di Bruno Ciccaglione

A trent’anni dalla strage di Capaci e dalla morte di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro, molto è cambiato e quella stagione di stragi è per fortuna ben lontana. Eppure pochi sono i temi del dibattito pubblico in cui la discussione sia più virulenta di quella che riguarda quel periodo storico e questo si riflette anche sui modi con cui il mondo del cinema ha rappresentato quella stagione.
Sull’impatto che la strage ebbe sull’immaginario collettivo italiano dell’epoca, basta ricordare la scena de Il divo (2008) di Paolo Sorrentino in cui uno skateboard (lo strumento usato come carrello per introdurre il tritolo in una piccola galleria sotto l’autostrada di Capaci) irrompe minacciosamente in un Parlamento che non riesce a eleggere il nuovo Presidente della Repubblica e che determina (questa la lettura del film) la fine di ogni aspirazione presidenziale per Andreotti.
Sono ormai numerosissimi gli attori che hanno interpretato il personaggio cinematografico di Giovanni Falcone in film, serie televisive, docu-fiction. Raramente si è riusciti però a dare conto dello spessore intellettuale di quello che è stato non solo un magistrato, ma anche un profondo conoscitore della mafia. Il primo film dedicato alla vita e alla carriera di Falcone fu Giovanni Falcone di Giuseppe Ferrara (1993), con Michele Placido a interpretare il magistrato e un cast pieno dei nomi più importanti del cinema italiano dell’epoca. Si tratta di un film girato a caldo e che per questo accoglie una interpretazione della strage di Capaci che alla luce delle acquisizioni successive appare piuttosto riduttiva (lo stesso vale per altri film di Ferrara a cominciare dal Il caso Moro). Tuttavia restituisce in modo abbastanza ricco il percorso professionale di Falcone e il clima avvelenato dentro e fuori le istituzioni di quegli anni.

Seguiranno serie televisive, sia della Rai che di Mediaset, e tanti altri film in cui la figura di Falcone e quella di Borsellino appaiono in modi più o meno centrali nella narrazione. Su quale sia il modo più giusto per rappresentare la mafia attraverso il cinema le idee sono diverse e lo si coglie anche nel nostro dibattito su alcuni film (emblematico è che anche su Re-movies, si possa trovare una recensione molto positiva e una molto negativa del film Il traditore di Marco Bellocchio).

Capaci è sì la prima delle stragi degli anni ’90 della mafia, ma a ben vedere la svolta “terroristica” di Cosa Nostra era iniziata molto prima, sia con le migliaia di morti ammazzati che con i cosiddetti omicidi “eccellenti” (i “delitti politici” che hanno falcidiato praticamente tutte le istituzioni siciliane tra il 1979 e il 1982). La stessa azione del pool antimafia – di cui Falcone era stato il più acuto ed efficace dei protagonisti – era il frutto di una “reazione” dello stato in quell’alternarsi di fasi di tregua e scontro tra stato e mafia che è sempre stato peculiare.
Una delle letture più amare ed efficaci delle trasformazioni avvenute negli ultimi trent’anni è quella di Antonio Maresco nel film La mafia non è più quella di una volta, che vede protagonista Letizia Battaglia, scomparsa recentemente e a cui la Rai ha appena dedicato la miniserie Solo per passione – Letizia Battaglia fotografa (in onda il 23 e il 24 maggio 2022 e visibile su Raiplay).

Il consiglio appassionato che ci sentiamo di dare a chi voglia davvero approfondire la conoscenza di quelle vicende è da un lato di rivolgere lo sguardo alle fonti storiche (fondamentale il libro di Salvatore Lupo La mafia. Centosessant’anni di storia, 2018, Donzelli Editore) e dall’altro alle parole stesse di Falcone. Cliccate Giovanni Falcone sul sito di Raiplay o su YouTube e ascoltatelo nelle numerose interviste.
Vi consigliamo in particolare una delle ultime apparizioni televisive, pochi mesi prima della strage di Capaci, a Babele di Corrado Augias, in cui Falcone presenta il suo libro “Cose di Cosa Nostra”. La visione è impressionante, perché Falcone è accusato più o meno velatamente, da Augias come dai vari interlocutori, da un lato di esser sceso a compromessi con il sistema politico, dall’altro di ingigantire o addirittura di prefabbricare le minacce alla sua vita. Tanto che Falcone amaramente rileva come in Italia se un attentato non riesce, si accusa la vittima di esserselo fatto da solo per farsi pubblicità. Morirà poche settimane dopo questa trasmissione.
Doveroso ricordare un personaggio così immenso, complimenti. È un peccato che si fosse fatto così tanti nemici anche tra quelli che teoricamente non dovevano avere in simpatia la mafia…
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