Sperduti nel buio, di Nino Martoglio (1914)

di Federico Bardanzellu –

Sperduti nel buio, uno straordinario film italiano la cui unica copia è andata perduta durante la seconda guerra mondiale

Il cinema italiano si è affermato nel mondo grazie a un gruppo di lungimiranti registi che, a guerra mondiale ancora in corso, hanno fondato la scuola neorealistica. Il termine “neorealismo” è stato gratificante per il nostro cinema, non soltanto per la qualità delle pellicole prodotte, ma anche perché con il prefisso neo=nuovo si dava per scontata l’esistenza di un cinema “realistico”. Un presunto capostipite dei film di De Sica, Rossellini, Visconti, Castellani, ecc.

In realtà, se andiamo a spulciare la produzione dei primi cinquant’anni di storia del cinema italiano, di realismo si trova ben poco. Anzi, si trova una sola grande opera: Sperduti nel buio, di Nino Martoglio. Era un muto del 1914, della durata di 66 minuti. Protagonisti: Virginia Balistrieri e Giovanni Grasso. Agli albori della cinematografia, Martoglio volle ricollegarsi al verismo e al naturalismo letterario. Nel panorama italiano del cinema muto Sperduti nel buio si può affiancare – come importanza – al coevo Cabiria, di Giovanni Pastrone, predecessore dei “kolossal” hollywoodiani.

Nino Martoglio (Belpasso 1870, Catania 1921)

La trama chapliniana del film di Martoglio

Il film è la trasposizione del dramma omonimo dell’autore napoletano Roberto Bracco, rappresentato in teatro nel 1901. Racconta la vicenda di due emarginati, Paolina e Nunzio, che si incontrano a Napoli in una notte di bufera. Lei (Virginia Balistrieri) è una ragazza costretta a una vita da mendicante, figlia illegittima del duca di Vallenza e di una ragazza ‘sedotta e abbandonata’.

Il duca di Vallenza (Dillo Lombardi)

Nunzio (Giovanni Grasso) è un violinista cieco che si guadagna da vivere suonando nelle osterie, sfruttato dal patrigno. Costretta a frequentare per necessità gli ambienti della malavita, Paolina si rifugia in una taverna mentre è in fuga dalla polizia. I due si innamorano, dandosi aiuto reciproco. Poi, però, sono costretti ad allontanarsi. Il padre di Paolina si ricorderà della bambina trascurata e vorrà nominarla erede nel momento in cui, vecchio e malato, si sentirà ormai prossimo alla morte; ma ne sarà impedito dalla sua amante, la cinica Livia.

Quando Nunzio e Paolina si ritrovano, il violinista, seppur cieco, riesce a sventare un tentativo di violenza su di lei da parte di un malvivente. I due, così riuniti, decidono di andarsene lontano per sfuggire alla miseria.

Paolina (Virginia Balistrieri), Nunzio (Giovanni Grasso)

Una trama molto “chapliniana”. Realizzata però grazie a un lavoro di équipe, laddove Chaplin invece era soggettista, sceneggiatore, regista e attore. In più, sapeva dare alle sue opere quel tocco di comicità paradossale che nella pellicola di Martoglio sembra essere stato inesistente. Diciamo pure che Chaplin ha avuto dietro di sé il già gigantesco apparato dell’industria cinematografica statunitense. Il nostro Sperduti nel buio, invece, è stato il frutto di una produzione tutto sommato artigianale.

La morte del duca

Nonostante ciò, la pellicola suscitò, all’epoca, grande interesse per un’innovazione inizialmente battezzata “montaggio di contrasto”. Il regista catanese cioè passava bruscamente dagli ambienti di povertà a quelli del lusso e del vizio, mettendoli in contrasto tra loro. Una tecnica che forse ha precorso le forme essenziali del grande cinema sovietico post-rivoluzionario.

Sperduti nel buio, un’unica copia in negativo, andata dispersa nelle vicende della II Guerra mondiale

L’artigianalità del prodotto e l’assoluta mancanza di finalità industriale sono stati i punti deboli dell’opera di Martoglio. Ciò ha fatto sì che della pellicola, già negli anni Trenta, era rimasta soltanto la copia in negativo depositata al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Oggi, purtroppo, sembra che sia sparita definitivamente anche quella.

Nell’autunno del 1943, infatti, quell’unica copia venne caricata dalla Wehrmacht su un treno per Venezia, insieme ad altre 313 pellicole e varie attrezzature cinematografiche. Nei giardini e nei padiglioni della Biennale veneziana, Mussolini avrebbe voluto realizzare un Cinevillaggio per continuare a produrre il cinema di regime. La Wehrmacht invece preferì portare il tutto negli studi Babelsberg di Berlino.

La copia di Sperduti nel buio sul finire del ’44 fu trasferita in una cittadina di nome Kostebrau. Poi, con l’arrivo delle truppe sovietiche, probabilmente alla Gosfilmofond di Mosca. Di lì si sono perse le tracce anche se, secondo taluni, se ne sarebbe impossessato qualche collezionista milanese.

La perfida amante, Livia (Maria Carmi)

Tentativi di ritrovamento di Sperduti nel buio, sui libri o nelle cineteche

Nel 1987, il Centro Sperimentale di Cinematografia intraprese un’indagine approfondita, per verificare se fosse rimasta almeno una copia in “positivo” della pellicola. Inutilmente. Emersero solo alcuni frammenti fotografici e poche altre tracce. In base a tali elementi e a partire dalla sceneggiatura originale, e dall’album approntato dalla casa di produzione, Alfredo Barbina pubblicò un “quaderno di documentazione e ricerca” di 156 pagine.

Nel 2014, un’altra ricerca su questo film fu il soggetto di un documentario del ricercatore vicentino Denis Lotti e di Paolo Caneppele, del Filmmuseum di Vienna. I due utilizzarono allegoricamente il medesimo titolo del film – “Sperduti nel buio” – quasi a evidenziare la difficoltà dei loro tentativi di ricerca in tutta Europa. Il tour dei due cinefili ha portato comunque al ritrovamento di alcune pellicole che sembravano perdute. Ma il capolavoro di Martoglio è rimasto introvabile, travolto dalle vicende belliche, fantasma disperso nel “buco nero” della Storia del Cinema.

Il cast: (da sin.) Giovanni Grasso, Maria Carmi, Dillo Lombardi, Nino Martoglio, Roberto Bracco, Virginia Balistrieri

Nel 1947 uscirà un remake, per la regia di Camillo Mastrocinque, con Vittorio De Sica e Fiorella Betti nelle parti dei protagonisti.


 

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