di Laura Pozzi

Denzel Washington un uomo, un attore, una garanzia. Non sempre di altissima qualità, è vero, ma la sua classe, il suo talento e perché no il suo fascino (ma non è questo il caso) sono in grado di trasformare un film facilmente dimenticabile in un buon prodotto d’intrattenimento. A confermare ancora una volta la sua straordinaria versatilità e quel trasformismo capace di plasmare ogni pellicola a sua immagine e somiglianza ci pensa End of justice – Nessuno è innocente di Dan Gilroy, interessante e già acclamato regista de Lo sciacallo – Nightcrawler. Il film, un legal-thriller in piena regola non brilla certo per originalità, ma riesce comunque a incuriosire e coinvolgere nonostante le evidenti lacune narrative dovute alla piattezza di un plot spesso tirato via.

L’inquietante incipit giocato sul filo del flashfoward è abile nel creare inizialmente un clima di sana tensione narrativa. Una voce fuori campo informa lo spettatore che un uomo a noi sconosciuto ha infranto la legge e merita di essere punito. La misteriosa identità ruota intorno alla sghemba e imbolsita figura di Roman J. Israel (Denzel Washington), un avvocato di Los Angeles rude e impenetrabile in continua modalità off con il mondo circostante. Costantemente isolato nel suo Ipod ( non si fatica a capire il perchè vista l’eccellente colonna sonora) sembra interfacciarsi con la realtà grazie all’ossessivo, ma provvidenziale ascolto di musica soul e funky. La sua anima outsider risplendente di sani principi e zero compromessi contro ogni forma d’ingiustizia (soprattutto verso i più deboli e bisognosi) viene seriamente messa in discussione quando il socio in affari William Jackson viene colto da infarto e ricoverato d’urgenza in ospedale. Trovandosi improvvisamente privo del suo uomo guida, lo spaesato Roman dovrà accettare l’indigesta presenza del nuovo arrivato George Pierce (Colin Farrell), freddo e impassibile difensore, nonchè pupillo dell’ormai defunto caposquadra. La forzata convivenza, come facilmente intuibile, non è tra le più incoraggianti, ma alle volte non tutti i mali vengono per nuocere e Roman dovrà inaspettatamente confrontarsi con un sinistro, ma redditizio lato oscuro emerso grazie al cinismo dell’odiato collega.

Un lato oscuro subdolo e incantatore che lo invita a guardare la vita da una diversa prospettiva, a spogliarsi di quell’assurdo look anni ’70, a concedersi la possibilità di un nuovo amore, a compiere discutibili azioni in netto contrasto con i suoi ferrei principi. Ma la natura umana si sa non è tra le cose più prevedibili e affidabili del mondo, per questo non sorprende ritrovare il nostro fool vestito a puntino e in grande spolvero pronto a godersi i frutti di una cospicua ricompensa ottenuta in modo tutt’altro che onorevole. Certo il film seppur in modo superficiale e approssimativo pone una questione di scottante attualità mostrando quanto sia difficile nella società odierna preservare e difendere la propria integrità. Roman nonostante le buone intenzioni non riesce a restare immune da un sistema marcio e corrotto, perché alle volte è proprio dura tener fede agli ideali e non mettere in discussione le proprie convinzione in nome di una svantaggiosa purezza.

Dan Gilroy dopo il suo fulminante esordio fatica a rispettare i pronostici, compiendo un passo falso rispetto alla pellicola precedente. Ma nonostante il film si perda in più direzioni risultando a tratti schematico e drammaturgicamente poco compatto resta una delle interpretazioni più inedite e convincenti di Denzel Washington giustamente candidato ai premi Oscar nel 2018. Non solo, Gilroy probabilmente è un regista che ne avrà di tempo per affinare le proprie potenzialità, ma ora resta innegabile la vocazione nel tirare fuori il meglio dai suoi interpreti. E non parliamo solo di Washington, ma anche di Jake Gyllenhaal ne Lo sciacallo (forse la sua migliore interpretazione) e soprattutto di Colin Farrell, finalmente in grado di esprimere un talento alle volte offuscato da un’esplosiva e a tratti ingombrante fisicità messa al servizio di ruoli non sempre memorabili. Il suo misurato ed incisivo George Pierce riesce a tener testa con eccezionale tempismo a un attore incontenibile capace di rendere credibile e accattivante una storia che avrebbe meritato ben altra fiducia e impegno.

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