di Marzia Procopio

Nata nel 1957 in Illinois, un Master of Fine Arts a Yale nel 1982, la sua carriera inizia a teatro subito dopo la laurea. Lavora al cinema per la prima volta in Blood Simple (1984) con Joel Coen, che sposa nello stesso anno: “Holly Hunter viveva con me. Mi ha parlato del provino, lei non poteva partecipare perché era impegnata a Broadway e allora ho deciso di presentarmi io. Quando sono entrata, Joel ed Ethan Coen avevano già visionato tantissime attrici e stavano fumando seduti su un divano. Ho iniziato a chiacchierare con Joel e lui, incuriosito, mi ha chiesto di tornare alle due, ma gli ho detto che non potevo perché il mio fidanzato dell’epoca aveva ottenuto un ruolo in una soap opera e io dovevo guardarlo in tv. Joel mi dice sempre che mi ha dato il lavoro perché gli ho detto di no.” Cinque nominations all’Oscar, due statuette – per Fargo e Tre manifesti a Ebbing, Missouri – all’epoca della promozione di Fargo, in cui disegna un ritratto commovente e divertente del capo della polizia Marge Gunderson, dichiarò: “Il mio personaggio è piaciuto perché è quello che capita alle donne che lavorano. L’altra considerazione è che per oltre trent’anni ho interpretato ruoli secondari, al cinema e a teatro. Racconto sempre che ai provini mi dicevano: non sei abbastanza alta, non sei abbastanza magra, non sei abbastanza bella. Io rispondevo: prima o poi vi stancherete, cercherete qualcuno che non è abbastanza niente, e io ci sarò».
E c’è ancora, e in splendida forma, come abbiamo visto recentemente alla Mostra internazionale del cinema di Venezia, dove è stata con il road movie Nomadland, in cui traccia un nuovo, splendido ritratto interpretando una donna di sessant’anni che decide di partire col suo furgone e iniziare una nuova vita. “Le mie idee politiche sono private, ma il mio femminismo influenza la mia vita professionale. Interpreto personaggi femminili, quindi ho l’opportunità di cambiare il modo in cui le persone li guardano”. Ed è per questo che noi la amiamo.