‘Lola corre’, di Tom Tykwer (Lola rennt / Germania 1998)

  • di Andrea Lilli

La protagonista qui in realtà non è Lola (Franka Potente) bensì l’Ora, che corre, corre veloce verso mezzogiorno, e lancia frecce intorno, ogni secondo, ogni minuto. Lola la rincorre, l’insegue per le vie di Berlino cercando di schivare cani ringhiosi, genitori rabbiosi, poliziotti curiosi, pedoni, ciclisti, automobilisti pericolosi, camion e furgoni. 

Sono le 11 e 40. Entro venti minuti deve trovare 100.000 marchi in contanti: quelli che alle 12 in punto uno spacciatore spietato aspetta da Manni (Moritz Bleibtreu), il ragazzo di Lola, piccolo delinquente tirocinante in prova. Il povero Manni però ha dimenticato in metropolitana la sacca coi centomila, e adesso se la vede brutta. E’ un balordo distratto, sa solo che nel vagone c’era un barbone, i soldi sono spariti con lui. Lola ha gambe forti e polmoni larghi, sa correre e urlare – talmente forte da spaccare i vetri -, sa sparare. E lo ama. Deve trovare quei soldi e portarli a Manni, che aspetta isterico nella cabina telefonica davanti a un supermercato. Lola maratoneta innamorata è la sua unica speranza, se non porta i soldi lei a mezzogiorno Manni sarà costretto a rapinare quel supermercato. In Germania la puntualità è sacra, anche per i criminali.

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La musica techno incalza, continua e martellante dall’inizio del film. Nel ritmo adrenalinico, mentre le lancette corrono inesorabili nel quadrante, Lola galoppa lungo i marciapiedi, brucia gli incroci, inciampando in una serie di ostacoli: la madre annebbiata, le scale ripide, un cane feroce, una signora acida, un ladro di biciclette che tenta di venderle la propria pedalando, una macchina che perde l’occasione giusta per restare in garage, la barba ignota del clochard coi centomila, una vecchietta a cui chiedere l’Ora, il classico vetro lungo e trasparente che attraversa la strada proprio quando, una guardia giurata viscida. Infine l’obiettivo, suo padre: la miniera d’oro più vicina e probabile, essendo pure un direttore di banca. Lo raggiunge però nel peggior momento possibile per chiedere un favore ad un papà banchiere: quello in cui l’amante gli sta ponendo un ultimatum drammatico, definitivo. Peccato, ma fa niente. Esistono altri modi per fare soldi, tanti maledetti e subito. Anche leciti.

 

Fin qui il canovaccio, che viene elaborato in tre versioni successive, alternative tra loro. Dalla telefonata con cui Manni comunica a Lola lo smarrimento dei soldi, il film ricomincia tre volte. Tre film nel film. Per evitare spoiler non racconteremo le differenze fra i tre finali, ma va rilevato che giocare sulla ripartizione in tre varianti della stessa scrittura, con scarti che portano il racconto su binari divergenti e complementari nel disegno dei personaggi, è stata una scelta felice. L’esercizio di stile virtuosistico, ripiegato su sé stesso, avrebbe potuto facilmente spezzare la tensione annoiando lo spettatore, ma il rischio viene evitato in due modi. Primo, nel contenuto: modificando i dialoghi e la dinamica degli eventi si offrono più punti di vista con cui integrare i tratti caratteriali di certe figure importanti (il padre, l’amante) senza diluirle in un’unica trama. Curioso come questo film e Sliding Doors di Howitt, simile nel ricorso alle trame parallele, siano dello stesso anno 1998.

 

 

In secondo luogo nella forma narrativa, arricchita con inserti di animazione, largo uso di zoom, riprese dall’alto e dal basso, circolari e diagonali, camera a spalla. E con i flashback di dialoghi rilassati con Lola e Manni a letto, i brevissimi “corti” fotografici istantanei annessi all’apparizione incidentale di personaggi minori, le citazioni (su misura del pubblico tedesco quella de Il tamburo di latta, per la carica esplosiva dell’urlo di Lola), la grande attenzione all’accompagnamento musicale, in accordo o in contrasto con la dinamica della scena (lo slow d’annata di Dinah Washington in What a difference a day makes, mentre la coppia esegue una rapina a mano armata). Tutto Lola corre è attraversato da una solida struttura musicale che ne sorregge e sospinge l’azione, più che affiancarla. 

musicaDa notare che il regista e produttore Tom Tykwer oltre alla sceneggiatura firma i testi dei brani musicali, e che a cantarli è la stessa Franka Potente.

La prossimità allo stile dei video musicali è stata il motivo principale delle critiche negative a questo lavoro. Malgrado la freddezza di certi critici spocchiosi (in particolare alla presentazione di Venezia) e la scarsa distribuzione iniziale, questo film prodotto in economia ebbe un grande successo, e resta tra i più apprezzati dal pubblico tedesco dopo la riunificazione. Del resto, da tempo è caduto anche il muro che divideva il genere dei videoclip da quelli cinematografici più tradizionali.


Premio del Pubblico al Sundance Film Festival 1999.

 

 


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