Moonlight (2016), di Barry Jenkins

di Roberta Lamonica

Locandina

Basato sull’opera teatrale In Moonlight Black Boys Look Blue di Tarell Alvin McCraney,Vincitore agli Oscar del 2017 nelle categorie ‘Miglior Film’, ‘Miglior attore non protagonista’ e ‘Miglior sceneggiatura non originale’, Moonlight, scritto e diretto da Barry Jenkins con Alex R. Hibbert, Ashton Sanders, Trevante Rhodes, Mahershala Ali, Naomie Harris è un film nero. In tutti i sensi. Nero perché neri sono tutti gli interpreti del film; nero perché nera è la Miami che fa da sfondo, una città sempre fuori fuoco, lontanissima dall’immagine assolata e abbacinante cui siamo abituati; nero perché la vita di Chiron, di Kevin, di Juan, di Paula, è nera, una vita ai margini della società, della cultura e della legalità; nero perché solo al buio, solo di notte l’anima nera dei figli di questa Miami sommersa può illuminarsi dell’unica luce che viene loro concessa: il blu della tristezza, delle lacrime che Chiron versa così copiosamente “che la maggior parte delle volte mi sento come se fossi una goccia”.


Non si può definire Moonlight un ‘coming of age’ movie. Nonostante la divisione tripartita di suggestiva provenienza teatrale che sottolinea e separa le tre età della vita di Chiron, è lo schermo nero che taglia le tre fasi a segnare il reale passaggio da un momento all’altro della vita del protagonista e ad anticipare l’epilogo del film.
Nella vita di Chiron bambino e adolescente c’è spazio per la saturazione del colore, dei gialli, dei rossi, dei blu, solo nelle ‘cose’: nelle barre di appoggio del treno, nelle tendine di un diner, negli incubi rossi che Chiron fa su sua madre Paula. Non c’è evoluzione verso la luce e il colore per lui, né sviluppo, né cambiamento, perché tutto è chiaro e già scritto nelle primissime fasi del film quando un Chiron bambino chiede al drug dealer Juan: “Am I a Faggot?” e subito dopo : “ You sell drug to my mum, don’t you?”, queste sono le domande per le quali cerca risposte, le sole che gli servano per andare avanti.


Da lì in poi è un proseguire e non un progredire verso un tentativo di auto determinazione e auto affermazione che potrà manifestarsi solo nel blu di un abbraccio al chiaro di luna.

“I want to be
in love with you

the same way
I am in
love with the moon

with the light
shining
out of its soul.”
(Sanober Khan)

Ecco, la sensazione che si riceve alla fine del film è che nessuna luce ‘risplenda dall’anima verso l’esterno’ ma che ci si affretti a comprimere in quell’abbraccio ciò che non ha avuto la forza di liberare in due terzi di film.

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