di Marzia Procopio
Ci sono dei film che sotto le feste non si possono non rivedere: fra questi c’è sicuramente Love actually, commedia romantica del 2003 scritta e diretta da Richard Curtis, sceneggiatore di molti film di grande successo, fra cui Quattro matrimoni e un funerale, Notting Hill, Mr. Bean (personaggio inventato da lui e Rowan Atkinson), Il diario di Bridget Jones, War horse di Spielberg, Trash di Stephen Daldry e Yesterday di Danny Boyle, e quelli da lui diretti, Love actually appunto, il suo primo, I love Radio Rock (2009) e Questione di tempo (2013). Coproduzione internazionale tra il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Francia, Love Actually incassò 248 milioni di dollari in tutto il mondo, ricevette due nominations ai Golden Globe Award – Miglior sceneggiatura e Miglior film brillante – e si è guadagnato negli anni sempre più simpatie, grazie alla sua natura di film affresco e alla sceneggiatura che mira a intrattenere con garbo e ironia, pur nella sua dichiarata, ruffiana romanticheria natalizia.

Ambientata a Londra nel mese di dicembre, cast stellare di attori inglesi con l’eccezione di Billy Bob Thornton nei panni dell’odioso Presidente degli USA, la commedia celebra l’amore con i temi che si porta dietro, come il tradimento, la speranza e la disillusione, il lutto, i legami familiari, narrando le storie di diversi personaggi alcuni dei quali collegati fra loro. Il racconto inizia cinque settimane prima di Natale e prosegue con un conto alla rovescia settimanale fino alle vacanze; un mese dopo, l’epilogo che dà al film struttura circolare. A dare il la e il ‘tono’ alla narrazione spiegando ‘il succo di tutta la storia’, è la voce off del Primo Ministro David (Hugh Grant), che quando è preoccupato o affranto per la situazione politica ed economica mondiale, si consola pensando al terminal degli arrivi dell’aeroporto di Heathrow e al puro amore, senza complicazioni, di chi si ritrova dopo un viaggio da cui è tornato diverso. L’amore, come il Natale, è ovunque, ed è l’ultimo pensiero di ciascuno: anche tutti i messaggi lasciati dalle persone che sono morte sugli aerei dell’11 settembre, ricorda David, erano messaggi di amore e non di odio.

La forza del film muove dall’equilibrio della sceneggiatura, che mescola le storie collegandole tutte in qualche modo fra loro, ad eccezione di quella della stella del rock Billy Mack, che comunque è molto conosciuto e si incrocia con gli altri personaggi nella scena finale di Heathrow, punteggiata dalle note della celebre God only knows what I’d be without you” dei Beach Boys, brano del 1966 fra i più famosi della band californiana. Tra i punti di forza del film, la colonna sonora la fa da padrona, insieme alla ritmatissima sceneggiatura, che infila trovate e battute originali una dietro l’altra e che non mostra mai momenti di stanchezza. Love actually, infatti, è diventato un classico perché sa parlare d’amore raccontando storie divertenti e soprattutto evitando le trappole della retorica melensa sul Natale, senza dissacrare ma infondendo qua e là giusti tocchi di comicità talvolta aciduli, come nella sequenza in cui il Presidente degli Stati Uniti (Billy Bob Thornton) tratta da subalterno David e molesta sessualmente ‘Pallocchetta’ Natalie, scritto avendo presenti Bill Clinton e George W. Bush. Una scena rimasta al centro dell’immaginario nazional-popolare degli Inglesi, se è vero che nel settembre del 2013 David Cameron, in un discorso in risposta al commento della Russia secondo cui la Gran Bretagna era un piccolo paese insignificante, fece riferimento all’esaltante discorso di David-Hugh Grant durante la conferenza stampa.

Lo script è sostenuto dalle prove perfette degli attori, con uno Hugh Grant mai più così in parte protagonista della scena, divenuta giustamente di culto, in cui il suo Primo Ministro David balla al ritmo di Jump (for my love) delle The Pointer Sisters. Sono comunque molte le scene irresistibili del film, dal matrimonio in chiesa di Juliet e Peter con i fiati che intonano All you need is love; la scena è ispirata a quanto avvenne durante il funerale di Jim Henson, il creatore dei Muppets: anche qui un matrimonio e un funerale – quello di Joanna, madre di Sam e moglie di Daniel – il cui commento musicale è Bye-bye baby dei Bay City Rollers, che conferisce al momento un’atmosfera leggera e sorridente come richiestogli dalla compagna. Un tema che la fantasia di Curtis aveva già presente, visto che il regista aveva già scritto la scena in cui Colin tenta di chiacchierare con la donna del catering al matrimonio per la sceneggiatura di Four weddings and a funeral, poi tagliata dalla versione finale.

La rock star in declino Billy Mack (Billy Nighy) trascina in tutte le scene, ma in particolare quella in cui suona la sua cover completamente nudo, con la sola chitarra appesa al collo. Un personaggio chiave, Billy, perché nonostante l’atteggiamento cinico e irriverente mostrato rispetto alla vita, alla cover che sta cercando di affermare sul mercato discografico, ai sentimenti, proprio lui nel corso di questo Natale cambia, diventando portatore del messaggio del film: il Natale è un momento da dedicare alle persone care, anche quando si tratta di confessare un amore impossibile come fa Mark (Andrew Lincoln) con Juliet la sera di Natale, facendo scorrere davanti ai suoi occhi i cartoncini su cui ha scritto frasi come “A Natale si dice la verità” e “Per me, tu sei perfetta”. Subito dopo la confessione, nel suo congedo da questo amore, se ne va sulle note di Here with me, primo singolo di Dido, la musicista inglese lanciata da Eminem.

Jamie (Colin Firth) e la sua governante portoghese Aurélia (Lucia Moniz) si incontrano e finiscono per amarsi nonostante le barriere linguistiche e la lontananza, finché lui non va a cercarla nel suo villaggio portoghese per confessarle i suoi sentimenti davanti a tutti; Emma Thompson interpreta, con la perfezione alla quale ci ha abituati, Karen, la sorella di David, che incassa con dignità il tradimento da parte del marito Harry (il compianto Alan Rickman) scegliendo, con una calma tutta British e la musica di Joni Mitchell a fare da sfondo emotivo, di non fare drammi a Natale. Sarah (Laura Linney) e Karl, che lavorano nella società di graphic design di Harry e Michael, non riescono a vivere il loro innamoramento appena dichiarato perché il fratello malato di lei le assorbe il tempo a disposizione.

L’amore arriva nelle situazioni più inattese, ad esempio sul set dove Jack (Martin Freeman) e Judy (Joanna Page) si innamorano chiacchierando mentre fingono di fare sesso davanti a una troupe cinematografica. Ci sono poi i personaggi che fanno sorridere, come Colin Frissel (Marshall Elisha), che decide di andare negli Stati Uniti perché lì le donne sono più disinibite, e il commesso (che doveva essere originariamente un angelo di Natale, prima di essere ridimensionato nello script finale) Rufus-Rowan Atkinson, che incarta con snervante accuratezza, inutilmente supplicato da Alan, il regalo che quest’ultimo ha comprato per la segretaria Mia (Heike Makatsch); Curtis non si dimentica nemmeno del primo amore, così Sam può imparare a suonare la batteria per sperare di farsi notare da Joanna (Olivia Olson), che canta superbamente All I want for Christmas durante il saggio della scuola.

Curtis è amante della musica, come dimostra anche un altro suo piccolo gioiello, I love Radio Rock, che celebrava il fenomeno delle radio pirata inglesi degli anni ‘60 ispirandosi in particolare alla vicenda di Radio Caroline; così la colonna sonora di Craig Armstrong diventa elemento-chiave della storia, inserendosi nella trama in maniera strutturale non solo con i classici (White Christmas, ad esempio, qui cantata da Otis Redding, scritta nel 1940 da Irving Berlin e diventata uno dei brani-simbolo del Natale) ma anche con alcuni dei maggiori successi del pop dei primi anni duemila; oltre ai brani già citati, Wherever You Will Go dei The Calling, Turn me on di Norah Jones, Like I Love You scritta da Pharrell Williams e interpretata da Justin Timberlake, e Too Lost In You delle Sugarbabes, che sottolineano gli sforzi di Sam per conquistare il cuore della sua compagna di scuola Joanna (Olivia Olson). Un paio gli omaggi: il video musicale della canzone di Christmas is all around, che cita quello di Addicted to love, successo di Robert Palmer del 19, e il fotogramma in cui si vede di sfuggita Jeanne Moreau mentre entra in un taxi all’aeroporto di Marsiglia.

Film ben girato, con scenari da cartolina londinese che ricordano Notting Hill, una leggerezza voluta che gli merita di stare nel novero dell’intrattenimento natalizio dei buoni propositi. sotto il velo della ruffianeria festiva, Love Actually a 17 anni dalla sua uscita riesce ancora a coinvolgere, grazie alla sua messa in scena delicata, ironica al punto giusto grazie soprattutto a Bill Nighy, musicista in declino, alcolista malinconico che non si fa scrupoli a ricordarci quanto il Natale, sotto la sua patina di zucchero, possa essere anche malin-comico. Il finale ad anello, che ribadisce lo spirito di questo viaggio romantico in un aeroporto, non luogo metafora delle possibilità che la vita offre se siamo capaci di aprirci agli abbracci, ci piace ancora di più oggi, perché suggellato in quegli abbracci che tanto ci mancano in questo momento storico, e che saremo più propensi ad accettare e a riconsiderare quando tutto questo sarà diventato un ricordo lontano.

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