Kiki – Consegne a domicilio, di Hayao Miyazaki (1989)

Di A.C.

La giovane strega Kiki al suo tredicesimo compleanno, come da tradizione del suo ruolo, abbandona il tetto familiare in volo sulla sua scopa per iniziare il proprio apprendistato da fattucchiera confrontandosi da sola con il mondo esterno. Di qui una serie di prove che determineranno in maniera decisiva il suo futuro come strega ma anche il suo percorso di crescita personale.
Quinto lungometraggio d’animazione di Hayao Miyazaki e primo vero successo al botteghino per lo Studio Ghibli che grazie a quest’opera ottenne il meritato riconoscimento su scala mondiale con conseguente elevazione economica e di prestigio della stessa casa di produzione.

Andando ad analizzare tutta la filmografia dell’animatore giapponese (e in generale quella dello Studio Ghibli) vi sono elementi ricorrenti nelle sue opere. Temi molto cari al regista che spaziano tra l’ambientalismo, l’infanzia, il pacifismo, il volo, la crescita e l’emancipazione femminile. E infatti, appena un anno dopo Il mio vicino Totoro, il regista giapponese decise di non allontanarsi troppo dall’età infantile di costruire e su alcune di queste tematiche la storia della sua Kiki, strega preadolescente, con un piccolo gatto nero al seguito con cui riesce a comunicare, entusiasta di scoprire il mondo al di fuori della sua dimensione familiare e impaziente di mettersi alla prova, per poi imbattersi negli ostacoli presenti sul suo percorso: dall’accoglienza inizialmente fredda della città moderna – che Miyazaki disegna sull’impronta di alcune capitali europee – lontana dal suo mondo tradizionale, all’insicurezza nel rapportarsi con i coetanei per via di quella sua diversità, di look e abitudini, che alimenta il suo disagio relazionale.

Ed è proprio in questo blocco emotivo che si apre il percorso iniziatico di Kiki, la quale cade più volte di fronte alle difficoltà ma trova sempre il modo di rialzarsi: sfruttando le sue abilità magiche di volo per avviare un’attività di consegne a domicilio, vincendo la timidezza e la diffidenza nell’amicizia con il coetaneo locale Tombo, ritrovando la propria sicurezza successivamente alla perdita dei suoi poteri, evento traumatico che però accende in lei un’importante processo di auto-introspezione attraverso il quale riesce ad apprendere di sé stessa più di quanto avesse mai fatto prima.
Miyazaki mescola con miracoloso equilibrio fantasia e realismo, soprannaturale e quotidianità. Un mondo il suo pressoché unico nel suo pittoricismo e nella sua stravaganza, ma capace sempre di offrire un accurato discorso di psicologia umana che va a inquadrare perfettamente momenti e fasi di tutti i giorni della vita reale.

Infatti quella della sua Kiki, pur nelle sue fantasiose peculiarità, è la storia di una cruciale ed essenziale fase di transizione dall’infanzia all’adolescenza, con tutti i carichi che essa comporta.
Tra aspettative deluse, contesti talvolta ostili e incapacità di vedere la propria diversità come una forza invece che una debolezza. Tutti elementi che portano allo smarrimento esistenziale della protagonista per poi nel momento decisivo rinsaldarne la sicurezza perduta e la consapevolezza delle proprie qualità.
Anticipatore per tematiche de La città incantata – tra i vertici dell’autore – ad oggi Kiki – Consegne a domicilio è forse meno fresco e sagace di altre opere dello Studio Ghibli, ma è comunque un racconto di formazione pieno di sensibilità umana e di grande fascino estetico, tutt’altro che da sottovalutare all’interno della filmografia del regista giapponese.

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