di Ulderico Pomarici

2046, film del 2004 di Wong Kar-wai inizia a Hong Kong nel 1966. La città è squassata da disordini. I due interpreti principali sono gli stessi del precedente In the Mood for Love e un filo che li lega c’è: l’uomo e la donna sono “compagni di sventura”. Nel primo film, perché vittime del tradimento incrociato dei partner, qui perché la loro vita sentimentale si infrange contro la domanda: “perché non si può tornare indietro?”. Ma le analogie si fermano qui. 2046 è il numero di una camera d’albergo contigua a quella dove abita il signor Chow, giornalista e autore di romanzi. Ed è anche il titolo di un romanzo di fantascienza che lui inizia a scrivere, protagonista un ragazzo (Chow giovane?) che torna da quell’anno perché lì credeva di ritrovare un amore perduto.

Il basso continuo della vita dello scrittore è infatti la ricerca di questo amore, Su Li-Zhen, ma immerso nell’atmosfera frenetica della città non rinuncia a cercare compagnie femminili: innanzitutto Bai Ling, una prostituta che si innamora di lui (è la vera protagonista del film) e poi la figlia del proprietario dell’hotel che tornerà fra le pagine del romanzo come bellissima androide. La filosofia del romanzo è racchiusa in poche righe: “Chi va al 2046 – c’è un treno che vi si reca oltrepassando il tempo – ha un solo pensiero in mente, ritrovare i ricordi perduti, perché si dice che niente cambia mai nel 2046. Ma nessuno sa se questo punto esista veramente perché nessuno è mai tornato”, tranne ovviamente il protagonista che è sulla via del ritorno, deluso.

Eppure perché inseguire i ricordi? La scritta che campeggia all’inizio recita: “i ricordi sono sempre bagnati di lacrime”. Cos’è che rincorrono i personaggi nel loro andare e venire nel corso del tempo? Si sdoppiano e si duplicano dalla realtà al romanzo, si ritrovano senza riconoscersi come se avessero perduto la memoria di una vita precedente e lo stesso scrittore entra e esce dalla pagine del romanzo costruendo in uno spaesamento continuo la propria vita (o il proprio romanzo?) come in un nastro di Moebius del quale è impossibile cogliere diritto e rovescio. Non è un caso che la donna cercata in 2046 abbia lo stesso nome di quella perduta in In the Mood for Love (la signora Chan) anche se qui si presenta come due altre figure femminili che portano lo stesso nome. Eppure nell’io narrante resta il sogno di un amore che affiora nei suoi sorrisi malinconici dove vive una impossibilità e un segreto ricordato in una favola antica: scegliendo un albero in una foresta si scava un buco nel tronco e si sussurra il segreto sigillandolo con il fango così che resti lì in eterno.

Il segreto è una domanda che tormenta il protagonista del romanzo come lo scrittore. Non sapere se quella donna che ha perduto lo abbia davvero amato.. Le passioni che attraversano il film sono accresciute dalla colonna sonora e dai colori vividi alternati a profonde oscurità, con tonalità a volte quasi fumettistiche diverse, in parte, da In the Mood for Love dove pure risplendevano colori a tinte forti. Di entrambi i film però è la suprema eleganza dei gesti, dei movimenti, della tonalità emotiva e appassionata delle unioni e disunioni che pervade le bocche, i corpi che si uniscono aggrovigliandosi e le malinconie.

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