di Fabrizio Spurio
Parte 3
Alcuni animali…
Se Shan Yu è l’anello di transizione tra uomo e bestia, eccoci ora giunti alla bestia. L’ultima terna di cattivi presi in considerazione in questa discussione sono animali. Confrontiamo quindi le motivazioni dei tre. Partiamo da Scar dal film “Il Re Leone” del 1994, animato con partecipata eleganza e ironia da Andreas Deja. La folle brama di potere è la molla che spinge le azioni di Scar, che non si fermerà davanti a nulla. Ci troviamo di fronte ad un cattivo che comunque riscuote le simpatie del pubblico che, nonostante le sue azioni, anche le più spietate, in un certo senso lo segue. Perché Scar sa ammaliare il prossimo…

Il suo scopo principale è eliminare il nipote Simba, per poter essere lui, in linea diretta, l’erede al trono. Sottomette le iene, promettendogli vantaggi in cambio della loro fedeltà incondizionata, ed utilizzando i famelici animali architetta una prima trappola per eliminare il cucciolo. L’intervento di Mufasa, padre di Simba e attuale re della savana, manda in rotoli il piano di Scar, che decide allora di alzare la posta. Tramite una canzone, illustra i suoi progetti alle voraci iene. La canzone di Scar è particolarmente curata sia nella dinamica delle scene sia nei contenuti del testo. C’è sempre un lato ironico, ma nasconde una volontà di uccidere che non accetta compromessi. Durante questa canzone, che si svolge nel covo delle iene, una gola vulcanica tra geyser e crateri, Scar le convince a servirlo, a seguire i suoi piani corrompendo la loro volontà con la promessa di cibo illimitato.
Naturalmente le iene accettano e lo elevano a loro capo, a generale si potrebbe quasi dire, appellativo confermato anche dalla sequenza in cui marciano di fronte al loro nuovo condottiero, come un esercito tedesco, riportando alla memoria sinistri echi nazisti. Scar quindi risulta quasi aristocratico, un gran personaggio, manipolatore, astuto, che soggioga le sue vittime con il suo comportamento mellifluo, falso, mentre nella sua mente si formano disegni crudeli, calcolati al millimetro. Non rappresenta il vorace cacciatore che era stato Shere Khan, un altro felino, una tigre, animata da Milt Kahl nel 1967, da “Il Libro della Giungla”, il cui unico scopo era quello di cacciare e uccidere il “cucciolo d’uomo” Mowgli. In quel caso eravamo di fronte ad un animale potente, forte ed elegante, anche lui crudele e spietato, la cui fama era giustamente riconosciuta in tutta la giungla.

Shere Khan è il cacciatore perfetto, a differenza di Scar non si allea con nessuno, anzi, si può permettere anche di affrontare un altro pericoloso cattivo, il cobra Kaa, pur di avere il privilegio di trovare per primo Mowgli. E Kaa saggiamente si ritira in sordina, non ha possibilità contro i rasoi che Shere Khan ha per artigli. La differenza tra Shere Khan e Scar è che nel primo la minaccia e la pericolosità è suggerita, scivola fra la vegetazione come la tigre che si avvicina furtiva alla preda; mentre nel secondo assistiamo all’atto dell’omicidio in diretta, senza lasciare nulla all’immaginazione. Ma in realtà le motivazioni di Shere Khan sono più profonde: lui ha timore dell’uomo, e del fuoco che questo può produrre, quindi deve eliminare l’uomo prima che questo possa capire come creare ed utilizzare il rosso fuoco contro di lui. Naturalmente non può ammettere la sua paura, nessuno deve sapere che anche la tigre teme qualcosa. Ironia della sorte sarà proprio il fuoco, da Shere Khan tanto temuto, a sconfiggerla nella battaglia finale. Ma non sarà prodotto dall’uomo, come lui credeva, ma da un più semplice e naturale fulmine!
Per rivedere un felino totalmente bestiale, mosso dalla sola volontà di uccidere per cibarsi, dovremmo attendere il 1999. Sabor, il leopardo di “Tarzan” animato da Dominique Monfery: una furia selvaggia che decreterà la morte dei genitori del protagonista. Cercherà di completare la sua strage quando, ritrovato Tarzan ormai adulto, lo assalirà senza alcun timore. In questo momento Sabor assurge a simbolo, diventa la prova che sancirà il raggiungimento della maturità in Tarzan. Il rito di passaggio dal mondo dell’infanzia. Infatti, quando Tarzan uscirà vittorioso dallo scontro uccidendo Sabor, per proclamare la sua vittoria lancerà, per la prima volta, il suo famoso urlo, come a voler simboleggiare il fatto di aver trovato la sua strada nella vita della giungla.

Aver compreso il suo animo profondo e l’essere riuscito a vincere i timori che l’età adulta porta con sé. Affrontare Sabor vuol dire affrontare la paura dell’istinto selvaggio. Quindi la furia assassina di Shere Khan si evolve nella brama di potere di Scar per poi tornare all’istinto assassino in Sabor.
Tornando a “Il Re Leone”, nella famosa sequenza della carica degli gnu, vediamo Scar essere preciso regista di tutta l’azione, mentre gli altri personaggi diventano gli attori, le marionette che agiscono secondo quanto lui ha pianificato.
Nel momento estremo lo vedremo godersi ogni istante: dall’alto della rupe osserva la valle sotto di lui: un brulicare di zoccoli impazziti, una mandria enorme in folle fuga. Subito sotto di lui Mufasa, aggrappato alla parete con gli artigli, lottando per non precipitare in quel mare di pelo fulvo che scorre impetuoso senza controllo.
Scar lo fissa, impassibile, osserva ogni tentativo di Mufasa per riuscire a risalire il fianco ripido della gola, assapora ogni sforzo del fratello, ogni ansimo di fatica per riuscire a sopravvivere, prolungando di fatto l’attesa dell’atto finale.
Mufasa lo supplica, lo chiama fratello, come a voler rinsaldare quel legame familiare. Non può e non vuole pensare che Scar, sangue del suo sangue, lo voglia morto.
Poi l’affondo.

Scar infila i suoi artigli nelle zampe di Mufasa, e solo in quel momento il re capisce quanto sia grande l’odio del fratello. Un odio che non lascia speranza, una condanna a morte. Scar spinge Mufasa via dalla parete, nella gola, verso la morte che ha il volto, le corna e gli zoccoli di un esercito di gnu. Una volta morto Mufasa il piano di Scar prende una seconda piega, con l’accusa verso Simba, ancora cucciolo, della morte del padre. E così Simba fuggirà lontano, divorato dal senso di colpa per la morte del padre. Il regno di Scar può finalmente avere inizio. Ma sarà una reggenza fallimentare, la terra diventerà arida, e le iene cominceranno a vedere che in fondo le cose per loro non sono migliorate. Il tracollo di tutto questo regno, già fondato sull’assassinio e quindi su fragili basi, ci sarà con il ritorno di Simba. Scar proverà a puntare sul senso di colpa del leone, ma sarà inutile. Spinto a confessare il suo crimine Scar scatenerà la battaglia finale tra iene e leoni. Ma, in un faccia a faccia con Simba, vistosi messo in un angolo, darà la colpa di tutta quell’operazione alle iene. Scar di fondo è un codardo, non ha la forza fisica per affrontare un duello. Anche se alla fine, nel suo scontro con Simba (ripreso in un evocativo corpo a corpo al rallentatore, con una splendida scenografia di fiamme, quasi a sottolineare che in questo combattimento in campo c’è solo la forza bruta, l’istinto di sopravvivenza) cerca di avere la meglio, non può che soccombere alla forza del giovane leone. Buttato giù da una rupe, indebolito dallo scontro, Scar si ritroverà circondato dalle iene, che ormai non si fidano più di lui. Saranno proprio loro a fare giustizia di Scar, assalendolo e sbranandolo, mostrandoci l’esecuzione fuori campo, attraverso un gioco di ombre. Una fine terribile, degna delle sue azioni.

Con questa terna di felini termina la carrellata attraverso i volti del male secondo la Disney. Certo, ce ne sono molti altri di personaggi neri, ma questi presi in considerazione sono i più “puramente” cattivi, spietati e crudeli mai disegnati, almeno fino ad oggi. Chissà se il futuro ci riserverà altre (oscure) sorprese…
Fine.
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