di Roberta Lamonica
La mafia non è più quella di una volta è un film documentario del 2019 diretto da Franco Maresco, seguito di Belluscone – Una storia siciliana (2014). Distribuito da Istituto Luce Cinecittà.
Vincitore del Premio Speciale della giuria a Venezia 76, il film ‘cinico’ di Maresco è un film necessario. In un costante processo di banalizzazione e ridicolizzazione del fenomeno mafioso, La mafia non è più quella di una volta espone dolorosamente la paralisi dello Stato di fronte a manifestazioni di piccole e grandi collusioni che si innestano su un sostrato fertile e ricettivo, in quanto abbandonato a una deriva sociale e culturale davvero sconcertante.
Si parte dalle celebrazioni per il 25° anniversario dell’assassinio dei giudici Falcone e Borsellino per mostrare un paese diviso tra chi la mafia l’ha contrastata e fotografata (letteralmente) a partire dalle sue prime manifestazioni macroscopiche, la fotografa Letizia Battaglia – definita dal NY Times una delle 11 donne che hanno segnato il nostro tempo -, e chi la mafia la vive come codice ‘genetico’, l’ignobile Ciccio Mira e il suo circo grottesco di freaks tragici e disgustosi.
La telecamera di Maresco è ‘scettica’, come spesso gli rimprovera la Battaglia, e insiste in modo sarcastico e impietoso sulle manifestazioni superficiali e risibili (“manca solo l’odore di maiale arrosto”) di solidarietà e sostegno alla legalità delle parate, dei balletti e dei palloncini.
“Noi piangevamo, non cantavamo” – dice sconcertata Letizia Battaglia – “Forse non dovevo neanche vivere tanto (per arrivare a vedere ciò, ndr).”
Il docufilm mostra senza troppi giri la morte della coscienza e della dignità di un Paese che non ha memoria né rispetto per chi ha dato la vita per esso, continuando anche dopo 25 anni a infliggere ferite non rimarginabili alla giustizia e alla verità.
Ad una Letizia Battaglia colorata come un arcobaleno (spesso la vediamo con capelli dai colori più incredibili o in procinto di colorarli o mentre li colora), Maresco contrappone il b/n di Ciccio Mira, un uomo la cui vita non ha mai visto luce o colore ma solo il grigio di un’ignoranza senza fine e il nero di un asservimento al malaffare tale da farsi commissionare celebrazioni finte al quartiere Zen con un panorama (sub)umano che spegne ogni sorriso sul volto.
Lo Stato e i suoi simboli sbeffeggiati e vilipesi e la telecamera che si allontana a inquadrare l’unico spettatore, un ragazzino quasi in trance davanti al patetico spettacolo che si sta svolgendo davanti ai suoi occhi. Cosa avrà in serbo la vita per lui: la luce di Letizia Battaglia o l’abisso di Ciccio Mira?
Il regista siciliano chiude quel mondo dietro una porta con la scritta ‘vietato entrare’, salvo poi riportarlo fuori, come un rigurgito velenoso, ancora e ancora in un montaggio assolutamente originale.
Maresco mescola documentario, immagini di repertorio, animazione, musica neomelodica e Miles Davis in un’opera imperdibile.
Mai come oggi da recuperare.
Visto in prima visione appena dopo la presentazione al 76esimo Festival di Venezia nel 2019,dove mi pare sia stato anche premiato.Ero stato consigliato da un giornalista di Famiglia Cristiana,Eugenio Arcidiacono,il quale assiste tuttl gli anni al Festival. Ho trovato il film molto interessante,la presentazione e la storia del protagonista,Ciccio Mira,straordinarie…La drammaticita’ della realta’ dello Zen,mista alla comicita’,alla satira sono un mix straordinario..Forse il modo migliore per presentare e rappresentare un sottoproletariato che sta’ dalla parte “sbagliata”,dalla parte degli sfruttatori e contro uno Stato che non li “aiuta”. La presenza della immensa Letizia Battaglia contrapposta all’ignoranza di Ciccio e’ davvero affascinante….
"Mi piace"Piace a 1 persona