di Roberta Lamonica
“La guerra è pace. La libertà è schiavitù. L’ignoranza è forza.”
(Slogan del SocIng)

Uno degli adattamenti cinematografici del romanzo distopico di Orwell, dopo quello del 1956 di Michael Anderson ‘Nel 2000 non sorge il Sole’ e prima del capolavoro di Terry Gilliam ‘Brazil’, del 1985. Un ottimo John Hurt nei panni di Winston Smith, volto emaciato e segnato e occhi spaventati ed acquosi e un monumentale Richard Burton come O’ Brian, calma crudele e occhi di ghiaccio nella sua ultima interpretazione prima della morte. Alla sua memoria “con ammirazione e rispetto” è dedicato il film che, a tutt’oggi, rimane la trasposizione più fedele del grande romanzo di Orwell.
Trama di Orwell 1984
Londra, 1984: la città e tutta l’ “Oceania”, uno dei tre superstati sempre in guerra tra loro in cui è divisa la Terra (Eurasia e Estasia gli altri due) è sotto il controllo del Ingsoc (Socialismo inglese). In questa città vive Winston Smith, che lavora come “riscrittore della Storia” presso il Ministero della Verità e tenta, attraverso un diario segreto, di resistere alla massiccia campagna di condizionamento psicologico attuata dal Grande Fratello, immateriale e venerata figura dominante del partito. Winston incontra per caso Julia, una ragazza più giovane e coraggiosa di lui, che vuole vivere come un essere umano e non come un automa e i due iniziano una relazione amorosa, in una casa che quasi incredibilmente per un po’ sembra sfuggire al controllo del Grande Fratello…

Orwell 1984: analisi dei temi
Orwell 1984 è un viaggio nelle angosce e nelle paure più recondite dell’umanità, un senso di costrizione e controllo che magneticamente attrae lo spettatore, trascinandolo in un vortice di paura e insicurezza. Edifici cupi e anonimi Art Deco in uno stato di degrado e decrepitudine e inquadrature che contribuiscono a creare un’atmosfera buia e lorda grazie alla fotografia di Roger Deakins (premio Oscar per Blade Runner) che usa la tecnica “Bleach bypass” per ottenere colori slavati sui toni del blu e del grigio. La vedova di Orwell non volle che venissero usati effetti speciali nel film e Radford si adeguò al bisogno della vedova di aderenza al testo letterario di riferimento tanto che decise di girare il film nel periodo in cui era effettivamente ambientato il romanzo, e cioè aprile e maggio 1984.
Strumento essenziale per avvicinare le nuove generazioni a Orwell, il film è ricalcato in modo quasi pedissequo sul libro. Radford si focalizza sull’analisi psicologica del protagonista Winston Smith, di cui segue i tormenti, le alterne vicende e i momenti di apparente libertà interiore.

Ciò che emerge prepotentemente è l’istituzionalizzazione dell’ odio verso un nemico comune, sconosciuto perciò minaccioso, rappresentato come il male assoluto, come mezzo funzionale all’adesione acritica all’ideologia dominante (quella del SicIng, il partito unico) e valvola di sfogo per le frustrazioni che una vita svuotata di senso produce. Un altro aspetto che emerge dal film è la manipolazione dell’informazione e della cultura: “Chi controlla il passato controlla il futuro. Chi controlla il presente controlla il passato.” E ancora, la definizione del Bipensiero: “Spacciare deliberate menzogne e credervi con purità di cuore, dimenticare ogni avvenimento che è divenuto sconveniente, e quindi, allorché ridiventa necessario, trarlo dall’oblio per tutto quel tempo che abbisogna, negare l’esistenza della realtà obiettiva e nello stesso tempo trar vantaggio dalla realtà che viene negata… tutto ciò è indispensabile, in modo assoluto.”
Le menti vengono controllate da un capo invisibile, il Grande Fratello, che attraverso schermi accesi continuamente mostra esecuzioni capitali spaventose, manda messaggi senza senso che vengono ascoltati come se lo avessero, modifica la lingua (neolingua) rendendola più essenziale e scarna, in modo che alcuni pensieri (come quelli di rivolta o di divergenza dal Partito, per esempio) non possano essere più pensabili, giacché non sono verbalizzabili. In questo modo le persone diventano come animali obbedienti al servizio del Partito.

In un mondo del genere non c’è spazio per l’eros o l’amore. Winston e Julia (una brava Suzanne Hamilton) vivono un amore proibito e già svuotato dalla speranza di un futuro, in cui “Ti amo” sembra suonare strano alle orecchie di Winston e il consumare un amplesso viene vissuto come un tabù aberrante e ripugnante.
Orwell 1984: la stanza delle torture
Il lavaggio del cervello per riportare Winston a uno stato di assoggettamento ‘felice’ avverrà nella famigerata stanza 101, luogo di tortura per eccellenza dove si è esposti alle proprie paure più intime e profonde. O’Brien dirà che la stanza 101 è semplicemente “il luogo in cui a ognuno può succedere la cosa peggiore del mondo. E La cosa peggiore del mondo varia da individuo a individuo”.
La tortura di Winston nella stanza 101 è quanto di più crudo si sia visto in una scena di martirio: sembra che le paure ataviche del protagonista, i suoi traumi infantili si materializzino sullo schermo e ci rendano coprotagonisti di quel dolore e quella sofferenza.

La colonna sonora degli Eurythmics, voluta da Richard Branson, patron della Virgin che produsse il film, non trovò il gradimento di Radford che non trovava adatti i suoni elettro pop del duo inglese. Il regista riuscì a trovare l’apporto di Dominic Muldowney per un risultato più convincente e appropriato al contesto squallido e impersonale del film.
Un film che volutamente non crea empatia o partecipazione emotiva, tranne in rari momenti, ma che proprio per questo risulta convincente, trasformandoci alla fine in fruitori passivi e impotenti di lezioni che come umanità sembriamo non imparare mai.

Contro ogni forma di oppressione e controllo, un film e un romanzo imprescindibili. Per una resistenza intellettuale contro tutti i totalitarismi passati, presenti e, speriamo mai più, futuri.
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