenui colori pastello, procede in un crescendo di suspense e tensione ben equilibrati seppur costanti. La siepe che divide le due case diventa, così, il labile confine tra due realtà sempre più confuse, così come evanescente diventa la differenza tra ciò che è reale e ciò che si è indotti a credere.

Innanzitutto, si avverte subito la predominanza delle figure femminili su quelle dei mariti, assenti e distaccati, non consapevoli delle dinamiche interne che reggono la reciproca amicizia. In partenza meri accompagnatori, mutano poi la loro funzione in spettatori passivi della psiche delle loro mogli. Infine, entrano in azione per tentare di contrastare la spirale di follia in cui si immergono le due protagoniste, senza tuttavia apportare grossi cambiamenti all’andamento della vicenda.

Anche i due bambini, Théo e Maxime, sono quasi semplici burattini nelle mani delle due donne. Nel momento in cui Maxime muore, ad esempio, Théo rimane impassibile, reagendo esclusivamente alle richieste della madre. A sottolineare la sua natura transitoria è la ricerca a tratti ossessiva di distrazioni: i suoi giochi; i giochi che riceve in eredità dall’amico; il coniglietto che perde nel giardino di casa dell’amico e Céline scambia per un gioco del figlio. Addirittura, il gesto immotivato di mangiare dei biscotti cui sapeva di essere allergico, scatenando non solo lo shock anafilattico che quasi lo uccide, quanto la rabbia che sua madre Alice cova nei confronti dell’amica.

Infine, il rapporto tra Céline e Alice, grande protagonista della storia. Inizialmente molto legate, di indole diversa (Alice è più intraprendente e rigida mentre Céline appare più insicura), entrano in conflitto in quanto Alice è la sfortunata spettatrice della morte di Maxime, che cade dalla finestra della sua cameretta prima che lei riesca ad impedirlo. Céline la incolpa perciò di non essere stata presente per suo figlio, additandola anche direttamente come responsabile della disgrazia. Dal canto suo, se in un primo momento Alice si sente ferita da ciò, pur cercando di essere comprensiva e chiedendo il suo perdono, presto comincia a dubitare che i sentimenti dell’amica non siano troppo morbosi nei confronti della sua famiglia, arrivando a convincersi che stia tentando, in qualche modo, di rubargliela. In questo, Masset-Depasse ha fatto un lavoro decisamente azzeccato: sfrutta luci, inquadrature, pause, scenografie e persino la musica per indurre lo spettatore a convincersi del duplice fine nei comportamenti delle due donne. Come Hitchcock, maestro nell’indirizzare l’attenzione del suo pubblico verso percorsi mirati grazie al sapiente uso dei dettagli e della suspense. Perciò, è innegabile che la lezione sia stata ben appresa e perfettamente replicata dall’allievo.

Tirando le somme, il tema che il film vuole indagare è la maternità tout-court, sia dal punto di vista di una madre che difende suo figlio, sia da quello di colei che invece ne cerca disperatamente un sostituto. Ci si potrebbe chiedere, quindi, quanto ciò sia possibile e in che modo; soprattutto, quali radicali trasformazioni debba subire l’animo umano per riuscire ad arrivare a patti con un dramma tanto profondo. Si può ben dire che Doppio sospetto dia una risposta anche a questo, con un finale decisamente inaspettato e che può risultare perturbante, ma di certo non lascia nulla in sospeso.

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