After life, una serie di Ricky Gervais (2019)

di Girolamo Di Noto

È giusto andare avanti, a provare ad essere felici, se la persona che ami non può farlo più? È possibile riapprezzare la vita, nonostante il dolore per la perdita di una persona cara? Queste ed altre riflessioni sono alla base di After life, serie tv inglese di due stagioni targata Netflix, che racconta la storia di Tony (Ricky Gervais), giornalista di un quotidiano locale in un piccolo paesino dell’Inghilterra, costretto a convivere con il dolore insanabile della perdita della moglie Lisa.

Tony ha amato profondamente la moglie e inizialmente sembra incapace di proseguire la sua vita. È burbero con il prossimo, esprime rabbia verso gli altri, diventa apatico, nulla più lo entusiasma e passa il tempo nella speranza che arrivi presto la fine della giornata per poi ricominciare il giorno dopo la stessa routine, la stessa ripetitività. Ancorato al passato, Tony si rifugia nei vecchi filmati che ritraggono Lisa ancora in vita, guarda con commozione video di repertorio di quando era felice con lei e video dal letto d’ospedale con Lisa che prova a confortarlo pur vivendo in una situazione di svantaggio.

L’atteggiamento di chi non riesce ad andare avanti e di vivere un sentimento di estraneità nei confronti del mondo che lo circonda richiamano un film che viene citato dal protagonista, Ricomincio da capo di Harold Ramis. È la storia di un giornalista televisivo Phil Connors, interpretato da Bill Murray, che si sottomette controvoglia all’annuale appuntamento del 2 febbraio in una località della Pennsylvania dove una marmotta a seconda che esca o rientri nella sua tana annuncia l’arrivo della primavera o il prolungamento dell’inverno. Murray, per uno scherzo del destino, imprigionato in un loop temporale, non fa altro da quel giorno che rivivere la stessa giornata. È sempre il 2 febbraio e tutto si ripete nello stesso modo. Come per il personaggio di Bill Murray, anche Tony sembra svegliarsi e rivivere lo stesso giorno. Il tempo si è fermato da quando la moglie non c’è più e quei filmini che rivede ogni sera non lo aiutano a rivivere con distacco i bei momenti vissuti, ma finiscono con l’essere delle stilettate roventi di un ricordo che lo allontanano da quelle persone che gli vogliono bene.

Unica ragione di vita è il suo cane che con le sue richieste di attenzione lo risveglia di tanto in tanto dal torpore esistenziale in cui si è ancorato. Tony fa una gran fatica a procedere, eppure il suo percorso pian piano comincerà ad avere risvolti più positivi. Non potendo affidarsi a Dio, Tony si affida alla vita stessa e alla capacità di accettarla così com’è, imperfetta, non del tutto felice, ma tutto sommato, nei suoi atti minimi di quotidianità, tollerabile.

Da cinico e scontroso Tony smette di riversare la sua rabbia sul mondo e inizia ad ascoltare gli altri, comincia a confidarsi con loro e lentamente riuscirà a venire fuori dal limbo nel quale si era collocato. Soprattutto si rende conto che non deve pensare a se stesso e che la sua solitudine non è poi l’unica: c’è una vasta galleria di personaggi che ruotano attorno a lui che non se la passano certo bene, che convivono anche loro con la ” mancanza” di qualcuno e col passare del tempo si renderà conto che la soluzione non sta nel piangersi addosso ma nel fare qualcosa agli altri, offrire un caffè, ad esempio, nei momenti in cui percepisce che c’è qualcosa che non va nell’altro.

Gervais è straordinario nel raccontare una realtà cruda e senza fronzoli, è abile nel descrivere momenti intimi alternandoli con dolcezza e battute sagaci, sa essere sgradevole, ma sa far ridere e commuovere nello stesso tempo. After life è il racconto corale di tante figure periferiche e ‘invisibili’: il postino senzatetto, “la professionista del sesso” dal cuore d’oro, la collega di lavoro che posta meme divertenti ma che in realtà è una persona triste e sola, il genero apprensivo, lo psicologo stressato, la ragazza che ha la sensazione di sentirsi inadeguata quando compie trent’anni, Emma, la donna che accudisce il padre di Tony che vive in un mondo mentale a sé e indimenticabile è anche la figura di una vedova (Penelope Wilton) che Tony incontra ogni giorno su una panchina del cimitero, una donna che si rivelerà un’amica vera, una saggia consigliera che gli farà capire che la felicità è meravigliosa anche quando non siamo noi a provarla ma la doniamo agli altri.

La panchina, luogo che fa venire in mente il film Caos calmo in cui Pietro (Nanni Moretti) cerca di ritornare a vivere dopo la morte della moglie, diventa una postazione privilegiata dalla quale passare in rassegna la propria vita, riorganizzare i propri ricordi e interrogarsi sui propri rapporti con persone e cose.

Tra i personaggi di questa serie vanno poi menzionati anche quelli assurdi, eccentrici, grotteschi che vengono presi in considerazione dal giornale locale per farne un articolo. Vite che vogliono a tutti i costi apparire, desiderosi di quei famosi minuti di notorietà di warholiana memoria, figure ridicole, imbarazzanti che suscitano nello stesso tempo risate e riflessioni più serie. Indimenticabile è il bambino che i genitori hanno fatto sì che somigliasse ad Hitler “perché è divertente”, o il ragazzo che crede di avere un talento suonando il flauto con il naso, o l’adulto che si identifica in una bambina di otto anni, la centenaria annoiata perché “fa male essere vivi”, o la signora che sostiene di parlare con i gatti ma che altro non è che una persona sola che semplicemente vuole che qualcuno la ascolti.

In questa serie si ride, si piange, si alza il gomito, si dicono parolacce anche davanti ai bambini, si mostra la vita, la commedia umana così com’è, senza nessun sotterfugio. Nessun concetto è stato mai tanto complesso come quello della morte, del lutto, della perdita e Gervais, creando questo piccolo gioiellino, sa essere convincente, efficace, non consola ma neanche distrugge completamente, facendo propria quella visione di vita che il poeta Robert Frost ha sinteticamente evidenziato nella sua opera e che verrà ripresa e citata nel finale: “In tre parole posso riassumere ciò che ho imparato sulla vita: essa va avanti”.

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