di Paola Salvati
“Per le donne è importante essere apprezzate nel momento in cui sono, senza che nessuno dica loro che per essere belle bisogna per forza avere 25 anni”, dichiara Julianne Moore in una intervista di due anni su Vanity Fair. E bella lo è, la rossa Julianne, ancor di più oggi, giorno del suo sessantesimo compleanno. Attrice e scrittrice statunitense, amica delle donne, politicamente impegnata in sostegno del partito democratico, ha messo la sua bravura e la sua raffinata bellezza di origini scozzesi al servizio di teatro, tv e cinema, fino a raggiungere fama e successo. La n.2507 sulla Hollywood Walk of Fame è la sua stella.

Inizia da giovane con piccole parti nel Off Broadway, mentre lavora come cameriera nella Grande Mela, dove arriva dopo essersi laureata in teatro presso l’Università di Boston. Passa attraverso serie televisive (il doppio ruolo nella soap opera Così gira il mondo le varrà un Emmy Award nel 1988) e primi ruoli cinematografici marginali (dal debutto del 1990 ne I delitti del gatto nero a La mano sulla culla, Body of Evidence – Il corpo del reato e Benny & Joon), prima di raggiungere la notorietà.
Ottiene i primi riconoscimenti venendo candidata all’Independent Spirit Awards per America oggi di Robert Altman nel 1994 e due anni dopo per Safe di Todd Haynes, entrambi le volte come miglior attrice non protagonista. Proprio per Todd Haynes diventerà attrice simbolo, presente in quasi tutti i suoi film.
I primi successi internazionali arrivano con Nine Months – Imprevisti d’amore(1995) e Il mondo perduto- Jurassic Park(1997), entrambi film con ottimi incassi al botteghino. La prima candidatura all’Oscar la ottiene nel 1998 come miglior attrice non protagonista per Boogie Nights – L’altra Hollywood, di Paul Thomas Anderson, e due anni dopo come miglior attrice per Fine di una storia. Recita poi in La fortuna di Cookie, Un marito ideale e Magnolia, dove torna ad essere diretta da Anderson. Nel 2003 ottiene una doppia candidatura all’Oscar, come miglior attrice per Lontano dal paradiso, ancora sotto la regia di Haynes (per questa interpretazione riceverà la Coppa Volpi al Festival di Venezia) e come non protagonista per The Hours, ma anche questa volta non le viene assegnata l’ambita statuetta. Sarà la Presidentessa Alma Coin nel terzo capitolo del film Hunger Games nel 2013. Ma nel 2014, dopo il ruolo da protagonista in Maps of The Star, (Prix d’interprétation féminine al Festival di Cannes), interpreterà il ruolo di Alice, una donna a cui viene diagnosticato l’Alzheimer, in Still Alice, che le regalerà il Premio Oscar come miglior attrice protagonista, oltre a Golden Globe, BAFTA e Screen Actors Guild Award.
Nel 2017 è in un altro film di Haynes, presentato al Festival di Cannes, La stanza delle meraviglie e affianca Matt Damon in Suburbicon di George Clooney, pellicola che tratta del problema del razzismo negli anni ’50, presentato in concorso alla 74ª Mostra del Cinema di Venezia.

Vive lontano dai social, nonostante la sua aura da diva, immersa nella vita familiare, dal 2003 assieme al suo secondo marito, il regista Bart Freundlich, e i suoi due figli Caleb e Liv, ma sempre pronta a scendere in piazza per lottare contro le ingiustizie: per sostenere le donne ha posato più di una volta in biancheria intima per la campagna pubblicitaria della Triumph, contro i limiti dovuti all’anagrafe e alla forma fisica. Nel 2010 ha indossato i panni della dea Era per il famoso calendario Pirelli, a tema mitologico, firmato da Karl Lagerfeld.
Per lei il complimento più grande è “…quando altre donne si riconoscono nei mie personaggi. Se mi amano, è solo perché attraverso me hanno visto pezzi di loro stesse”.
Auguri, amica delle donne!
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