Accordi e disaccordi di Woody Allen (USA 1999)

di Simone Lorenzati

Succedono cose terribili alla gente innamorata, io lo so
(Emmet Ray/Sean Penn)

Emmet Ray è l’alter ego di Django Reinhart, chitarrista di jazz gitano, ben conosciuto anche a chi non è a proprio agio con la musica swing e dintorni. Sono uguali e diversi, uniti e agli antipodi. Ray, tuttavia, nella realtà non è mai esistito. Eppure risulta credibilissimo, questo anche perché Woody Allen affida il ruolo di protagonista ad uno straordinario Sean Penn. Ray, qualunque abito indossi, da passeggio o da sera, in campagna o in città, non rinuncia mai alle raffinate scarpe bianche, pur se di plastica, di ciuffo da bullo dotato, i baffi d’antan, unitamente ad uno sguardo tra l’artistico e lo psicolabile. Emmet Ray, talento della sei corde, che amava sparare ai topi nelle discariche e trascorrere ore a veder passare i treni. E allora non rimane che volersi esibire scendendo sul palco dall’alto, a cavalcioni di una luna rilucente.

Siamo negli anni trenta, epoca che corre e ricorre nelle pellicole alleniane. Eppure il regista pare voler lasciare aperte porte e finestre a più di un dubbio. Per esempio l’episodio della reazione di Emmet al tradimento della moglie con Al Torrio, il guardaspalle del gangster, viene raccontato in tre modi diversi, anche se paiono tutti depositari della verità, una sorta di marameo alle certezze della Storia.

Nel primo Emmet si nasconde nell’automobile in cui Al Torrio porta a spasso Blanche, la moglie fedifraga. Emmet, armato, è incerto se sparare a lui o a lei mentre i due amanti si fermano per entrare in un emporio senza sapere che alcuni banditi vi stanno compiendo una rapina. Nella loro fuga, i rapinatori adoperano l’auto in cui si trova Emmet e vengono inseguiti dalla polizia, che li fredda. Emmet viene arrestato dalle forze dell’ordine. Nella seconda versione Emmet, nascosto in auto, affronta i due amanti, pistola alla mano, ma lo scoppio di una gomma del veicolo fa precipitare la situazione e, mentre la coppia si dà alla fuga, Emmet rimane solo e sconsolato. Nella terza versione è Al Torrio a compiere la rapina nell’emporio, ma nella fuga la sua automobile (in cui è sempre nascosto Emmet) si scontra con un altro veicolo carico di musicisti jazz, fra i quali c’è Django Reinhardt. E Emmet, puntualmente, sviene alla sua presenza.

La convinzione di Emmet di essere il secondo chitarrista al mondo dopo Reinhardt, infatti, è il tormentone che percorre tutto il film, ma soprattutto, ciascuna testimonianza concorda sul fatto che quando Emmet incontra Django non resiste mai all’emozione perdendo ogni volta i sensi.

Dunque Accordi e disaccordi,, titolo piuttosto generico, mentre l’originale riprende il titolo di un musical del 1944 – Sweet and Low Down – diretto da Archie Mayo per la Fox. Il musical da cui il regista statunitense trae ispirazione mescola realtà e fantasia raccontando la storia di un immaginario trombonista che suona nella Big Band di Benny Goodman.

Insomma Woody Allen ci immerge in atmosfere jazz assolutamente credibili perché ricostruite con scrupolo e soprattutto con timoroso rispetto. Ed allora Emmet ricorda, davvero senza sforzo alcuno, parecchi personaggi e numerose storie di jazzisti famosi dell’epoca, con il suo ego mostruoso e dominato, allo stesso tempo, da incertezze e da nevrosi, quindi intimamente fragile. Con la sua mancanza assoluta di senso pratico della realtà – non riesce mai a rispettare orari ed impegni oppure pretende un’automobile costosissima, proprio nel momento in cui non ha né scritture né risparmi, con la sua generosità mista alla mania di grandezza, con il suo codazzo di donne – eppure assolutamente capace di autodistruggersi. Figlio di una esistenza cialtronesca quanto irregolare, riesce ad incantare il suo pubblico con performance geniali come a districarsi tra qualche furto e lo sfruttamento della prostituzione.

In sostanza siamo sull’onda di Zelig, ma con tutte le cose – come dimenticare gli alleniani tic – che lo contraddistinguono in ogni suo film, con quella regolarità che è diventata una sua caratteristica e che sposa il talento dell’artista alla puntualità del ragioniere, rinnovandosi nella continuità.

Quanto agli interpreti, spicca dopo uno superbo Sean Penn, la dolcissima Samantha Morton, nel ruolo della lavandaia muta, in cui si dimostra capace di una formidabile e leggiadrissima mimica, un semplice accenno di bocca increspata, una specie di lampeggiar malizioso di sguardi. Singolarmente ingenua allorché si butta a tuffo su Emmet, mentre lui è convinto di averla sedotta (“Non si può dire che ti fai pregare troppo”) insieme alla sua capacità di rifarsi, dopo l’abbandono di lui, una vita.

E poi c’è Dick Hyman, il responsabile delle musiche. Un ottimo lavoro il suo, attraverso un repertorio che mischia alcuni standard di Django Reinhardt a diversi motivi eseguiti da Emmet (doppiato da Howard Allen alla chitarra, mentre lo stesso Hyman suona il pianoforte). Parecchie, poi, le formazioni che si vedono all’interno della pellicola. Dal Trio (due chitarre e un contrabbasso), passando per l’Hot Quintet (due chitarre, clarino, contrabbasso, batteria) e le Orchestre, fino a qualche Guitar Solo. Senza dimenticare, infine, le splendide jam sessions notturne con gli amici musicisti spesso, peraltro, di colore.

Accordi e disaccordi (Sweet and Lowdown) - 1999, W. Allen

Ed è impossibile non notare come lo stile di Emmet si avvicini tremendamente a quello di Django, specie nei virtuosismi con cui colora le melodie dei brani romantici, accompagnando alla dolcezza degli accordi del tema una tecnica ed una padronanza chitarristica assoluta.

Accordi e disaccordi - Wikipedia

Da rimarcare, poi, il sottile umorismo tipico di Allen. Ad esempio quando colei che diventerà sua moglie, portata a veder passare i treni, esalta la potenza della locomotiva sottolineando il fascino per i pistoni che pompano, Emmet rimarca: “Sembra che tu voglia andare a letto col treno”. Ed ancora le sue abituali prese in giro come l’intellettuale da strapazzo (Uma Thurman) che va in giro indossando incredibili vestiti con le code da frac o con kimoni ricamati all’orientale.

In sostanza con Accordi e disaccordi Woody Allen inventa una serie di personaggi singolari e di vicende improbabili ed ambigue, fatte di materiali piuttosto eterogenei, utilizzando la scissione di elementi spesso connessi, sovvertendo il principio gerarchico, dando autonomia al più piccolo frammento ed attrazione verso il marginale, interessandosi, principalmente, al caos.

Fino a far affermare ad un musicista, circondato da una marea di donne, “io con le donne ci sto bene, le amo, solo che non mi servono. Credo che succeda così quando uno è un vero artista”. La fragilità del talento che non riesce, in fondo, a fare i conti con la vita.

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