di Andrea Lilli

Nato a Roma il 24 giugno 1940, figlio di un proiezionista, consegue il titolo di Maestro fotografico presso un istituto tecnico, poi quello di Operatore cinematografico, per diplomarsi infine al Centro Sperimentale di Cinematografia.
Inizia a lavorare nel 1968 sui lungometraggi di importanti registi italiani tra cui Patroni Griffi, Montaldo, Bertolucci. Presto si accorgono di lui anche all’estero: chiedono la sua collaborazione Francis Ford Coppola, Carlos Saura, Warren Beatty, Woody Allen.
Va ricordato il lungo sodalizio con Bernardo Bertolucci, che dal 1970 (Strategia del ragno) al 1993 (Piccolo Buddha) ha impegnato Storaro in otto titoli, ovvero metà della filmografia del regista di Parma, scomparso due anni fa.

Nello stesso anno 2018 Vittorio Storaro portava in giro per l’Italia la mostra ‘Scrivere con la luce’, con cui ha riassunto più di mezzo secolo del suo “disegnare in movimento”, sovrapponendo e legando l’ispirazione della propria immagin/azione cinematografica ad opere di maestri della pittura tra i più innovativi nell’uso della luce e del colore: da Botticelli e Carpaccio al Caravaggio, da Rousseau a Bacon, Magritte, Dejneka.

In oltre cinquant’anni di lavoro, il pittore Storaro ha perfezionato la sua tavolozza affinando una particolarissima ricerca sugli effetti cromatici e di luce/ombra in quelle grandi tele dinamiche che sono i film, anche nell’era digitale.
Un tocco inconfondibile, grazie al quale come direttore della fotografia ha conseguito ogni tipo di premi e riconoscimenti, oltre a ben tre premi Oscar (1980, 1982, 1988) con Apocalypse Now (F. F. Coppola), Reds (W. Beatty) e L’ultimo imperatore (B. Bertolucci).

Da una sua intervista: “Il cinema è un modo di visualizzare i nostri sogni… Il cinema non è realtà: è visione. Un grande visionario sosteneva che ‘l’immaginazione è molto più importante della conoscenza’: si chiamava Albert Einstein”.
Grazie per averci fatto vedere nel modo migliore sogni fantastici, Vittorio Storaro, tanti auguri da Re-movies.
