Carrie – lo sguardo di Satana (1976) di Brian De Palma

di Fabrizio Spurio

Tratto dal romanzo “Carrie” di Stephen King, il film diretto da Brian De Palma, può essere considerato tra le migliori riduzioni cinematografiche tratte dallo scrittore. Carrie (Sissi Spacek) è lo zimbello della scuola, e la cosa che le permette di entrare in empatia con lo spettatore è proprio il fatto che tutti, in qualche modo abbiamo incontrato una “Carrie” nella nostra vita. Sissi Spacek è perfetta nel ruolo della protagonista, anche se si allontana notevolmente dal personaggio descritto nel libro di King. Nel romanzo Carrie è una ragazza in carne, non una figura magra come appare nel film. Ma l’attrice le dona una profondità di sentimenti grazie alle sue espressioni, ai suoi magnifici occhi che sanno trasmettere tutto lo sgomento, lo spavento e la solitudine che vivono nel suo animo.

Molto spesso Carrie ci dice più con i suoi occhi che con le parole, proprio perché è tramite gli occhi che lei esercita il suo potere. I momenti in cui il potere si rivela sono dei veloci lampi visivi, con fulminee inquadrature a stacco che simulano uno zoom, sottolineate da note di violino che riportano alla mente le “coltellate sonore” create da Bernard Herrman per il film “Psycho” durante il celebre omicidio nella doccia. Il suo potere è cresciuto con lei, rimasto latente per anni, ma alla fine vuole uscire, vuole esistere nel mondo. E’ un potere talmente enorme che lei deve capirlo per controllarlo. Essendo continuamente bersagliata dalle compagne di scuola, non ha fiducia in sé stessa, ma questo potere le dona una nuova consapevolezza, le fa capire di essere speciale. Prende coscienza di poter essere padrona della sua vita. Prima di questo il suo essere una totale perdente è di fatto un suo stato vitale. Quando viene derisa dalle sue compagne non oppone resistenza, perché è ormai annichilita nella sua condizione di “perdente”. Per lei è normale essere derisa, umiliata. Del resto è cresciuta nell’umiliazione, a causa della madre Margaret White (Piper Laurie), una donna affetta da una violenta paranoia religiosa, che vede Carrie come il parto del peccato, commesso dalla donna con il marito. Margaret vive l’abbandono del marito come la prova tangibile della tentazione del demonio, quel diavolo che per tutta la vita vuole tenere lontano da sé, e dalla sua casa. Ma Margaret vede quel demonio proprio in sua figlia, e per questo l’ha sempre umiliata con prove di fede assurde, una per tutte: costringe Carrie a rimanere chiusa in uno sgabuzzino illuminato da candele, con un altare sul quale regna una riproduzione, estremamente disturbante, di San Sebastiano trafitto dalle frecce. La figura di quel simulacro del santo è talmente impressa nella mente di Carrie che sarà proprio in quel modo che, nel finale, la ragazza ucciderà la madre, nell’estremo tentativo di salvarsi dalla donna che vuole accoltellarla. Carrie utilizza il suo potere, ormai totalmente libero, per lanciare i coltelli della cucina verso la madre, inchiodandola alla porta. Ogni pugnalata che Margaret riceve è sottolineata da un gemito della donna, gemiti che alla fine, durante l’agonia, sembrano quasi un canto di devozione a Dio, come se in quel momento Margaret stesse ringraziando per il privilegio di ricevere un martirio simile a quello del santo tanto venerato nello stanzino, ma sopratutto la gioia della speranza di vedere il Paradiso tanto desiderato.

E’ indicativo notare che il film ha una struttura circolare: inizia con lo spargimento di sangue delle prime mestruazioni di Carrie e termina con il bagno di sangue di maiale durante il ballo scolastico, ennesimo atroce scherzo subito dalla ragazza. Si è portati a pensare che il sangue abbia attivato o liberato i poteri latenti. Carrie ha le sue prime mestruazioni nella doccia della scuola, dopo la lezione di ginnastica. Mentre si sta lavando, accompagnata dalla dolce musica di Pino Donaggio, il sangue le comincia a rigare le gambe. Carrie è sconvolta, crede di stare per morire, chiede aiuto alle compagne, che non perdono occasione per umiliarla anche in questo momento per lei traumatico. Non sa cosa siano le mestruazioni. La madre non l’ha mai avvertita di questo processo naturale. Per Margaret le mestruazioni sono il chiaro segno della lussuria pronta a scatenarsi, e credeva di poter allontanare sua figlia da un tale peccato. La paura, la disperazione di Carrie nelle docce, mentre le compagne le tirano assorbenti addosso, raggiunge il culmine nel momento in cui la sua mente fa esplodere una lampada sul soffitto dello spogliatoio.

Tra tutte le sue compagne di classe quella che più odia Carrie è Chris (Nancy Allen), che con il suo fidanzato Billy (John Travolta) organizza una vendetta atroce. A seguito dell’umiliazione arrecata a Carrie nella doccia, Chris è punita con il divieto di partecipare al ballo della scuola. La ragazza decide di architettare uno scherzo proprio durante la sera della festa. Fa in modo che Carrie e il suo cavaliere Tommy (William Katt) vengano eletti coppia del ballo. Così, durante la premiazione sul palco, fa in modo che un secchio di sangue di maiale si rovesci su Carrie.

Lo scherzo riesce alla perfezione anche se Sue (Amy Irving), forse l’unica ragazza della scuola a provare pietà per Carrie, cerca di sabotare il piano di Chris.

La scena è costruita con un uso sapiente della tensione. Lo spettatore sa che sulle travi sopra il palco c’è il secchio con il sangue. Il regista porta Carrie alla festa, splendida nel suo abito da sera. Per la ragazza è la prima volta ad una festa e per lei la serata è un sogno. La fotografia crea degli aloni soffusi di luce intorno a Carrie, creando un’atmosfera sognante, dolce. Quando Carrie e Tommy ballano insieme la telecamera non si stacca da loro. Li inquadra dal basso, con un movimento circolare che li avvolge per tutta la durata di una dolce canzone romantica. Carrie vive il suo momento di riscatto, di vittoria, sotto lo sguardo ammirato di tutti, che mai avrebbero immaginato che la goffa, insicura e trasandata Carrie potesse sbocciare in un fiore tanto bello. La coppia viene proclamata vincitrice. I due ragazzi salgono sul palco, La scena è girata tutta al rallentatore con un duplice scopo: rendere l’atmosfera sognante di Carrie, l’apice della sua felicità, ma allo stesso tempo centellinare la tensione nel pubblico, che sa già a cosa va in contro la ragazza salendo sul palco. La musica, sempre dolce, calda, continua per tutta la sequenza, fino al momento, nel totale silenzio, in cui il sangue lorda il corpo di Carrie.

Ma questo gesto segna il superamento del limite di sopportazione. Lei si osserva, completamente ricoperta di sangue. Osserva il corpo di Tommy a terra, colpito in testa dal secchio di metallo precipitato dalle travi. Osserva tutti i presenti alla festa, che ridono di lei, di quel fantoccio impaurito coperto di sangue. L’ultima umiliazione.

De Palma ricorre al metodo dello spleet screen: divide l’immagine in due parti, destra e sinistra, come se lo schermo diventasse la pagina di un fumetto con due vignette affiancate. In un lato il volto di Carrie, gli occhi sbarrati, decisa a scatenare il suo potere. Nell’altra porzione dello schermo gli effetti delle azioni mentali della ragazza.

Il massacro ha inizio. Carrie sembra una statua, dritta, con le braccia tese lungo il corpo, le mani come due artigli famelici. Al comando della sua mente le porte della scuola si sbarrano, nessuno può più uscire. Esplode un incendio, e il panico dilaga. Cadono le travi dal soffitto, travolgendo le persone. Gli idranti antincendio sparano acqua sulla gente, i cavi elettrici si spezzano fulminando chi è stato bagnato, mentre le fiamme avvolgono tutto e le urla risuonano al di fuori dell’edificio. Carrie avanza tra quella distruzione con assoluto distacco, una sacerdotessa insanguinata la cui rabbia ha reso la mente insensibile al dolore che sta creando intorno a sé.

Uscita dalla scuola in fiamme Carrie incrocia sulla strada la macchina di Chris e Billy, decisi ad investirla. Le basterà un istante per far esplodere l’auto con i due dentro.

Carrie non vuole più tenere il proprio potere rinchiuso, vuole liberarlo e liberarsi. Vuole essere una ragazza, una donna padrona del suo destino. Anche l’atto finale, l’omicidio della madre, è una liberazione inconscia. Mentre sta uccidendo Margaret, Carrie è spaventata, non vorrebbe vedere cosa sta facendo a sua madre, vorrebbe rinchiudersi nello stanzino, pur di non vedere. Ma la casa comincia a crollare, il suo potere è diventato la sua coscienza, e manifesta con quel crollo il dolore del suo rimorso, per aver ucciso la genitrice. Carrie muore sepolta dalle macerie.

Nel finale Sue, unica sopravvissuta alla festa, porta dei fiori sulle macerie di casa White. Su un palo qualcuno ha scritto “Carrie White brucia all’inferno”. Anche questa scena è ripresa al rallentatore, con la musica, sempre avvolgente e sospesa nella sua dolcezza, che accompagna l’azione. Sue ha pietà per Carrie, forse ancora si sente in colpa per aver partecipato all’umiliazione della doccia. Vorrebbe potersi scusare con la ragazza, riscattarsi con lei, e forse quel mazzo di fiori che le vuole offrire, è tutto quello che può darle per cercare una sorta di perdono da parte di Carrie. Nel momento in cui Sue depone i fiori a terra una mano sbuca dal terreno ad afferrarle il polso. Uno shock, uno spavento che il pubblico non si aspetta. Sue si sveglia di colpo nel suo letto, tra le braccia della madre accorsa a calmarla. Il trauma del massacro del ballo è ancora vivo in lei.

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