Una intima convinzione, di Antoine Raimbault (2019)

di Bruno Ciccaglione

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È innanzitutto un ammonimento, questo primo lungometraggio di Antoine Raimbault, ispirato ad una vicenda giudiziaria che suscitò un certo clamore in Francia, un ammonimento legato al concetto di “intima convinzione”. A partire dal racconto del caso giudiziario che è al centro del film – una donna scompare, suo marito è accusato di averla uccisa e subisce un processo che è anche una gogna mediatica – a Raimbault interessa sottolineare che dietro la formula giuridica dell’intima convinzione (in Italia il “libero convincimento del giudice”) non può esserci l’arbitrio, per lo meno nelle aule di giustizia. Eppure questo tratto, tipico di un cinema civile che ha nobili tradizioni, non si traduce in un appello alla “ragione”, al “diritto”, alle regole della “legge”. Invece il film si sforza di sottolineare come la passione umana delle persone che agiscono per senso di giustizia, che lottano senza tregua perché hanno raggiunto la propria “intima convinzione”, sia una forza importante, che bisogna sì maneggiare con le pinze, ma senza la quale forse un giustizia giusta non è possibile.

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Il film – dal 30 luglio distribuito in Italia dalla Movies Inspired e che abbiamo visto in anteprima – è costruito attorno a due personaggi chiave che in qualche modo rappresentano proprio questi due poli, l’intelligenza emotiva da una parte e quella razionale dall’altra: Nora (Marina Foïs), che è legata alla figlia della donna scomparsa e che è stata giudice popolare nel primo grado del processo, e che è convinta dell’innocenza del marito, si getterà a corpo morto in questa indagine, collaborando alla difesa dell’imputato e mettendo in gioco tutto (affetti, lavoro, salute); Eric Dupond-Moretti, un avvocato di fama (Olivier Gourmet), che d’altra parte continuamente deve confrontarsi con il sistema giudiziario, le sue regole, le sue prassi, la sua razionalità. I due lavoreranno insieme, tra scontri, reciproco apprezzamento e difficoltà di comunicazione. L’interpretazione dei due attori è notevole, anche perché Raimbault riesce a costruire due personaggi a tutto tondo, ciascuno con le sue forze e le sue debolezze, le sue convinzioni e le sue incertezze.

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Se il ruolo di Dupond-Moretti è però la messa in scena di un personaggio reale (l’avvocato che seguì il caso e che oggi è il Ministro della Giustizia francese), il personaggio di Nora, la protagonista del film, è un personaggio di finzione, costruito con sapienza e la cui complessità psicologica rappresentava la sfida principale da affrontare per il regista. Non a caso Raimbault ha raccontato che la premessa indispensabile per la realizzazione del film fosse legata proprio al trovare l’attrice giusta per questa parte. Marina Foïs ha saputo cogliere la complessità del suo ruolo e la sua interpretazione è davvero essenziale alla buona riuscita del film.

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Con uno stile asciutto ed un approccio realistico il film risulta una prova riuscita. In tempi come i nostri, in cui imperversano le gogne mediatiche – siano esse riservate a “poveri cristi” o a uomini di potere – la riflessione che l’autore ci offre è preziosa.

Il film è disponibile su Raiplay

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