di Bruno Ciccaglione
Come per molte altre istituzioni o attività che hanno dovuto subire la chiusura nel periodo di maggiore diffusione del Covid-19, anche per i cinema riaprire sarà molto più complicato di quanto sia stato chiudere. Il rispetto delle misure di sicurezza che consentono la ripresa infatti, comporta un significativo cambiamento del modello di business per gli esercenti (con una profonda alterazione delle voci di entrata e di uscita sull’attività, sia in termini relativi che assoluti), ma anche dell’esperienza stessa dell’andare al cinema per il pubblico (con la mascherina, aspettando che la sala sia stata sanificata tra uno spettacolo e l’altro, senza poter mangiare popcorn o bere, con posti assegnati a distanza). Tutto questo, infine, non tarderà a condizionare la stessa produzione di film, che presumibilmente si indirizzerà – concorrendo a determinare anche le sorti delle sale stesse – verso quegli sbocchi che si prospettano in grado di garantire un futuro al mondo del cinema. Come avviene in ogni altro settore della società, dunque, questo è il momento in cui si definiranno gli elementi chiave di un nuovo contesto che presumibilmente avranno un impatto per decenni. E come per ogni altro settore della società dunque, il modo in cui questo avverrà – ad esempio favorendo l’esasperazione della fruizione individuale, o invece trovando modi per sostenere il cinema come “rito collettivo” – dipende da quale idea si abbia e si voglia proporre per il futuro, del rapporto tra il cinema e la società. Cercando di dare il nostro piccolo contributo a questa discussione abbiamo deciso di dedicare questa settimana alla centralità della sala cinematografica e di farlo occupandoci di alcuni film che – ciascuno a modo proprio – hanno messo al centro l’esperienza del cinema al cinema.
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