Pino – Vita accidentale di un anarchico, di Claudia Cipriani (2019)

di Bruno Ciccaglione

Il documentario animato Pino – Vita accidentale di un anarchico, nato dalla collaborazione tra Niccolò Volpati e Claudia Cipriani che ne hanno scritto la sceneggiatura, riesce nella difficile sfida di raccontare la storia di Pinelli in modo diverso da come tante volte è avvenuto. Basato su una accurata ricerca storica ma anche sulla testimonianza di Claudia e Silvia Pinelli, il film è realizzato con delicato affetto e grande senso di umanità, fermezza della visione politica, nessun rabbioso rancore. Il film è disponibile su Vimeo.

Un momento di convivialità a casa Pinelli, ricostruito nel film

Parafrasando il titolo dello spettacolo di Dario Fo che raccontava la morte “accidentale” di Pino Pinelli, precipitato da una finestra della Questura di Milano durante un fermo di polizia illegale, Claudia Cipriani sceglie di partire da quella tragica notte per raccontare, più che la morte, la vita dell’anarchico milanese e di farlo a partire dal racconto delle figlie, all’epoca due bambine.

L’opera di Enrico Baj “Il funerale dell’anarchico Pinelli” nel film

Felice è la scelta degli autori di pensare innanzitutto alle giovani generazioni come destinatarie del documentario. Come ci ha spiegato la regista: “Noi volevamo scoprire chi era e cosa faceva Pinelli e abbiamo deciso di farlo attraverso il punto di vista delle figlie, che erano bambine quando il padre è stato ucciso. Seguendo il loro racconto, che diventa sempre più complesso e articolato, man mano che le due bambine crescono, anche lo spettatore che non conosce la storia riesce a entrare in un contesto così fitto e ramificato”.

I regali di natale di Claudia e Silvia Pinelli, gettati a terra durante una perquisizione della polizia

Si comincia dunque dal racconto della perquisizione della polizia in casa Pinelli. Mentre Pino è ancora vivo e in stato di fermo in questura, le figlie scoprono che Babbo Natale non esiste, dopo aver visto i propri regali di Natale nascosti negli armadi e tirati fuori dai poliziotti. Si arriverà fino al momento, quarant’anni dopo, in cui il Presidente della Repubblica Napolitano, renderà almeno l’onore all’anarchico Pinelli, includendolo tra le vittime della strage di Piazza Fontana. Un momento importante, che ha restituito dignità ufficiale a Pinelli e alla sua famiglia, che tuttavia ancora domanda giustizia.

L’incontro tra il Presidente della Repubblica e Licia e Claudia Pinelli nel 2009

Anche la scelta formale di utilizzare i disegni animati e l’effetto della “cartoonizzazione”, combinata a foto e materiali vari di repertorio, oltre che dall’esigenza di sfuggire alla forma del documentario tradizionale è chiaramente motivata dallo sforzo di comunicare con un pubblico giovane. Ma anche se Licia Pinelli e le figlie Claudia e Silvia non hanno mancato di far sentire la propria voce direttamente comparendo in numerosi altri documentari, la scelta di Cipriani di mantenerle “fuori campo” appare forse ancora più convincente nel mettere in evidenza la grande dignità che queste donne hanno mostrato e mostrano nell’affrontare una vicenda ancora lacerante.

La morte di Giuseppe Pinelli infatti è ancora una ferita aperta per chi reclama giustizia, tanto che le figlie dell’anarchico precipitato dalla finestra dell’ufficio del commissario Calabresi nella Questura di Milano il 15 dicembre 1969, hanno di recente querelato l’ex prefetto Achille Serra, per aver incredibilmente riproposto la tesi del suicidio. La dichiarazione di quello che fu uno dei primi funzionari di polizia a intervenire a Piazza Fontana nell’immediatezza della strage del 12 dicembre, è il consapevole tentativo di accreditare l’unico scenario capace di assolvere da ogni responsabilità, sia giuridica che morale, il Commissario Calabresi in relazione alla morte di Pinelli.

La dichiarazione però ha il merito di chiarire in modo stridente quanto sia ipocrita una rilettura di quei fatti che tenta di conciliare gli opposti, di mettere sullo stesso piano tutti i protagonisti di quei tragici eventi, addirittura di accreditare l’idea, frutto di un sentimentalismo ambiguamente apolitico tutt’altro che innocente, che Calabresi e Pinelli siano in fondo due vittime innocenti di una stagione politica buia, due colombe in un mondo di falchi (basti pensare all’imbarazzante film di Marco Tullio Giordana Romanzo di una strage, che quasi li fa apparire come amici).

Pino Pinelli in una delle tante immagini che compaiono nel film

Un grande merito di Pino – Vita accidentale di un anarchico, è che scegliendo di raccontare la vita di Pinelli, anziché come di solito si è fatto solo la sua morte, ce ne consegna intatti e limpidi gli ideali in modo molto più articolato e ricco, dando alla parola “anarchia” quella sostanza e quella umanità che spesso le è sottratta dalla vulgata che la utilizza come sinonimo di “confusione” o addirittura di “violenza”. Un piccolo lavoro indipendente, dunque, che riesce in un compito grande.

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: