Carrie Pilby, di Susan Johnson (Usa/2016)

di Girolamo Di Noto

Chiunque abbia avuto nella propria vita un incidente di percorso, chiunque si sia sentito – anche se per poco tempo – spaesato e disorientato dagli altri, non può restare indifferente e non apprezzare il film di Susan Johnson, Carrie Pilby, storia di formazione di una ragazza che vive da sola a New York, la quale come i protagonisti della serie The Big Bang Theory, ha un’intelligenza superiore alla media ma una completa inadeguatezza nelle relazioni sociali. Carrie Pilby è un genio che sa tutto ma non sa come vivere. Passa le sue giornate a leggere libri, il mondo non le piace, la gente non la stimola: è convinta che il mondo sia popolato solo da persone ipocrite e ossessionate dal sesso.

Come Mercoledì Addams, il personaggio interpretato da Jenna Ortega della fortunata serie diretta da Tim Burton, anche Carrie non ama la socialità, nonostante non arrivi a giudicare le persone “un inferno”. Non è una persona socievole, non è abituata ad esserlo, fa fatica a trovare persone intellettualmente stimolanti. Ritenendo che sia inutile uscire di casa, le persone le trova più interessanti nei libri: non è un caso che quello preferito dalla ragazza sia Franny e Zooey di Salinger, scrittore famoso per essere stato schivo, dal carattere irrequieto e solitario.

Dal momento che non desidera sentirsi parte del gruppo, Carrie preferisce trascorrere le giornate senza parlare con nessuno se non con il suo psicologo. “Cosa vuoi fare”, mi chiede. “Stare qui seduta”. “Intendo con la tua vita”. “Cosa ti fa pensare che la risposta sia diversa?”

Carrie è una ragazza prodigio che ha saltato diverse classi, tanto da iniziare il College a quattordici anni e laurearsi ad Harvard a diciotto, ma è troppo giovane per essere già indipendente e troppo matura per un mondo che non soddisfa le sue aspettative. “Non avrei tanti problemi ad adattarmi al mondo, se il mondo avesse un senso. Ma non ce l’ha. L’ho capito molto molto tempo fa. Forse il mondo dovrebbe adattarsi a me”. Nei suoi rapporti con ciò che la circonda appare ostile, scontrosa, prevenuta come nella scena in cui – intenta a prendere un caffè – blocca da subito le “possibili avances” di un ragazzo che in realtà si era avvicinato solo per chiedere se fosse libera la sedia.

Nonostante sia rigida nelle proprie posizioni, benché inizialmente la vediamo disinteressata a integrarsi, Carrie non appare antipatica, saccente a tal punto da rendersi odiosa; al contrario la sua fragilità ci prende per mano e ci guida nella mente di una ragazza di diciannove anni che vive alla costante ricerca del proprio posto nel mondo, che è in grado di analizzare tutto, ma ha difficoltà a capire sé stessa. La protagonista riesce ad entrare nel cuore dello spettatore soprattutto quando incomincia a mettersi in gioco ed è pronta ad aprirsi nel momento in cui lo psicologo le affida un compito, una lista di cose da fare che possano aiutarla ad uscire dal suo isolamento e renderla felice. Prendersi cura di un animale, andare ad un appuntamento, non passare sola la notte di Capodanno, fare qualcosa che da bambini si è amato fare. Una lista che trascinerà la ragazza in un mondo a lei sconosciuto e che la obbligherà non solo a non restarsene rintanata nel suo nido, ma anche a guardare il mondo sotto una nuova luce, a dare – come dice il suo terapeuta – “una possibilità all’umanità”.

Spinta dallo psicologo, Carrie conoscerà vari ragazzi, tra cui uno in procinto di sposarsi che ha bisogno di capire se veramente il passo che sta compiendo sia quello giusto, avrà modo di conoscere meglio il suo vicino di casa, comprenderà che gli esseri umani, come i libri, non possono essere giudicati dalla loro copertina e soprattutto vivrà situazioni che le permetteranno di recuperare il rapporto con il padre, spesso assente, e di elaborare alcuni dolori che aveva messo da parte. Carrie è uno di quei personaggi difficili da dimenticare perché porta con sé l’arte dell’essere fragili, la complessità di come è difficile comprendersi, l’importanza di avere fiducia negli altri per vivere e innamorarsi, ma conserva nello stesso tempo anche un dubbio: è giusto cambiare per essere accettati?

Il film si lascia guardare con grande piacere e ha la capacità di trasmettere messaggi importanti senza perdere leggerezza e ironia. In particolare insiste su come sia fondamentale affidarsi all’altro, ribadendo come la fiducia, rispetto alla fede che è assoluta, sia invece – come ha scritto Balzano ne Le parole sono importanti“un atto sospeso, il cui esito è incerto perché coinvolge l’altro”. Carrie ha il coraggio di mettersi in gioco e il perno attorno a cui ruota questa fiducia è affidato al libro che ama di più, il già citato Franny e Zooey. Un’opera che ha una valenza simbolica importante nel film non solo perché contiene due racconti riguardanti un fratello e una sorella che, come la protagonista, sono in crisi con il mondo circostante, ma anche perché funge da collante su diversi personaggi importanti per la ragazza: la madre, il professore di inglese, il padre.

Una storia di formazione ben scritta, da recuperare su Netflix, impreziosita da dialoghi arguti e spiritosi, che si avvale dell’ottima interpretazione della giovane attrice britannica Bel Powley, che con il suo sarcasmo e la sua prontezza di spirito ha saputo dare qualità e leggerezza ad una storia profonda e molto attuale.

Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Blog su WordPress.com.

Su ↑

%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: