di Luca GrazianiRiscoprendo le orme perdute di Besson, il cinema francese torna a puntare sulle grandi produzioni. “Wolf call – minaccia in mare aperto” è un ambizioso thriller bellico ad alto budget. 23 milioni di dollari per un film che non solo cerca di avvicinarsi agli standard d’oltreoceano a cui il pubblico è abituato, ma si guadagna di diritto un posto tra i classici del genere. Una fotografia di qualità e una regia più che competente quella di Antonin Baudry alla sua opera prima, accompagnano un cast che vede protagonisti alcuni grandi nomi del cinema francese. Al fianco di Mathieu Kassovitz, abituato ad esperienze cinematografiche eterogenee, c’è Omar Sy, volto per eccellenza della commedia d’oltralpe.Dopo il successo di“Quasi Amici” , il film che lo ha rivelato al grande pubblico, Sy passa per il blockbuster con titoli come “Inferno” e “Jurassic world” e approda ora ad un action thriller sottomarino tutto made in france.
Il protagonista di Wolf Call è l’esordiente François Civil nel ruolo di un analista acustico della marina militare francese impegnato ad individuare, interpretando il sonar di bordo, la minaccia di sottomarini, navi ed elicotteri. Il termine wolf call indica proprio questo: il segnale sonoro emesso dal nemico. Il terribile richiamo diventa la colonna sonora della crisi nucleare nella quale l’equipaggio viene coinvolto. Per sventare la tragedia ed evitare una catastrofe si è di fronte all’inevitabile quanto tipica scelta di qualsiasi film di genere che si rispetti: eseguire gli ordini alla cieca, applicando il protocollo, oppure prestare fede all’istinto e alla propria umanità? Il film di Baudry non accetta compromessi ne mezze misure, si sgancia della commedia francese e cade in piedi. Tutte le interpretazioni sono ponderate ed in linea con i ruoli: ammiragli e comandanti adottano il tipico linguaggio militare, tecnico e difficilmente comprensibile, rinchiusi nei limiti angusti del sottomarino in un’atmosfera di tensione sottesa che accompagna tutto il film e riesce a trasmettere perfettamente la claustrofobia di quegli spazi.
Wolf call, insieme ad altri titoli di questo 2019, come Chernobyl e Godzilla, è l’ennesimo segnale di un ritrovato sentimento di denuncia cinematografica nei confronti dell’immensa pericolosità del nucleare, potentissima risorsa ma soprattutto devastante arma fuori dal controllo umano.
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