Brazil, una riflessione distopica sul Natale e sulla società

di Greta Boschetto

Brazil è un film del 1985 scritto e diretto da Terry Gilliam con Jonathan Pryce, Kim Greist, Robert De Niro e Katherine Helmond. 

“Da qualche parte nel ventesimo secolo” un televisore a tubo catodico in una vetrina natalizia di un negozio trasmette una pubblicità in mezzo ad altri televisori: poco dopo esplode. Dall’unico televisore sopravvissuto sentiamo il discorso di un alto funzionario del Ministero dell’Informazione: con un sorriso bonario sul viso, descrive i terroristi come persone che non sanno perdere e delegittima i motivi della loro lotta, parla in modo bonario e paternalistico, quasi caloroso, togliendo importanza alle critiche che gli vengono riportate, sottolineando come una riduzione delle libertà sia necessaria per aumentare la sicurezza. Insomma, un incubo fascista con il sorriso che augura agli spettatori un felice Natale. 

Nella città squallida e grigia di quel futuro, in realtà oggi molto vicino (e anche esteticamente molto lontano, dato che incarna alla perfezione gli anni ‘80), si sono raggiunti inutili comfort (come il tostapane che si attiva da solo) frantumando però le gioie e la libertà della vita del cittadino “medio”. Sam Lowry è un impiegato del Ministero dell’Informazione e conduce una vita noiosa, ordinaria e ripetitiva, con un disagio continuo, acuito anche dalle frustrazioni su di lui incanalate da una madre fanatica della giovinezza, totalmente integrata nella società del futuro. 

L’abitudine e la tristezza sono scalfite solo dalla sua immaginazione, dove incontra sempre la stessa misteriosa donna, quella dei suoi sogni. Un giorno a Sam viene dato l’incarico di correggere un errore di stampa, ma scopre che lo sbaglio ha già causato l’arresto e la morte di un certo Archibald Buttle, catturato al posto del reale ricercato, Archibald Tuttle. Quando Sam va a far visita alla vedova del defunto per consegnarle un assegno di indennizzo, vede una ragazza identica a quella che incontra sempre in sogno. L’incontro quasi fortuito, che avrà nella vita reale proprio con questa ragazza, innescherà una serie di eventi che lo porteranno a scontrarsi con l’apparato statale e con le sue assurde regole spersonalizzanti. 

Brazil è la terza opera da regista dell’ex Monty Python Terry Gilliam ed è un film di Natale-Non Natale, ambientato nel periodo delle feste e con ripetuti riferimenti al contesto “vacanza” come contrappeso e contrasto al tono e al tema della storia.

Le festività natalizie hanno una risonanza tematica in tutta la narrativa del film, contribuendo a sottolineare la logica contorta e distopica che regolamenta quel mondo del futuro.  Il Natale offre ai cittadini (lì nel futuro visto dal 1985 e qui nel presente) una distrazione dalla violenza e dalla tristezza della loro vita quotidiana. La musica natalizia suona tra gli annunci di propaganda, l’invito all’acquisto riecheggia anche nelle zone più povere e malfamate, i consumatori di shopping natalizio trascinano i loro pacchi in mezzo all’onnipresente polizia e alle truppe d’assalto: confortanti tradizioni che alleggeriscono il peso dell’orrore, abbellito con un fiocco rosso. 

Anche in una delle sequenze finali, quando Helpmann (l’alto funzionario che fa il discorso iniziale trasmesso nel negozio dei televisori) va a trovare e a interrogare Sam, non è un caso che sia vestito da Babbo Natale: dopo aver svolto i suoi violenti e omicidi incarichi governativi, inquietantemente entusiasta e di buon umore, va a distribuire regali a un gruppo di bambini orfani. 

La palese ipocrisia non viene messa mai in discussione da chi vive secondo le regole, accettando la violenza piuttosto che una vita più difficile ma più libera, più umana. 

Questa pellicola visionaria e forsennata non è solo una lezione di satira sulla società contemporanea e un ammonimento inquietantemente indovinato sui rischi di un futuro non troppo lontano, ma è anche una lacerante storia di un amore impossibile e commovente, un’irraggiungibile avventura che esalta il potere del coraggio e della coerenza, dell’immaginazione che combatte la disperazione e l’oppressione.

“Da qualche parte nel ventesimo secolo” è purtroppo molto simile a “da questa parte nel ventunesimo secolo”.

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