di Fabrizio Spurio
“A nome di Walt Disney, di Leopold Stokowski e di tutti gli altri musicisti ed artisti il cui talento ha contribuito alla creazione di questo film: Benvenuti a Fantasia!”

Il 13 novembre del 1940, presso il Broadway Theatre di New York, venne presentato al mondo Fantasia. Per Walt Disney questo film rappresentava il vertice della sua arte, nel vero senso della parola. Non si trattava di un film semplice, una storia che potesse coinvolgere adulti e bambini con la sua trama ed i suoi personaggi, ma quello che lui definiva uno spettacolo puro, l’essenza del cinema, musica e immagini. Il progetto era nato nella mente di Disney nel 1936. All’epoca la star dello studio era diventato Paperino, che con i suoi cortometraggi aveva messo in ombra il “collega” Topolino. Il pubblico sembrava essersi affezionato a questo papero irascibile, molto vicino nel carattere e nello spirito all’uomo comune, a differenza di Topolino, che rappresentava la somma dei valori morali dell’uomo. Disney decise allora di rinnovare la popolarità della sua creatura principale creando una “Silly Symphonye” adatta a lui. Le Silly Symphonies erano cortometraggi animati su base musicale, senza dialogo, che servivano allo studio come terreno di sperimentazione per nuove tecniche di animazione, tecniche che poi venivano sviluppate per i lungometraggi. In questo caso però l’episodio dedicato a Topolino doveva essere uno speciale per il quale Disney non avrebbe badato a spese. Decise di contattare il celebre direttore d’orchestra Leopold Stokowski, e di creare con lui un episodio animato basato sul classico “L’Apprendista stregone” composto da Paul Dukas per la leggenda omonima scritta da Goethe.

Per l’occasione ci sarebbe stato anche un restyling di Topolino stesso. Fino a quel momento, infatti, il topo aveva ancora un aspetto legato ai primi corti animati. Si puntò soprattutto agli occhi, che ancora erano due enormi cerchi con le pupille nere. Si volle quindi creare una sorta di pupilla dentro la pupilla, ammorbidendo i tratti del volto. Per eseguire il pezzo musicale Disney volle l’orchestra di Filadelfia. I costi di produzione erano ormai esagerati per un solo cortometraggio, quindi Disney decise di riunire insieme altri cortometraggi animati per trasformare quel corto in un lungometraggio. Il titolo scelto fu Fantasia, e Disney sperava così di portare la musica classica alla gente. Venne ingaggiato il compositore e critico musicale Deems Taylor per presentare i pezzi che avrebbero composto questo “concerto filmato” (come era stato all’inizio intitolato il film).
L’opera si apre con la “Toccata e Fuga in Re minore” di Bach. Un esperimento di astrattismo con immagini, colori, forme geometriche e non, che si muovono e si inseguono sullo schermo, quasi a voler materializzare i suoni della musica. Un esperimento di astrattismo per il quale venne coinvolto anche Oskar Fischinger, che aveva già sperimentato, autonomamente, animazioni astratte.

Segue poi la “Suite dello Schiaccianoci” di Čajkovskij. Gli animatori immaginano un susseguirsi delle stagioni incarnandole in spiriti dei boschi, fate, fiori dalle sembianze umane, sinuosi movimenti di pesci dalle fantasmagoriche pinne. Un trionfo di delicatezza e poesia che si sublima nel finale con il “Valzer dei Fiori”, quando le piccole fate dell’inverno cristallizzano nel ghiaccio foglie e fiori. In questa sequenza si possono ammirare anche sperimentazioni di riprese particolari: il passo finale delle fate “cristalli di neve” richiese infatti una particolare tecnica di ripresa in quanto i cristalli delle fate, usati come dei tutù, sono in realtà creati dal vero, con precisi cristalli ricostruiti in studio e poi inseriti nell’animazione dei corpi delle fate.

Viene poi il momento del celebre “Apprendista Stregone” di Dukas. Topolino, allievo di un mago chiamato Yen Sid (e si suggerisce di leggerlo al contrario per capire il gioco di parole), decide di usare il cappello magico del suo padrone per poter svolgere con più facilità i lavori domestici. La magia sfugge però alle sue mani inesperte, causando l’allagamento del castello. Solo l’intervento del potente Yen Sid potrà rimettere a posto le cose. Il cortometraggio è perfetto. Topolino, rinnovato nell’aspetto, si muove in un ambiente che dosa sapientemente zone di oscurità e di luce. Le animazioni sono estremamente ricche, quando Topolino nel suo sogno di onnipotenza immagina di comandare gli elementi, ma soprattutto nella seconda parte del cortometraggio, quando un esercito di scope irrefrenabili continua a versare acqua all’interno delle sale del castello. Animazioni complesse per l’epoca, con le centinaia di scope, con i giochi d’acqua, le onde, i turbini. Un vero kolossal in miniatura per il rilancio di Topolino.

Segue il frammento della “Sagra della Primavera” di Stravinskij, unico compositore vivente al momento della realizzazione del film. Quella che doveva essere una danza tribale diventa, per gli animatori dello studio, una visione della nascita della vita sulla Terra sino all’estinzione dei dinosauri. Il cortometraggio risulta essere molto realistico nella sequenza dei fatti, dalla formazione delle terre emerse, in un tripudio di lava e acqua, fino alla formazione dei primi esseri unicellulari per poi arrivare ai dinosauri. Creature disegnate anatomicamente in modo impeccabile.
In questo cortometraggio non troviamo la goffaggine di Pluto o l’ironia dei sette nani. I dinosauri sono realistici, lo spettatore percepisce la massa e i muscoli dei loro corpi, e lo scontro tra lo stegosauro e il tirannosauro è altamente drammatico. Come drammatiche sono le sequenze della morte dei dinosauri, durante una marcia che li porterà a soccombere per la siccità. Il sole sembra bruciare anche sul volto degli spettatori.

Dopo questo episodio tanto duro ecco la leggerezza e la poesia della “Pastorale” di Beethoven, ambientata ai piedi del monte Olimpo, in un susseguirsi di immagini bucoliche interpretate da centauri e centaure innamorate, famiglie di Pegaso alati, unicorni e fauni in una danza che vede protagonista Bacco. Una tempesta con cui Giove decide di rovinare la festa, ma alla quale segue la serenità di Iride, dea dell’arcobaleno, di Apollo con il suo carro del Sole al tramonto, e di Notte che con il suo manto offre a Diana un cielo dove far brillare le stelle del suo arco. La libertà cromatica di questo episodio è una gioia per gli occhi. Scompare il naturalismo, tanto che molti cespugli avranno foglie con i colori rosa delle fragole, o i blu e viola delle more. Gli stessi personaggi hanno colori innaturali per rendere più sognante il tutto. Questa sequenza ha anche delle particolarità: le centaure infatti, per la prima volta nella storia di uno studio di solito estremamente puritano, hanno il seno scoperto. In più, nella prima edizione, appariva anche una centaura di colore che faceva da serva alle altre. Per evitare accuse di razzismo lo studio decise di far sparire, nelle edizioni successive del film, tale centaurina.

A questo segmento segue poi l’ironica “Danza delle ore” di Ponchielli. Un balletto classico interpretato da struzzi, ippopotami, elefantesse e coccodrilli, tutti impegnati a rappresentare i quattro momenti del giorno. Disney però sapeva che il divertimento sarebbe mancato se i movimenti dei personaggi non fossero stati realistici, quindi invitò gli animatori a studiare i passi di danza di vere ballerine classiche. Ne risulta una sequenza divertente e spassosa.

Il termine del programma musicale è dato dall’accoppiamento di due pezzi estremamente opposti: “La Notte sul Monte Calvo” di Mussorgskij e l’“Ave Maria” di Schubert.
E quindi ecco ora presentarsi a noi il vero Male: Chernabog, il diavolo, magistralmente e spettacolarmente animato da Vladimir Peter “Bill” Tytla.
Il tutto ha inizio sul Monte Calvo, vetta che geograficamente si trova presso la città di Kiev, tradizionalmente sede di vicende di stregoneria. All’inizio si vede la montagna maledetta dominare il villaggio sottostante con la sua mole, e solo più tardi ci si rende conto che la sommità della montagna è in realtà il demonio addormentato, avvolto dalle sue immense ali. Le anime dei morti andranno verso di lui, incontrandosi con altri fantasmi, goul e abitatori di tombe avvolti nei loro sudari, cavalieri spettrali ed esseri assurdi, pronti a far gioire il loro signore e padrone. Chernabog porta avanti il sabba divertendosi a suo piacimento, mentre nel villaggio sottostante nessuno è in strada, nessuno osa affacciarsi alle finestre, perché è la notte delle streghe (la notte di Valpurga, quella in cui è ambientata la sinfonia ed il cortometraggio, tra il 30 aprile e il 1 maggio).

I colori del cortometraggio non sono cupi, anzi, sono vivaci, ad evidenziare la follia che dilaga senza controllo, senza freni, un’orgia di danze di esseri assurdi, che si muovono scomposti e sgraziati: tra gli altri vediamo ballare, in modo goffo, anche capre, maiali e cani. Siamo lontani dalla precedente raffigurazione disneyana del diavolo, che risale al 1934, nel cortometraggio The Goddess of Spring, dove Plutone appariva sulla terra per rapire Persefone. Anche in quel caso il diavolo appare tra le fiamme, circondato da piccoli demonietti che gli fanno da scagnozzi, ma più che altro si trattava in realtà dell’approfondimento dello studio per l’animazione della figura umana, banco di prova per la di lì a breve realizzazione di Biancaneve. Comunque anche in questo corto si respira una certa spettacolarità, e forse gli animatori ne hanno tenuto conto, nel creare le cupe atmosfere del Monte Calvo. Ma si respira forte un’aria di classicismo: ne dovremo fare di strada per arrivare alla visionarietà ed alla forza espressiva ed emotiva che permea il cortometraggio con Chernabog.
Si nota anche una dose di spudoratezza, inusitata fino a quel momento, in quanto, in alcune veloci inquadrature, si vedono le arpie in volo anche qui a seno nudo. Al suo apice il sabba diventa quasi psichedelico: il fuoco muta di colore, dal giallo e arancio naturale varia al verde, all’azzurro, e si confonde con le volute di fumo blu o verde, e i corpi degli spiriti cambiano di conseguenza, dal marrone al blu. La contaminazione del male non risparmia nessuno, e tutti sono presi dall’ebbrezza del ballo diabolico.

Ma come sempre tutto ha una fine, e anche l’orgia diabolica giunge al termine, mentre nell’aria suonano le campane della chiesa che annunciano l’approssimarsi dell’alba, del sole salvifico. Ed ogni rintocco di campana lancia un bagliore che quasi acceca Chernabog. L’alba porta con sé la speranza di una rinascita nel Bene simboleggiato dalla luce; parte così la dolce musica dell’Ave Maria, in una sequenza eccezionale in quanto tutto il finale di questo episodio risulta essere un’unica sequenza in carrellata, con la macchina da presa che penetra nel buio di una foresta/cattedrale verso uno spiraglio di luce in fondo all’immagine che, lentamente, si allarga a mostrare una foresta dai colori brillanti, i cui rami vanno a formare le arcate di una chiesa della Natura che diventa così un simbolico tempio dove l’uomo può entrare in contatto con il divino. Una sequenza stupenda realizzata dipingendo le scenografie su lastre di vetro, una dietro l’altra, poste in verticale, verso cui l’obbiettivo della telecamera carrella per dare il senso della profondità.

Disney puntava molto su questo film, tanto da creare un sistema audio da lui nominato “Fantasound”. Fece registrare la colonna sonora su piste separate, e finanziò, in alcuni cinema selezionati, un sistema di casse che circondasse gli spettatori per avvolgerli maggiormente nella musica, una sorta di antenato del dolby stereo. Ma all’uscita nelle sale purtroppo non ci fu il successo da lui sperato. Il film non incassò molto e per Disney fu un colpo molto forte. La gente non andò a vedere il film, e molti critici bollarono Disney di intellettualismo. Naturalmente fu lodata l’animazione, ma il film, in generale, fu una perdita secca per lo studio che riuscì a rifarsi solo anni dopo con Dumbo (anche Pinocchio infatti non ebbe il successo sperato). Ma in seguito, soprattutto dagli anni Sessanta, il film venne rivalutato, e nel tempo divenne il classico che tutti ormai conoscono, tanto che nel 1999, per volere di Roy Edward Disney, nipote di Walt, venne realizzato il seguito Fantasia 2000.

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