di Fabrizio Spurio
Malocchio e gatti neri, malefici misteri; Il grido di un bambino bruciato nel camino; Nell’occhio della strega il diavolo s’annega; E spunta fuori l’ombra, l’ombra della strega; La vigilia d’Ognissanti fa paura a tutti quanti; È la notte delle streghe, chi non paga presto piange…
Con uno spettacolare piano sequenza di quasi 4 minuti si apre la pellicola che ha segnato la storia del cinema thriller/horror, creando l’icona di Michael Myers, The shape, l’Ombra della Strega, il Boogeyman per eccellenza! Carpenter non ci dà respiro! Appena inizia la pellicola ci ritroviamo, grazie alla tecnica della soggettiva, all’interno della mente e degli occhi del piccolo omicida. Siamo costretti ad avanzare con lui verso l’omicidio che si consumerà davanti ai nostri occhi, e noi ne saremo, in un certo senso, complici involontari.
La vicenda ha le sue origini ad Haddonfield (Illinois) nella notte di Halloween del 1963. Il piccolo Michael, di soli sei anni, uccide a coltellate la sorella Judith. Non c’è un motivo apparente per giustificare il gesto. Forse nella sua mente il piccolo Michael vuole punirla perché l’ha vista amoreggiare con il suo ragazzo. Una sorta di estremo moralismo potrebbe aver mosso la mano omicida.

Michael viene rinchiuso in manicomio, ma dopo 15 anni di assoluto mutismo fugge e torna ad Haddonfield. Sulle sue tracce c’è il dottor Sam Loomis (Donald Pleasence), uno psichiatra che ha ormai capito che dentro il corpo di Michael alberga solamente il Male puro. Non c’è dialogo con questo essere, non c’è emozione, neanche la più elementare. Dietro gli occhi del bambino c’è lo sguardo del Vuoto. Un vuoto che può essere riempito solamente con il dolore inferto agli altri. L’omicidio diventa per Michael l’unico modo che ha per rapportarsi con la gente. Ma nel profondo della sua mente c’è uno scopo: tornare ad Haddonfield, nella sua casa e punire tutti coloro che ci vivono.
In realtà la trama risulta in questo senso molto semplice e riduttiva. Ma è l’idea stessa di partenza ad essere semplice. Lo spunto venne al produttore Irwin Yablans, che voleva creare un film sul genere Black Christmas (1974) diretto da Bob Clark, un thriller di qualche anno prima in cui si scopre che un assassino, persecutore di alcune ragazze in una casa, aveva il suo covo proprio all’interno della soffitta della casa stessa. Yablans voleva ricreare quella stessa atmosfera di “ragazze in pericolo”. Quando Carpenter fu interpellato per sviluppare la trama, lavorò alla sceneggiatura (che inizialmente doveva intitolarsi The Babysitters Murders) insieme alla sua collaboratrice fidata Debra Hill, originaria della cittadina di Haddonfield, dove venne poi ambientata la saga. I due scrissero la sceneggiatura cambiando totalmente le basi della storia, creando quello che sarebbe divenuto l’archetipo del moderno serial killer mascherato, gettando quindi il seme che avrebbe creato un nuovo genere cinematografico nel campo dell’horror: il film slasher.

Lo slasher è quel filone del thriller in cui si trova, di solito, la figura di un serial killer dai tratti distintivi, spesso associato iconicamente ad una maschera, come appunto Michael con la sua maschera bianca, o Jason della serie “Venerdì 13” con la maschera da Hokey. Nella trama di questi film è anche ricorrente la figura di un gruppo di persone, solitamente adolescenti, inquadrati in uno spazio limitato, come ad esempio una particolare cittadina (la Haddonfield di “Halloween” o la Woodsboro della serie “Scream” o ancora il campeggio di Christal Lake ancora di “Venerdì 13”). Altra figura costante di questi film è la final girl, la ragazza che riesce a scampare alla mattanza diventando l’eroina della pellicola. Solitamente timida, morigerata e lontana dai vizi.
In Halloween questo personaggio chiave è Laurie Strode (Jamie Lee Curtis al suo debutto cinematografico). Laurie, diversamente dalle sue due amiche, è una ragazza timida, moralmente ineccepibile, che guarda al suo lavoro di babysitter con serietà. Di fatto è la sua moralità a tenerla in vita, a lasciarle la mente lucida per agire e riuscire così a non farsi sorprendere dal Male. Sia Annie (Nancy Kies), che Lynda (P. J. Soles) verranno trucidate da Michael. L’omicidio di Lynda ha anche dei particolari sottotesti, in quanto illuminante per capire la mentalità contorta di Michael. Dopo aver fatto sesso, quindi di fatto aver compiuto un atto altamente peccaminoso per la mente contorta del killer, il fidanzato di Lynda, Bob, scende in cucina; Michael lo sorprende nel buio, lo spinge contro la parete sollevandolo con una mano e tenendolo stretto al mento, e con l’altra mano vibra un colpo di coltello nel petto, lasciando il ragazzo sospeso in aria, inchiodato alla parete. Michael, di fronte al cadavere, lo fissa nel suo mutismo.

Contempla quel corpo immobile, e reclina la testa di lato, come a voler capire perché il suo “giocattolo” non si muova più. Sembra un bambino davanti ad un soldatino rotto, e non capisce come fare per ripararlo. Per Michael le persone sono vuoti manichini per giocare, per sfogare le sue frustrazioni, le sue colpe deviate. Dal cimitero del paese si scopre che la tomba di Judith Myers è stata violata, la lapide è sparita. Michael utilizza la lapide trafugata per mettere in scena un macabro teatrino: sistema la lapide alla testa del letto di Lynda, ricreando mentalmente la scena della sorella assassinata. Torna l’idea della purificazione dal peccato del sesso. Laurie sarà l’unica in grado di fermare Michael, soprannominato “the shape”, l’ombra, perché la ragazza riesce a rimanere lucida, la sua mente non è distratta dalle tentazioni di sesso, droga (Annie fuma spinelli), o alcool. Anzi, è anche responsabile di due bambini, deve proteggerli dal pericolo che Michael può rappresentare per loro.

Haddonfield, durante l’allucinante notte che si è abbattuta su Laurie, sembra una città deserta. La festa di Halloween aumenta ancor di più questa sensazione di isolamento. Laurie corre urlando per le strade, chiede disperatamente aiuto, ma nessuno l’aiuta, nessuno le crede: del resto è la notte degli scherzi macabri, e nessuno può pensare che un serial killer stia veramente mietendo vittime nel quartiere. La fotografia panoramica di Dean Cundey, il panavision, tende a creare ancora più isolamento intorno ai personaggi: Laurie è sola nelle strade, e la fotografia mostra la desolazione che la circonda, tenendola al centro dell’immagine e mostrando allo spettatore il vuoto che la circonda. Naturalmente l’unico a dare il giusto peso alla situazione è il dottor Loomis. Lui conosce il vuoto che c’è dentro Michael.
La stessa maschera del killer è il simbolo della sua spersonalizzazione. Michael è cosciente di essere il vuoto, il Male puro, senza forma. La sua faccia è talmente anonima, talmente dimenticabile e senza particolari lineamenti, che vuole a tutti i costi darsi un’identità. E la maschera supplisce a questa necessità. Nell’unica scena del film in cui vediamo Michael senza maschera, il suo volto ci viene mostrato per pochi istanti, ed anche lo spettatore si rende conto della normalità anonima del volto di Michael.
La scena fu, per questo motivo, girata con un attore preso al momento, in sostituzione dello stunt, Nick Castle, che interpretava il ruolo di “The shape”. Come a voler intendere che dietro la maschera potrebbe esserci un volto qualunque. Non è il viso di Michael a dover interessare il pubblico, ma la sua anima, il suo apparire come simbolo. Michael è tale solamente quando indossa la sua maschera, senza di lei non è nulla. Proprio la maschera ha una genesi particolare: in realtà è la riproduzione del Capitano Kirk, protagonista della serie “Star Trek”. Fu acquistata la maschera, ma si preferì allargare i fori degli occhi. Da quel momento quello sarebbe diventato il simbolo del film. Altro simbolo del film, ricorrente in tutti i seguiti, è la musica del tema principale, composta dallo stesso Carpenter, una nenia ripetitiva che racchiude il lato infantile della mente di Michael, ma al tempo stesso incalza con un ritmo crescente di pericolo. Una musica che, per stessa ammissione di Carpenter, omaggia il tema principale di Profondo rosso (1975) di Dario Argento.

Come detto toccherà a Laurie combattere questo male. Lei stessa diventerà una combattente involontaria. Ma era destinata all’incontro con Michael. In una scena vediamo Laurie a scuola, durante una lezione sul destino. Fuori campo la professoressa spiega che il destino non muta, è già segnato. Un messaggio chiaro per la ragazza: è inevitabile l’incontro tra lei e il suo carnefice. La prima parte del film è tutta di preparazione, ambientata durante il giorno. Michael è giunto in città e spia le sue prede, Laurie e le sue amiche. Appare e scompare dietro i cespugli, Laurie lo vede per pochi istanti, ma subito dopo lui sparisce. È veramente un’ombra in agguato, pronta ad attaccare al calare della notte. Ma davanti a tanta determinazione di Michael c’è un piano preciso. Solamente nel secondo film della serie, prodotto, scritto ma non diretto da Carpenter (la regia passerà nelle mani mediocri di Rick Rosenthal, tanto che Carpenter dovrà dirigere alcune sequenze per aumentare la tensione nella pellicola), scopriremo che in realtà Laurie è la seconda sorella di Michael, e che quindi la sua determinazione omicida è rivolta, sopratutto, verso i membri della sua famiglia. Il film genererà otto sequel, nei quali la linea temporale sarà più volte rimaneggiata, ed un remake/prequel, seguito quest’ultimo da un sequel, pregevoli e diretti entrambi da Rob Zombie.

Halloween termina con Laurie, in preda al panico dopo lo scontro con il killer, che chiede al dottor Loomis se quella era l’ombra della Strega: Loomis non può che rispondere in modo affermativo.
E il finale aperto non può che dargli ragione. Michael è il Male senza forma, che non può morire, e che ormai dilaga in tutta la città.
Capolavoro assoluto.
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