Dracula di Bram Stoker (1992) di Francis Ford Coppola

di Fabrizio Spurio

“Vostri uomini impotenti con loro sciocchi incantesimi non vi salveranno dal mio potere. Io vi condanno all’eterna fame di vital sangue, e alla vivente Morte!”

La figura di Dracula ha attraversato la storia del cinema dai suoi albori. Dracula apparve per la prima volta, sotto il nome di Conte Orlok, nel 1922, nella pellicola muta espressionista diretta da Friedrich Wilhelm Murnau. Il film era “Nosferatu il vampiro”, e la vicenda fu spostata, rispetto al libro originale di Bram Stoker scritto nel 1897, da Londra a Wisborg in Germania. Questa variazione servì a Murnau per evitare di pagare i diritti del libro, ma la vedova di Stoker riuscì, grazie ad un’azione legale per plagio, a far distruggere le copie della pellicola. Fortunatamente alcune copie si salvarono, e la vicenda del Conte Orlok è stata ammirata da milioni di spettatori nel mondo. Si deve poi alla casa di produzione americana il secondo grande incontro cinematografico tra il conte ed il pubblico. “Dracula” diretto nel 1931 da Tod Browning, porta sullo schermo l’adattamento teatrale del romanzo, dando la parte del vampiro al Bela Lugosi, l’attore che lo aveva lungamente interpretato al cinema. Il film ebbe un successo enorme, inaugurando la grande epoca dell’horror di marca Universal. Si dovette attendere fino al 1958 per avere una valida rilettura del mito per mano di Terence Fisher, che per la Hammer Film inglese, realizza “Dracula il Vampiro” lanciando sullo schermo l’icona horror Cristopher Lee, che da quel momento, nell’immaginario collettivo, fu l’incarnazione del principe vampiro. Il dominio della figura del conte rimase nelle mani della Hammer fino al 1979, anno in cui videro la luce altre due grandi pellicole dedicate al mito transilvano. Il “Nosferatu, principe della notte” di Werner Herzog, con Klaus Kinski nei panni del conte, è una dolorosa e lacerante rivisitazione del “Nosferatu” di Murnau, anche se qui il vampiro si riappropria del suo nome originale. Questa versione del Nosferatu è una pellicola estremamente pessimistica e malinconica in cui il dolore dell’eterna esistenza del conte prende forma nelle profonde espressioni e nella grandezza di Kinski. L’altro film dell’anno è il “Dracula” di John Badham, in cui il ruolo del conte, estremamente dandy e affascinante, è interpretato da Frank Langella, che dovrà scontrarsi con la scienza del dottor Van Helsing interpretato da Laurence Olivier.

Nel 1992 la società American Zoetrope di Francis Ford Coppola, si trova sull’orlo della bancarotta. Coppola decide così di prendere in mano il progetto del film, e decide di intitolarlo “Bram Stoker’s Dracula” per distaccarsi completamente dalle altre versioni che negli anni si erano fatte del romanzo. Ma in realtà alcune variazioni rispetto al testo ci sono anche in quest’opera. Prima tra tutti il film punta il suo centro sulla struggente storia d’amore tra Vlad Tepes, detto Dracula (Gary Oldman) e la sua amata moglie Elisabetta. Nel prologo, ambientato nel 1462, dopo il suicidio di lei, che lo credeva morto in battaglia contro i turchi, Dracula rinnega la Chiesa e la Croce. In quel momento la sua anima è dannata, dalla croce profanata sgorgano litri di sangue, sarà proprio quella la dannazione di Dracula, quel sangue da lui rinnegato è destinato a divenire il suo unico nutrimento. L’azione si sposta nel 1897. Dracula ritrova la sua amata Elisabetta nella persona di Wilhelmina “Mina” Murray (Winona Ryder), futura sposa di Jonathan Harker (Keanu Reeves), agente immobiliare giunto in Transilvania per vendere alcune residenze a Londra al conte. In realtà il conte sfrutterà queste diverse residenze per creare dei luoghi dove potersi nascondere. In un primo tempo il conte è un uomo anziano, centenario, che vive da solo nel suo enorme “vetusto” castello, con l’unica compagnia di tre donne, tre vampire designate come le Spose di Dracula (rispettivamente Monica Bellucci, Michaela Bercu e Florina Kendrick), i lupi, e zingari vagabondi che stazionano nei pressi del castello. In realtà Dracula vive nella solitudine del ricordo di Elisabetta, ed i suoi sentimenti sono così grandi, così potenti che hanno preso la forma esterna della sua ombra.

L’ombra di Dracula è un personaggio a parte, un’entità capace, con il suo muoversi autonomamente rispetto al corpo che dovrebbe proiettarla, di esprimere i veri sentimenti del suo padrone. Un essere che vuole vivere la sua diafana esistenza in tutta libertà, un po’ come faceva l’altra famosa ombra, quella di Peter Pan, anch’essa desiderosa di vivere la sua realtà in autonomia.

Il castello di Dracula è un luogo al di là delle convenzioni fisiche dell’universo. Dracula stesso è un’aberrazione nell’esistenza dell’uomo. E’ il peccato incarnato al di fuori delle regole della natura, il nosferatu, non morto. All’interno della costruzione transilvana la fisica ha leggi proprie. I topi corrono sulle travi del soffitto, ma a testa in giù, così come la boccetta, aperta da Arker, goccia il suo liquido contenuto verso il soffitto, e non a terra. I corpi stessi dei vampiri rifiutano le leggi dell’anatomia: Dracula, le sue spose e Lucy (Sadie Frost, vampirizzata dal conte), si muovono quasi deformando i loro arti interni. Le loro braccia si allungano a dismisura, i corpi si muovono in pose e scatti sincopati.

Il vampirismo è visto come un’epidemia simile alla peste: in una scena Dracula, braccato da Van Helsing (Anthony Hopkins), trasforma il suo corpo in un branco di topi, chiaro simbolo della pestilenza dilagante. Il potere di Dracula però deve fermarsi davanti all’amore sconfinato per Mina. E’ lei che lo obbliga a trasformarla nella stessa creatura che lui è. Dracula vorrebbe evitarle questa condanna: un essere puro come lei, la luce di tutte le luci, come la descrive Van Helsing, non merita di vivere in un regno di ombre, parassita dell’uomo e odiato da tutti. Ma l’amore di Mina è altrettanto forte da accettare quella condanna. Harker, per Mina è l’amore puro, sincero, pulito, protettivo, ma l’amore di Dracula è diverso: è la passione che scuote l’anima, è il desiderio e la fedeltà che “supera gli oceani del tempo”. E’ la libertà del sentimento che va oltre le regole dell’umano per farsi eterno.

Ma dentro di sé, nel profondo, Mina capisce che è un sentimento blasfemo. Ma comprende anche il devastante dolore che alberga nel profondo del cuore ferito del suo principe transilvano. In una sequenza, Dracula, di fronte ai suoi nemici, trasfigurato in un gigantesco pipistrello, dichiara ai suoi inseguitori, che osano brandire la croce, che il loro Dio lo ha ridotto nel mostro che è davanti ai loro occhi. Lui, potente condottiero, difensore della Chiesa, costretto a rifuggire proprio da quei simboli che con tanto ardore era stato chiamato a difendere contro i miscredenti turchi. E’ naturale che solo Mina, alla fine del film, potrà uccidere definitivamente Dracula, perché solamente il suo grande amore per lui sarà in grado di riportare la pace nel cuore del mostro per poterlo così riportare ad essere uomo, nell’ultimo atto della sua esistenza. Dracula, con l’amore di Mina, ritrova quella pace, quel perdono che gli permetterà di tornare dalla sua Elisabetta.

Quasi opposto a Mina il personaggio di Lucy (Sadie Frost), vampirizzata dal conte, che si trasforma, una volta contaminata, da ragazza dolce ma libertina, in una vera e propria incarnazione della sensualità. E’ come se il morso del vampiro avesse in sé il potere di esaltare quello che di più nascosto esiste nell’animo umano. Il vampiro, l’essere defunto, che in realtà esalta la vita. Non a caso la morte di Lucy sarà estremamente violenta, costruita in un montaggio parallelo con le inquadrature del matrimonio tra Mina e Harker. Mentre i due sono di fronte all’altare, Dracula, in forma di lupo, colpisce Lucy. Nell’atto estremo il sangue esploderà nella stanza.

Alla nobiltà del principe rumeno, con tutta la sua potenza, fa da contraltare Van Helsing, lo scienziato, l’uomo illuminato, ma che al tempo stesso non rifiuta il sovrannaturale. Conosce l’essere con cui ha a che fare, e sa che il potere maggiore di Dracula è proprio nel rifiuto dell’uomo a credere che un simile mostro possa camminare tra i mortali. Van Helsing è pragmatico, a tratti quasi folle nella sua sicurezza di sapere cosa fare. Il confine tra scienziato e esorcista è molto labile e in lui le due figure si fondono perfettamente. Hopkins delinea un personaggio quasi folle, volgare, a tratti assurdo, ma è proprio per questo che Van Helsing è l’unico in grado di sconfiggere Dracula, come lui infatti è un uomo che vive al di fuori delle regole. Il film, visivamente, è una vera opera visionaria. Coppola utilizza per la pellicola trucchi prettamente cinematografici. Non vuole ricorrere al computer per le sue meraviglie visive, e rispolvera tutto l’armamentario ottico dei trucchi cinematografici prima dell’epoca del cinema digitale. Il viaggio in carrozza di Harker verso il castello del conte è’ un susseguirsi di sovrimpressioni, modellini, truka (la macchina utilizzata, prima del computer, per la realizzazione dei trucchi ottici). Si avvale di particolari tecniche di ripresa per dare alle scene una valenza perturbante. Nel castello di Dracula fa uso di inquadrature dalle prospettive falsate per poter avere punti di ripresa per la macchina innaturali. Quando Dracula striscia sul muro esterno del castello, sfruttando il vecchio trucco del muro orizzontale con la telecamera messa in un dato punto da farlo sembrare verticale, l’illusione è perfetta.

Il castello, un ambiente altamente simbolico, centro del potere di Dracula, è anche esso un’emanazione del mostro. La sua sagoma, che si staglia nel cielo, è quella di un uomo seduto su un trono, in attesa della sua preda. Le immagini dei paesaggi, estremamente suggestivi, realizzati anche con la vecchia tecnica del matte painting (pitturare parte della scenografia, solitamente ambienti fantastici quali castelli, astronavi o altri edifici che sarebbe troppo costoso realizzare dal vero, su lastre di vetro, con effetto estremamente realistico, per poi aggiungerle, tramite procedimento di stampa in laboratorio, sulla pellicola del girato; una composizione di immagini). Inoltre Coppola ha l’accortezza di ambientare il film nel 1897, e cioè due anni dopo che ci fu la prima proiezione pubblica di un film nel storia del cinema, avvenuta il 28 dicembre 1985 a Parigi, quando i fratelli Lumière proiettarono una pellicola stampata, al Gran Cafè del Boulevard de Capucines al primo pubblico pagante. Per Coppola è quindi anche l’occasione di celebrare a suo modo la nascita del cinema, dai primi spettacoli delle ombre cinesi, come appare nel prologo ambientato nel 1462, nella piana di soldati turchi impalati, sagome nere su sfondo rosso;

mostrando anche, in un’inquadratura, quella che era stata l’antesignana del cinema, la lanterna magica, quando nella sequenza proprio all’interno del cinema, vediamo una donna trasformarsi in uno scheletro. Ma è anche una sorta di ammonimento per i personaggi. Mina e Dracula sono in qual cinema, mentre un lupo, fuggito dallo zoo, irrompe nella sala portando il panico tra i presenti. Dracula comanda la lupo di fermarsi, ed invita Mina a carezzarlo, lei cede a quel gesto, e carezza l’animale con passione. Il momento in cui cede all’amore passionale per il suo principe è sancito in questo gesto.

I costumi rendono la pellicola ancora più immaginifica, di un gusto orientale con forti richiami all’arte giapponese fusi all’estetica dei quadri di Gustav Klimt, dovuti al talento della costumista Eiko Ishioka, giustamente premiata con un Oscar. La splendida veste rossa indossata dal conte nel suo palazzo, con il lungo strascico quasi a simboleggiare la scia di sangue che lascia dietro di sé, ma anche la maestosità della sua figura. Lo stesso rosso che indossa Lucy, espressione della sua passione carnale nel momento in cui viene posseduta dal vampiro in sembianze di lupo. E sempre Lucy, ormai morta, ma non-morta, seppellita con quello che doveva essere il suo sfarzoso abito nuziale, che ne fa di fatto, dopo la sua trasformazione in vampiro, una “concubina del demonio”. Un altro, meritatissimo Oscar, è stato assegnato al trucco di Greg Cannom, che ha saputo creare le mostruose incarnazioni del vampiro, come pipistrello e come lupo.

Una menzione meritano anche le splendide musiche composte da Wojciech Kilar, che mescolano musica orchestrale a suoni animali portando a livelli ancora più alti lo straniamento dello spettatore. Composizioni cupe di profondo stile gotico, si alternano a melodie struggenti . Una nota merita il tema finale dei titoli di coda, la bellissima “Love Song for A Vampire” composta ed interpretata da Annie Lennox, romantica ballata che chiude degnamente un’opera densa di passione, sangue ed amore.

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