di Corinne Vosa
“Sai che laggiù c’è un diamante delle dimensioni di un pianeta? È una nana bianca con il cuore di una stella. E non è solo uno splendido diamante, ma emette anche il suono di un gigantesco bong.”
Adam (Tom Hiddleston) ed Eve (Tilda Swinton) sono due vampiri sposati da secoli, creature fragili e contemplative alla ricerca di istanti di pura estasi. Vivono di notte e coltivano assiduamente le loro passioni artistiche, cercando di passare il più possibile inosservati; ma a rovinare la loro quiete sarà Ava (Mia Wasikowska) la sorella di Eve.
Jim Jarmusch attinge all’iconografia vampiresca, nella sua dimensione di sublimazione poetica della sofferenza e caducità dell’esistenza, per portare sullo schermo l’incanto tenebroso dell’immaginario romantico e i suoi residui nel mondo moderno. A contraddistinguere fin dall’apertura l’estetica del film è un movimento circolare che si riversa nell’atmosfera e negli spazi inquadrati, come un’energia sottile di natura ipnotica, che incarna visivamente l’esperienza percettiva dei protagonisti.
Interessante il valore simbolico che Jarmusch associa al sangue: nutrimento essenziale, ma soprattutto elisir di felicità, pozione inebriante e catartica che genera una sorta di orgasmo sensoriale. Il film è intriso di un elegante erotismo che rispecchia la caratterizzazione aristocratica dei protagonisti, sacerdoti della bellezza, eredi dei valori di un tempo passato. Tra questi ideali il più grande è l’amore, quello di due anime gemelle indissolubili e tormentate, interpretate da due grandi attori britannici non nuovi a questo tipo di personaggi affascinanti e controversi.
Tom Hiddleston impersona il bello e dannato del romanticismo inglese, il misterioso e malinconico uomo Byron, “una canaglia romantica con tendenze suicide”, raffinato musicista amante dell’arte e della scienza. Tilda Swinton è una figura evanescente e aggraziata, sensibile e nostalgica, dalla bellezza androgina e magnetica. Suo mentore un vampiro molto speciale e colto interpretato dal compianto John Hurt.
Solo gli amanti sopravvivono (Only Lovers Left Alive) è un film molto personale, al contempo antico e moderno, retro e rock, gotico e jazz. La fotografia è pazzesca, la regia ricercata e sobria. Tanti gli echi alla pittura: da Klimt, Munch, Moreau e i Preraffaelliti .
Il culto dell’antichità si esplicita nell’arte del collezionismo e si contrappone alla mediocrità del presente: se da una parte vi sono le case-santuario dei vampiri, fuori il mondo degli zombie, ovvero gli esseri umani. E diciamolo, le aspettative verso il futuro non sono delle migliori, perché al contrario dei vampiri gli zombie stanno distruggendo il mondo e sono artefici di un’irreversibile contaminazione generale. Qui entra di nuovo in gioco il sangue, che si fa anche metafora di purezza e occasione per sottolineare il degrado umano: il sangue puro scarseggia, ormai è contaminato da sostanze nocive e ripugnanti. Bere sangue umano non selezionato in laboratorio non è solo eticamente sbagliato ma anche poco salutare. Un’analogia con la carne animale e gli antibiotici? Un’eco alle problematiche ambientaliste? Sicuramente sì, dal momento che nella sceneggiatura il tema ecologista emerge prepotentemente.
Dunque da una parte abbiamo l’elogio della malinconia romantica dello Sturm und Drang e dell’estetica decadente, dall’altra l’abisso del nichilismo moderno nietzschiano.
Un altro spunto di riflessione è la natura dell’immortalità, che si rivela terreno fertile per una ricerca continua della conoscenza. Più si vive, più si scopre e si entra in contatto con la sapienza di vecchie e nuove culture. E a questo punto forse Jarmusch invisibilmente ci lascia intuire che proprio la cultura e l’arte sono lo strumento magico per fare esperienza dell’eternità.
Immancabile l’amore per la musica, grande passione del regista. E la musica in Solo gli amanti sopravvivono è sia un tema che una fonte di ispirazione stilistica, che influisce notevolmente sulla forma: il movimento circolare, a cui si accennava all’inizio e che pervade più volte sequenze e inquadrature, coincide con quello del giradischi. La sensazione è che la forma cinematografica si dissolva in quella musicale e che Only Lovers Left Alive sia tanto un film quanto una struggente canzone romantica, una seducente ballata.